Il reparto di geriatria.

Ogni tanto mi torna in mente il reparto di geriatria dell'ospedale , dove l'estate scorsa ho passato tanto tempo, quando il mio suocero stava male. E' una specie di "Ultimo luogo", chi ci arriva lo sa, è l'ospedale dei vecchi, e la prima volta ci arrivano che stanno ancora benino, hanno solo qualche disturbo neanche tanto definito, forse per questo più inquietante, perchè alla fine la diagnosi è "Vecchiaia", usura generale, dei tessuti, delle vene, degli organi, ma ci si può fare,dicono i medici,  si può ancora andare avanti, con pazienza, con tante medicine, riguardandosi,  non come quello del letto accanto che è ridotto male, non capisce più niente.. A me di sicuro non capiterà. Questi pensieri li ho sentiti espressi e li ho letti  negli occhi di diverse persone, quest'estate. Se ne tornano a casa scappando da quel luogo finale, che fa paura nonostante la gentilezza degli infermieri, la disponibilità dei medici, la pulizia, il cibo abbastanza buono. Ancora fanno tutto da soli, vanno da soli in bagno, si lavano da soli, ma capita che debbano usare il pannolone, e tutti sono gentili e scherzano, sul pannolone. Eppure c'è qualcosa di terribile nel doverlo usare. Qualcuno non si rassegna. Ancora peggio quando devono essere lavati e cambiati dagli infermieri. Tornano in quel reparto una seconda volta, e poi una terza, e il momento della morte si avvicina. Mi pareva così impietoso quel reparto, avrei voluto eliminarlo, poi ci pensavo e non c'era niente che si potesse cambiare, è solo la realtà che è impietosa, alla fine della vita. Ho visto tante persone, alcune solo da lontano, con altre ho parlato. Avevo un pò di ripugnanza all'inizio, gente vecchia, troppo grassa o troppo magra, piena di rughe, alcuni con schifose abitudini prese da giovani, di sputare , di tossire rumorosamente, di tirar su col naso, di respirare corto e affannoso, di scoreggiare. Ma sotto l'aspetto di vecchi, ancora sono persone, che vengono da lontano, lunghe vite con molte cose da raccontare, esperienze che giorno per giorno sono inghiottite dallo scorrere del tempo e diventano sempre più strane e incredibili, nel senso che è difficile crederci, che siano avvenute, che si vivesse così.

Vicino al mio suocero c'è stato un uomo con le gambe piene di ferite, non ho capito come se le fosse procurate. Era nato in un podere vicino al Molinnuovo, dove era vissuta la mia nonna materna, e subito mi ha incuriosito. Gli chiedevo cosa producevano , di che vivevano, e lui, ancora orgoglioso, mi raccontava, con un parlare poco comprensibile per la mancanza dei denti e l'ignoranza, quante staia di orzo e grano facevano ogni anno, quanti animali tenevano, e che, quando raccoglievano le castagne, erano 15 persone ad andare alla selva per un mese tutti i giorni a raccogliere. Alla fine erano tante staia di marroni scelti e quell'altre non contavano, perché si davano ai maiali. Un podere ricco, ci vivevano 17 persone. Inframezzava il racconto con parecchie bestemmie, dette senza intenzione,  solo per rafforzare "Orca madò ! Porcoddì!" Poi al bosco a raccattare le ghiande, anche quelle in parte le usavano per gli animali e in parte le vendevano. Coltivavano la canapa per fare i sacchi, per il sor padrone, che nel 1954  gli portò l'acqua in casa e la luce, ma solo perché era un podere grande e produttivo. Gli altri, nei poderi più piccoli, dovevano ancora arrangiarsi.  Poi pian piano tutti che se ne vanno, uno a uno, per fare altri mestieri in città e i poderi diventano disabitati e non valgon più niente. Che rivoluzione nelle vite di questa gente! Gente senza voce, che ha sopportato l'esistenza, ma si è anche difesa, conservando un gruzzolino che ora fa gola ai nipoti, che glieli hanno presi quasi tutti, quei soldi, approfittando della debolezza di questa parte finale della vita, e ora cercano di scaricarlo, questo vecchio, sulle spalle di qualcun altro. Ogni tanto, infatti, questo signore chiedeva che si guardasse sotto il materasso del letto di ospedale, confondendolo con quello di casa, erano lì i soldi e non ci son più. Ora come si fa? Per fortuna la confusione mentale lo portava subito ad un altro pensiero e sul passato, come succede da vecchi, era molto preciso, sui numeri,sulle quantità. Parlava della moglie, che era morta da tanto tempo, come di una persona conosciuta, che si era occupata di lui per parecchi anni, ma l'aveva quasi dimenticata.
Pensavo, ascoltando questi anziani, che avrei dovuto prendere un registratore e raccogliere queste memorie, questi pezzi di vera vita ..

Un altro, zio di un'amica, era rimasto l'ultimo della sua famiglia, morta la moglie in un incidente stradale a cui lui era sopravvissuto, morta l'unica figlia qualche anno prima, gli restava una nipote giovanissima, sposata,con due bambini piccoli, che gli faceva visita spesso, ma si può immaginare se poteva riuscire ad occuparsene per bene, di questo nonno. Sollecitato, raccontava della casa di ragazzo, quando allevavano gli uccellini di nido per usarli come richiami per la caccia e insegnavano ai gatti a non toccarli. Era il fratello del nonno Lello. Allora era vero! Gli dicevo ridendo. Come no! diceva lui.  Era bellissimo sentirlo parlare, perché tutta la sua famiglia aveva avuto amore per la campagna e gli animali, e rispetto, e questo, attraverso le generazioni, era arrivato intatto ai nipoti, all'amica di mia figlia. Senza saperlo bene l'Elena mantiene vivo un patrimonio di affetti, di cultura, una visione del mondo che viene da un tempo lontano. Ma il vecchio zio non voleva più vivere. E' arrivato in ospedale autosufficente, in pochi giorni è passato al pannolone e in 15 giorni è morto. Era pronto alla morte e ormai privo di interesse per la vita.


Un'altra storia. Prima di dover lasciare per seguire il mio suocero a tempo pieno ho lavorato, a giugno, con una ragazza rumena, che a sua volta aveva lavorato in alcuni ricoveri per anziani. Una sera mi ha raccontato la storia di una donna , poniamo che si chiamasse Giuseppa Brandani.,un nome inventato, perché la storia è vera e ci sono dei parenti vivi . La ragazza rumena la descriveva come una vecchia alta, magra e ossuta, con l'aspetto di una strega, aveva più di novant'anni quando l'aveva conosciuta. Non parlava con le compagne di camera, ma con le ragazze che l'accudivano sì. Qualche sera la vedevano tornare da una passeggiata nel parco che circondava l'edificio con il grembiule tirato su per le cocche pieno di ghiande. Che fai , Beppa, con tutte quelle ghiande? Le vendo al mercato, rispondeva. Era vero, nella sua giovinezza , vivendo in un piccolo borgo sui monti vicino a Castiglion Fiorentino avevano pochissimo da mangiare e da commerciare e vendevano le ghiande come cibo per i maiali.. Raccontava di essere stata bella, che un giorno al mercato un uomo aveva chiesto al suo babbo di dargliela in cambio di qualche forma di cacio, ma lui non aveva voluto . Si era sposata con un vicino di casa, chi altro aveva la possibilità di conoscere, quando per arrivare al paese più vicino ci volevano almeno due ore di cammino nel bosco?  Quest'uomo era violento e quando era nata la prima bambina l'aveva uccisa con le mani , dicendo che tanto le femmine diventavano tutte puttane. Erano stati tutti zitti per paura che ammazzasse anche loro, ma ormai quell'uomo non aveva più freni e una volta che il babbo, che le voleva tanto bene, aveva tentato di difenderla aveva ucciso anche il suocero. Era stato arrestato solo al terzo assassinio, quando aveva ammazzato un vicino di casa per soldi, e la cosa si era risaputa fino al paese di Palazzo del Pero, da dove erano arrivati a Carabinieri a prenderlo.
Mi ha fatto così impressione questa storia , avvenuta in un luogo che conosco bene, dove ho trascorso giorni felici nell'infanzia, che sarebbe stata per me sconosciuta se non fosse arrivata una ragazza da un paese lontano, emigrata , buona e sensibile, a raccoglierla dalla voce della protagonista .
Volevo chiedere alle mie zie, che ancora abitano al Palazzo, se sapevano qualcosa , ma è capitato prima di parlare con la mamma della Claudia, che al Palazzo c'è nata. Lì per lì non ricordava niente, era quasi scandalizzata e, mentre parlavo, si tirava indietro come a scostarsi da un fatto così brutto . Poi all'improvviso ha ricordato, che sì, era tutto vero, e tutto il paese si era vergognato, e avevano paura che li identificassero con quel fatto di sangue, che tutto il paese fosse "portato per bocca". E lei , quell'uomo, l'aveva visto, aveva chiesto al maresciallo dei carabinieri, che la conosceva bene, di affacciarsi alla cella, per quella curiosità insana che viene nei fatti di sangue e quell'uomo non aveva niente di strano o folle, era solo un disgraziato, povero e ignorante. La realtà saltava fuori, come viva , attraverso gli anni.

Ora che ci si avvicina al Natale mi è venuta in mente questa cosa , che avevo in testa dall'estate. Quando entravo in geriatria mi pareva di accedere ad una inconsapevole "banca della memoria", tante teste, tante riserve di dati che si stavano spegnendo.Vite riassunte, spremute in pochi fatti, ma quanti sentimenti ed emozioni ti lasciavano percepire. Una vecchia bellissima canzone di Guccini:

"...e pensavo , dondolato dal vagone,
cara amica il tempo prende il tempo da
noi corriamo sempre in una direzione
ma quale sia , che senso abbia, chi lo sa
restano i sogni senza tempo
le impressioni di un momento
le luci nel buio di case intraviste da un treno
siamo qualcosa che non resta
frasi vuote nella testa
e un cuore di simboli pieno.."