Vivere con cento cose 2: i bisogni indotti.

All'inzio della convivenza, appena sposata, conoscevo tutti gli oggetti che stavano in casa, comprese scarpe e vestiti miei e di Mauro e di ciascuno sapevo il posto. Solo della roba tecnica ( per dire: cacciaviti, martelli, trapano,ecc.) si occupava mio marito. Poi ho lavorato ed avevo tanto da fare, le cose da tenere a mente aumentavano, il sistema si faceva più complesso e un bel giorno mi sono accorta che avevo perso il filo, non ricordavo più i posti di certe cose e alcune cose neanche le riconoscevo, non ricordavo di averle. Mi ha messo in crisi, l'immagine di me, brava mamma, brava donnina di casa, persona in gamba, impegnata, si scoloriva miseramente. Tutti in casa si aspettavano che restassi come prima, l'archivio della famiglia, ma io facevo tante altre cose, il negozio e l'orto e seguire le bambine a scuola e combattere con i miei mostri interiori... Non mi venivano tutte bene. Le facevo tutte in qualche modo, arrangiate .

E' andata avanti così per tanto tempo, e ancora va così, che sono responsabile di tante cose, tutti se l'aspettano e poi a distanza di anni mi rimproverano di non esser stata brava, attenta a tutti i bisogni.
Diceva mia figlia piccola che avrebbe voluto imparare a suonare il basso e non l'abbiamo ascoltata, non gliel'abbiamo fatto fare. Ma, a parte l'impossibilità di seguire tutte le richieste dei bambini, che ogni tanto gli parte un treno e poi lasciano andare  tutto, non si ricorda di tutto quello che, invece, le abbiamo fatto fare, nei limiti dei soldini a disposizione, e di quanto lavoravo, in quegli anni, e facevo tutto con un certo sacrificio. Un sacrificio limitato, perchè mi sono sempre lasciata degli spazi per fare le cose che mi piacevano, soprattutto il giardino, anche a costo di sentirmi in colpa. Ehi, ma mi sto confessando !

No no, palla al centro : volevo dire che quando il sistema si complica è arrivato il momento di semplificare. Questo problema esiste per noi, per queste ultime generazioni, perchè gli altri avevano meno oggetti, meno vestiti, meno scarpe, meno tecnologia.

La tecnologia merita un discorsino a parte: quando ho visto i primi telefonini mi è venuta la nausea, perché ho visto cosa sarebbe successo, tutte le pile da cambiare,  le ricariche,  il telefonino rotto,  il telefonino nuovo e i cumuli di telefonini nelle discariche, da considerare rifiuti speciali. E il tempo dedicato ai telefonini, che devono essere accuditi per essere usati, tempo sottratto alla vita vera.

Bisogni indotti, si diceva un tempo, cose che non ti sono mai servite, non le hai mai conosciute, e ora diventano non utili, ma indispensabili. Come i giochi dei bambini, le montagne di giochi regalati per Natale con cui non si divertono. Si divertono con i tuoi vecchi vestiti, a travestirsi, si divertono a far finta che un bicchiere sia un microfono e  ci cantano dentro a squarciagola, si divertono a giocare con i gatti e il cane di casa. Noi aprivamo i cartoni del negozio di alimentari sotto casa, messi fuori per lo spazzino, allora si chiamava così, "spazzino", li mettevamo sotto il sedere e li usavamo per scivolare lungo la discesa del garage del condominio. Credo che non ci siamo mai divertiti tanto come con quelle cose gratuite.

Il rapporto con gli oggetti lo devo ripensare. In questo credo mi abbia aiutato la menopausa, che ha un pò spento i desideri. Il mercato che comanda le nostre vite ci impone tuttavia di COMPRARE , anche roba che non ci serve, anche il povero deve  comprare,  e per il povero ci sono categorie studiate di oggetti che lo fanno sentire, solo sentire, più ricco, oggetti quasi "superflui", che compri per  farti un piacere, la panchina per il giardino che imita quella di design, la borsa taroccata, salvo che dopo un pò si rompono e allora capisci che ti hanno fregato un'altra volta.