Scrittura e guarigione.

C'è stato un brutto momento in cui io, nei rapporti con la mia famiglia di origine, ho dovuto fare un passo indietro, ritirarmi dalla lite.  Esagramma  n. 33  dei Ching:  "La ritirata".  In una sua traduzione ho trovato l'immagine di chi lascia cadere il conflitto dopo aver capito che sarebbe disgraziato affrontarlo, si inchina, volta le spalle e se ne va, con rispetto. 

Dice l' "Iching" nel commento:

" vi si oppongono forze attive così potenti che davanti ad esse dovete ritirarvi ...Siate consapevoli degli odi repressi per coloro che vi frustrano. L'odio è un carico molto debilitante. Uno yogi sa amare i suoi nemici. L'uomo superiore dell'oracolo, che non sa farlo, si dissocia da coloro che  gli si contrappongono, non sa amarli, rifiuta di odiarli. Ritira le sue emozioni dal mondo quotidiano, si rivolge verso l'interno, verso se stesso e il gruppo di coloro che può amare."

Descrive molto bene quello che mi accadeva. L'uomo superiore dei Ching è la persona che si dovrebbe essere, quella che vive nell'impegno a migliorarsi, non è uno yogi, non è un illuminato né un santo, ma prova a essere una brava persona.  Ci provai. Era un momento terribile, in cui avrei potuto provare odio, pur sapendo che mi sarei rovinata. Stretta in una situazione davvero difficile, sia sotto l'aspetto economico che affettivo, dilaniata da emozioni diverse mi sono ritirata. Nel silenzio, nella solitudine, ma non è stato indolore, è stato come tagliare via una parte del corpo e dell'anima e al posto di quella un grande freddo, una cauterizzazione col ghiaccio e una sostanziale incapacità di provare sentimenti. Credo che  mio marito e le mie figlie mi abbiano trovato per molto tempo chiusa e presa da questo freddo interiore, assente. Come se mi fossi congelata un pezzo di anima per difendermi. Ancora lì il sangue non ha ripreso a circolare e dubito che guarirà bene. Mio padre era malato e io non andavo a trovarlo. Andarci significava accettare lo scontro. Ci sono andata alcune volte, poi basta. E' ancora difficile parlarne e, per chi legge, difficilissimo capire, ma non lo pretendo. 

 Per curarmi ho cominciato a scrivere. Per istinto, come si va a cercare un'erba che cura o una qualunque terapia o medicina.  A scrivere ci avevo provato altre volte, avevo scritto anche cose lunghe, ma mi piacevano solo un pò. E' venuto da sè, ho cominciato a raccontare la mia infanzia e si è aperta la diga, la scrittura ha cominciato a scorrere, sono stata meglio e mi riconoscevo per intero nel lavoro che stavo svolgendo. Cercavo, con quello scritto, di narrare le cose come si erano svolte per vedere se, in un racconto il più possibile obbiettivo, riuscivo a lasciar andare  i cattivi sentimenti e ritrovavo quelli buoni, e questo è successo, e insieme capivo la ragione, il perchè si era arrivati a quel finale. Ho raccontato i primi sette anni di vita, le cose che sapevo del tempo prima che nascessimo io e mio fratello e le storie che mi erano state raccontate delle famiglie dei nostri genitori. Solo quello che sapevo, perchè è quello, anche se forse sbagliato o falso, che forma la coscienza di una bambina. Solo uelo che sai, o che hai capito. Qualche volta la sera, tornata dal negozio, dopo le faccende di casa cominciavo a scrivere e mi pareva di cadere dentro il racconto, una  domenica  passarono 4 ore in un batter d'occhio, alla fine mi sentii chiamare, avevano preparato e mangiato la cena, volevo mangiare  qualcosa? Mio marito mi lasciava fare, un pò turbato, capiva che stavo elaborando qualcosa, confusamente forse sentiva che mi stavo aiutando da sola. Ho finito di scrivere nel 1997. Nei primi mesi dell'anno seguente il mio babbo è morto. Io l'ho saputo per caso, da una persona che faceva le pulizie dai miei genitori.

Una cosa per me preziosa, quel testo, come un altro figlio. Un amico l'ha letto e un pò criticato e io sono stata male, l'ho nascosto in un cassetto. Dopo un paio d'anni l'ho mandato al concorso dei Diari di Pieve Santo Stefano, qui vicino a noi. Non ha vinto nulla, ma mi hanno mandato una lettera da restituire firmata, con cui avrei permesso di utilizzare il mio scritto, dargli visibilità anche solo per delle parti, se ci fossero state persone interessate. Non l'ho firmato. Lì dentro c'è un pezzo della vita e una sua lunga dolorosa affettuosa rilettura, nessuno la deve smembrare o farne qualcos'altro. Ma sentivo che era incompiuto. 

Nel 2000 o 2001 il giorno di Santo Stefano sono andata a trovare una vecchissima amica della mia mamma.  Vecchissima perché si conoscevano da quando erano piccole e anche perché era molto anziana. Avevo ancora bisogno di parlare e di sfogarmi e la vecchia signora ascoltava, un pochino incredula, ma in fondo le tornava tutto, mia madre era sempre stata così, non me la dovevo prendere tanto, non si era fatta da sè, mi disse, c'era nata con quel carattere e lei avrebbe potuto raccontarmi delle cose ...ma non voleva, non voleva che io sapessi, non voleva lei stessa ricordare, voleva prepararsi per tornare in pace davanti a Dio. Mi disse così. Qualcosa però riuscii a sapere, qualcosa di privato e neanche tanto chiaro, che però mi è servito per aprirmi una nuova prospettiva dei fatti. Avevo sempre sempre pensato di aver avuto parte fondamentale nella nostra storia, per quella visione egocentrica ancora infantile, e mi ero sempre sentita in colpa, mi torturavo al pensiero di quello che avrei potuto fare di più. Dopo la visita alla vecchia signora ho cominciato a capire che il mio ruolo nella vicenda era assai minore di quel che avevo  immaginato, che la storia aveva origini lontane, prima che nascessi, che pochissimo restava in mio potere e che se fossi rimasta accanto a lei, a loro, avrei  avuto una vita davvero misera, non avrei realizzato neanche quello che ho fatto e soprattutto non sarei mai stata una persona, se non libera, almeno autonoma. Il mio libro sta sempre nel cassetto, dovrebbe essere un pò rivisto per inserire l'ultima scoperta, poi potrei mandarlo ad un editore. Dovrei cambiare tutti i nomi  e usare uno pseudonimo.Verrebbe di sicuro respinto. E' una storia vera, non semplice, più complicata delle fantasie letterarie, senza lieto fine. Non interesserebbe di sicuro un pubblico tipo quello dei talk show della televisione, ma solo chi è abituato a guardarsi dentro in maniera impietosa.  Questo post in particolare è per Pia, a proposito della verità.