All'inferno e ritorno

Siamo ormai a fine estate e io non ho più scritto. Ho avuto i miei buoni motivi, primo fra tutti si è rotto il computer, si sono rotte per la verità un sacco di cose il tagliaerba, che era molto vecchio, l'affettatrice di cucina, l'auto... non ci voglio neanche più pensare. La cosa più brutta è stata la morte del nostro cane Chicco, che mi fa ancora troppo male per scriverne. Sono tre mesi buoni che mi occupo dei miei suoceri ed ho fatto una strada che potrei definire all'inferno e ritorno. Ho dovuto imparare a fare cose nuove, soprattutto cambiare un anziano, aver a che fare con pipì e cacca umana e superare la mia (naturale?) resistenza che mi portava , le prime volte, ad eseguire queste operazioni con le mani che tremavano. Ho provato, o forse ho subito senza poterle governare, molte emozioni diverse, la pena, nel vedere il degradarsi di una persona , la rabbia, nel subire gli stati d'animo degli altri e le continue richieste, la paura , nel sentire vicino l'alito della morte, il senso di colpa , risvegliato ma non causato da questa situazione, per arrivare alla fine ad un vuoto, uno spazio vuoto di emozioni, una crudezza estrema. Mi tornava in mente quando stava per nascere la mia seconda bambina e provavo una sensazione simile, era come stare in un collo di imbuto, per uscire dovevi passare per forza di lì e sapevi, questa volta, diversamente dalla prima ,di che si trattava , ed avevi, avevo, paura. E quel momento dopo il parto, quando mi avevano lasciata sola in una stanza a "raffreddarmi" dissero, o qualcosa del genere, ed io, sola, pensavo. Anche allora un pensiero nudo, senza ornamenti, la consapevolezza di esser stata per qualche tempo molto vicino alla morte. Così ora, per molti giorni molto vicina alla morte e molto vulnerabile di fronte ad essa e ai suoi più temibile compagni:dolore, paura, disfacimento fisico, esaurimento. In questi giorni,  mentre all'alba osservavo il cielo dalle finestre dell'ospedale in attesa che la notte finisse e potessi finalmente tornare a casa e staccare e lasciare ad altri lo scomodo posto accanto al mio suocero, in queste albe guardavo il cielo e non vedevo più niente di familiare, il mondo mi appariva nudo e incomprensibile, la luna e le striature delle nubi, i loro bei colori che in altre occasioni mi avrebbero rallegrato ora erano alieni e completamente nuovi ed estranei. Il mondo una nave in corsa folle nell'universo, la vita degli uomini su di essa priva di senso, un rito che rincorre se stesso senza mai rispondere alle domande fondamentali. Chi siamo, dove andiamo, perché esistiamo . Le nostre città come termitai ipertecnologici, ma come termitai fragili e vane. Poi , da questa consapevolezza vigile, lucida, come una fredda e disperata illuminazione, il rientro. Capisco che è una difesa, il ritorno al pensiero assente, il ritorno alla normalità, per poter continuare questo duro lavoro di assistenza, finché è necessario, e svolgerlo come un lavoro, accettando in me tutti questi stati d'animo che mi rivelano ogni mia debolezza, paura e miseria. Penso che importante è ciò che si fa, alla fine .. E quindi, percorrendo ad occhi aperti tutte le mie miserie e i miei limiti, arrivare in fondo. Quando non si sa . Quando ero più giovane pensavo che fosse importante non solo fare le cose, ma farle conservando uno stile, un rigore, un'intima rettitudine. Ora mi pare che sia importante il risultato finale, per quanto sia tortuosa e piena di ostacoli, tentazioni e scivoloni la via per arrivarci. In fondo è la storia descritta da tutti i miti dell'eroe. Non ci si accorge, ma nella vita di tutti i giorni ci tocca un pochino di eroismo a tutti.