PER TUTTI I MARIO DEL MONDO.

  Ciao Mario. Che posso dirti? Non ho capito tutto bene, una cosa è certa: sei nei guai. Li fronteggi con grande generosità, senza tirarti indietro neanche un pochino, ma mi pare che sia tutto oltre le tue sole forze.

Una mia amica ha avuto questo regalo dalla vita: la sua mamma si è ammalata di morbo di Parkinson da giovane, intorno ai 50 anni. Lei era cresciuta con l'idea che i problemi della famiglia sono della famiglia, e che è vergogna chiedere aiuto. La famiglia si riduceva a lei  e alla sua mamma, nonostante che lei fosse sposata e convivente, oltre che col marito, anche con la suocera, che non si è mai degnata di offrire il proprio aiuto. Quando la incontravo, dopo il matrimonio, mi facevo i fatti suoi chiedendo se per caso non arrivava un bambino. Ma lei diceva che un bambino proprio non se lo poteva permettere, con una malata grave in casa. La vita ad un certo punto ha preso il sopravvento e il bambino è arrivato da solo, si è imposto. La nonna col Parkinson era sempre meno gestibile e  la mia amica si è rivolta ad una struttura pubblica. Da sola non era più in grado di prendersene cura, ma soffriva per questo, le sembrava di abbandonare la barca che affonda, di lasciare la mamma a se stessa. La sua mamma è morta improvvisamente un giorno in un orario in cui lei non c'era. La mia amica ha vissuto questa morte malissimo. Ha sviluppato un senso di colpa enorme che poi è diventato rabbia. Quando ho capito un pò di cose ho provato ad aiutarla a perdonarsi di non essere stata lì il giorno che la sua mamma è morta. Perdonarsi anche di aver voluto vivere, aver permesso alla vita di scorrere, e aver consentito alla nascita di suo figlio. Di tutto questo si sentiva colpevole. Veramente, le dissi,  hai fatto una cosa eroica, hai tentato da sola di affrontare una malattia così grave, senza aiuti. Ti sei ammalata un pò anche te, le dissi, e ora devi essere gentile con te stessa, devi recuperare  e cercare di essere felice, te lo sei meritato. Ma non so se è stato utile, le parole degli altri raramente trovano la strada del cuore. Ora scopro che il Comune di Arezzo ha creato un servizio per i familiari degli ammalati di queste lunghe malattie, per aiutarli  non solo ad organizzarsi materialmente, ma a" pensare" se stessi  e la famiglia dentro queste devastanti situazioni. La paroa devastante non mi piace e è abusata, ma in questo caso ci sta.

Il mio medico di famiglia, quando in estate gli chiedevo consigli su come organizzarsi col mio suocero, definiva la mia e sua generazione come Mariolino di Orizzonti Padani : una generazione cuscinetto. Con altre parole, ma quello era il senso. Da una parte ci sono gli anziani, che poveracci finora ce l'hanno fatta da soli, e non hanno fatto poco, considerando che sono arrivati a più di ottant'anni praticamente autonomi, e dall'altra ci sono le figlie che sono maggiorenni e studiano, fanno lavoretti per brevi periodi e per le quali il futuro è veramente incerto. Noi in mezzo,  in una situazione che va organizzata .. Mario, mi fai paura quando dici che nella nostra storia  non siamo noi la generazione cuscinetto, forse lo saranno le mie figlie. Un regalo così non glielo vorrei mai fare.

L'estate scorsa siamo passati , come famiglia, attraverso questo lungo periodo "premorte" del mio suocero. Riassumo per chi legge : si è rotto un femore a giugno, poi sembrava che lo operassero, ma c'è stato il divieto del cardiologo, intanto  ha quasi  smesso del tutto di mangiare e dopo quattro mesi è morto. Mio marito è figlio unico. La mia suocera, dopo un periodo iniziale di presenza assidua, di giorno, mentre per le notti si pagavano delle signore, è crollata .Questo ridotto in  pillole, si può immaginare cosa c'è stato dentro questi 4 mesi. Per esempio l'accusa da parte di alcuni parenti di non esser stati sempre lì al  servizio dei miei suoceri, prima dell'incidente . Ma ce la facevano bene da soli, si rispondeva. Non è vero , lo facevano credere per non disturbare. E via di seguito fra botte e risposte che rivelavano due opposte visioni della vita. Mio marito, oltre al dolore e alla difficoltà oggettiva della situazione, si vedeva accusato di non essere un bravo figlio. Che Dio li perdoni.  E' stato un periodo difficile, al momento scrissi dei post, ma mi rendo conto di fronte all'esperienza di Mario che non è stato niente.  Io l'ho vissuto, come ho detto tante volte, come un debito da pagare , che non avevo pagato ad una persona e allora l'ho fatto con un'altra. Un debito fondamentale, una specie di sacro dovere che deve essere svolto bene e con adesione, una cosa che lega le generazioni ed è stata importante, sono convinta, anche per le mie figlie, che ci hanno aiutato e ricorderanno. L'ho vissuto come una nuora, e questo fa la differenza. In effetti ogni piccolo dettaglio in queste cose fa differenza. A me mi ha permesso dopo un iniziale forte coinvolgimento, di prendere una distanza e razionalizzare. Di capire che non si poteva morire tutti, ma bisognava continuare a vivere, anche divertirci e scherzare. 

L'ISTAT ha le sue statistiche, la sociologia le sue analisi. Ragionare sulle cose fa sempre bene, ma è vero, Mario, o Mariolino, dentro le storie ci siamo noi ed è tutta un'altra faccenda. Vorrei essere lì a darti una mano, intanto ti abbraccio con affetto anche se non ti ho mai visto, non so che faccia hai, ma mi sembra di conoscerti da cent'anni, con i tuoi racconti mi hai fatto un gran regalo.