Mandala di sabbia , riflessioni e l'orto giardino della nonna Gina .

In questi giorni corti corti che piove e fa freddo  sto dedicando tanto tempo a questo blog. Ci sono un pò "caduta dentro", per capire come funziona, con la gioia di trovare tante persone che condividono le mie passioni. Ho trovato gente bravissima che fa giardini davvero bellissimi (le paradis des papillons, furighedda gardening , per non parlare dei blog in lingua inglese). Questa cosa mi deprime, perché mi accorgo di essere scarsa e limitata, c'è sempre qualcuno più bravo, più ordinato, più creativo, che ha studiato di più la questione, che ha impostato meglio le cose. Qualcuno che investe delle risorse, soldini sonanti e ballanti, diceva la mia mamma. Qualcuna, fortunata, che ha un marito capace e fantasioso che partecipa attivamente. Che invidia. Mi fa quasi venir voglia di smettere, come feci da ragazzina, quando mi accorsi che una delle mie amiche dipingeva molto meglio di me. Ma il giardino (giardino, orto, olivi ..) è la sola cosa, insieme alla famiglia, che da trent'anni non ho lasciato andare. Quest'osservazione mi obbliga a fermarmi e a chiedermi perché. Lo so il perché, è un pò complicato esprimerlo.

perché fare un giardino

A) Non lo faccio per mostrarlo, è costantemente troppo incasinato e pieno di esperimenti, vasini, talee per mostrarlo a qualcuno come si dovrebbe. Lo vedo quando tento di fotografarlo, devo continuamente schivare il casino. Non è quindi per niente un giardino di rappresentanza. Anzi, le parti che si vedono dalla strada e l'ingresso sono sempre le più disordinate, come se volessi scoraggiare i visitatori . E' vero e non lo è, perché poi mi mortifica non mostrarlo sempre al meglio .
Tanto materiale per dei colloqui psicanalitici.

B) Mi piace che ci vivano altri esseri, come i nostri animali domestici, ma anche gli insetti e altre bestiole che a volte giungono di sorpresa, lascio loro degli spazi o permetto loro di sciupare delle cose, a volte.

C) Lo faccio perché mi fa piacere, e mi fa bene, mettere le mani nella terra, ha su di me un effetto curativo, qualunque cosa ne venga fuori. ( ora hanno scoperto che nella terra ci sono dei batteri che combattono la depressione, ma senti che roba!)

D) Lo faccio perché mi sento meglio a farlo, per una complicata  faccenda di movimento fisico che stimola la produzione di endorfine, dicono.

E) Lo faccio perché è un progetto per il futuro, per domani e per il prossimo anno e gli anni dopo, mi da una prospettiva temporale che, da sola, è un pezzetto di una sensazione più grande di felicità. E' il ritmo della stagione, la certezza che ci sarà un'altra occasione per fare meglio, per ampliare il proprio spazio e nel tempo creare o contribuire, alla bellezza.

F) Uso questa cosa come un luogo di sperimentazione e di curiosità verso il mondo  e quindi come una porta su altre realtà,  giardini e modi di pensare .

G) La sperimentazione riguarda anche cosa riuscirò fisicamente a fare, quali sono i miei limiti, e scoprire che posso sempre fare un passettino in più. Finché, naturalmente, dovrò farne parecchi in meno.

H) Uso questa cosa  anche come rifugio, mentre lavoro fuori sono quasi sempre sola, a parte i miei animali, che penetrano nel mio mondo interiore, ed io nel loro, fino a far parte l'una degli altri. Nel corso della vita ho sperimentato molto dolore causato solo in parte da altri e molto dal mio modo di pormi nei confronti di comportamenti aggressivi : si può sempre evitare di essere feriti, esporsi meno. Il giardino, col suo recinto, offre protezione, ma da questo spazio delimitato si può guardare e penetrare l'infinito.

I) Uso il giardino, qualche volta, per guardare il cielo. Un'etimologia possibile della parola tempio, templum, dal verbo "temno", tagliare, ritagliare un pezzo di cielo dentro un recinto, per guardarlo. L'ho sentita una volta e penso che sia forse sbagliata, ma suggestiva.

L) Non so se conoscete Findhorn, il magico giardino scozzese in cui, all'inizio, si parlava con i Deva delle piante. Dopo alcuni anni i fondatori dissero che il giardino era solo un'occasione per accedere al cuore dell'uomo e cambiarlo. Solo l'inizio dell'avventura.
Quindi alla fine il giardino, l'orto ecc sono anche il viaggio che puoi intraprendere per scoprire te stesso e può accadere che dopo aver fatto un giardino bellissimo ti venga voglia di lasciar tutto, come un monaco buddista che compone un complesso e colorato Mandala di sabbia e poi ci passa sopra la mano. Può anche capitare come è successo a me di doverlo lasciare per forza, il giardino, e allora, non avendolo scelto, si soffre molto.

Il giardino è effimero, basta lasciarlo andare per un pò perché il segno del progetto si perda, alcune piante spariscano, prendano il sopravvento le selvatiche fino a cancellare tutto.

Il giardino per questo richiede continuità, pazienza e costanza.


D'altra parte il giardino è una spettacolare occasione per ascoltare un mondo, quello della natura, che non si esprime con parole. Ogni giorno, nella pace e nel silenzio, arriva qualcosa o qualcuno. Un uccello con un nuovo canto, un insetto colorato mai visto prima, l'orma o la voce in lontananza di un grande animale.

Il giardino è vivo e cambia continuamente, la crescita di alberi e arbusti lo modifica di continuo, così come il clima e un sacco di altre cose. Questo ti obbliga a lavorare tanto e a ridiscutere i tuoi obbiettivi.

Il giardino si lega tanto al giardiniere che lo fa, per esempio la Landriana io l'ho vista dopo che la proprietaria è morta e, anche se il progetto è forte, il luogo appariva disabitato, come in attesa, forse per l'assenza dei dettagli , forse per l'assenza del giardiniere.


Per me contano tanto le parole, contano tanto i pensieri, il giardino mi ancora a terra, mi da esperienze che è difficile raccontare, mi ha dato serenità e struttura se no sarei solo un pallone pieno di vento.

Come sempre mi viene in mente una storia. La mia figliola più piccola ha un'amica conosciuta alla scuola materna, hanno fatto insieme anche le elementari e sono sempre rimaste amiche, litigando ogni tanto per consolidare l'amicizia, se non si litiga non si continua. Anche noi siamo diventati amici dei genitori e di tutta la famiglia. Quando erano piccole la mia bambina andava a pranzo con l'Elena dalla sua nonna, la nonna Gina. Dopo pranzo la nonna Gina le caricava sull'ape, dietro, dove si mette il carico, e le portava al campo. Si divertivano come matte. Il tragitto era breve, forse un chilometro, il "campo" è tuttora una striscia di terra larga 10 metri e lunga 100. Un grande appezzamento di terra era stato diviso in tante strisce come quella, tutte uguali, dal punto di vista dell'uso sostenibile del terreno un disastro, ognuno col suo pozzo, ognuno con la sua capannina ....Ma non è di questo che voglio parlare ora. Il campo della nonna Gina e del nonno Lello era un tripudio di vita e di cose interessanti da fare e da imparare. Un recintino per i polli, polli colorati, Mugellesi impettiti, un altro per le nane (le anatre), un altro per tre canini da caccia, le gabbie dei conigli, un orto pieno di roba anche un pò strana,( lo spinacio del "buon Enrico" lo conoscevo ma non l'avevo mai visto prima), qualche vite, qualche albero da frutta, l'immancabile ficaia, il noce, qualche rosa, qualche arbusto fiorito, tante perenni da fiore, tanti bulbi, tantissimi vasi traboccanti di piante più o meno esotiche, delle bellissime hoste, una strelitzia enorme, delle dature, fuchsie...ma soprattutto tutto, benché ammassato, molto felice! 
Il pomeriggio la nonna Gina partiva con l'ape e si faceva un giro nei boschi intorno, qualche volta tornava con dei funghi, qualche volta con i vinchi (rami di salice) per legare, qualche volta, data la pessima abitudine incivile degli aretini di portare al bosco la spazzatura, tornava con una lavatrice o una vasca da bagno. Il suo genero, il famoso Geppo, si rannuvolava tutto. Raccontava che nella lavatrice  la Gina ci faceva covare la chioccia e ci aveva messo sopra una specie di tovaglina di plastica colorata. "Non voglio sapere che c'è sotto quella lavatrice!" alzava la voce, ma poi si metteva a ridere,"...Un allevamento di topi , sotto quel ferrovecchio!" Il campo era un pò una discarica dove molte vecchie cose venivano destinate ad un nuovo uso, un'altra vita. La nonna Gina scavò una buca e  ci mise la vasca da bagno  col bordo a livello del terreno, la tappò bene e ci mise dentro acqua e porzioni di ninfea che aveva trafugato in un giardino lì vicino. Le piacque il risultato e continuò con altre due vasche da bagno messe vicine. Si vede che c'era diversa gente che faceva il bagno nuovo. Ora quando le ninfee sono in vegetazione le vasche non si vedono più, solo belle foglie e fiori. Il nonno Lello la sera si sedeva con un gattino piccolo (c'era sempre qualche gattino da istruire) e un pulcino, li metteva uno davanti all'altro e quando il gattino provava ad acchiappare il pulcino gli diceva "No!" e gli dava un piccolo sculaccione "Non si tocca, capito?". I gattini imparavano presto. La mia bambina tornava a casa con questi piccoli fantastici racconti e io la volta dopo l'accompagnavo a vedere i progressi del "campo". Il campo c'è sempre, il nonno Lello è morto, ma la nonna è sempre in gamba. Ora è l'Elena ad occuparsene, la capannina è sempre più accogliente e ci si può dormire, all'ombra del pioppo che è sempre più alto. Tanti modi di fare giardino, tutti belli, tutti buoni per vivere meglio. Le foto sono del mio giardino e oltre alla Holly nella sua posizione preferita c'è il gatto Sandro quando faceva la babysitter ai gattini neri.