IL MONTE ANALOGO ovvero : la porta dell'invisibile deve essere visibile .

Il Monte Analogo è un libro scritto da René Daumal, appartenente al movimento dadaista, nel periodo in cui si era ammalato e stava per morire, ed è incompiuto. 
René Daumal  nacque nel 1908, morì a 36 anni e questa storia rimasta in sospeso è una specie di testamento. Penso che anche se fosse vissuto non l'avrebbe finita, come si fa a raccontare la fine della ricerca di Dio? O di se stessi? Si finisce quando si muore e rimane una fine "aperta". Ogni tanto lo rileggo,  mi piace il modo di raccontare, è colorato , sia nelle immagini che nelle emozioni.
Si tratta di una spedizione scientifica di cui si racconta come sorge l'idea e come si organizza, alla ricerca di una montagna che esiste prima nell'immaginazione, come simbolo, come presenza nell'inconscio collettivo e di cui si verifica l'esistenza nella realtà.
In tutte le culture gli uomini hanno avuto monti sacri, la cui cima era inaccessibile,  ma si vedeva,  in alto, di solito ammantata di nubi.
Un luogo reale, visibile, dove non si può andare, oppure è molto difficile,  per motivi logistici, temperatura, o mancanza di strade, complessiva difficoltà dell'impresa, ma se ci si organizza molto bene forse ci si può arrivare, nella domus degli dei. L'Olimpo, per esempio. 
O le montagne dell'Himalaya, che sono la casa di divinità terribili.
I tibetani dicono che in certi passi di montagna si deve avere un comportamento rispettoso e restare il meno possibile, per non disturbare il Dio che è padrone  di casa. 
Alcuni di questi monti sono stati esplorati e si è scoperto che Dio, che si trattasse di Zeus o di qualcun altro, non ci abitava.  Dio abita le altezze, il monte è il luogo di confine fra la casa di Dio e la casa degli uomini, ma se in tutte le culture si dice questo, è possibile che sia solo un simbolo e che un luogo simile, un monte simile, non esista? Dovrebbe invece esistere proprio per questo, perché nelle leggende c'è un fondo di verità e se tutti ne parlano e sono in accordo, ci deve essere per forza, sia il monte, l'unico monte che è anche casa degli dei, sia la via per arrivarci e poi, per salire. Qui di seguito un brano del libro dove si dice come dovrebbe essere fatto questo monte.

- Riassumo - disse - i dati del problema. In primo luogo, il Monte Analogo deve essere molto più alto delle più alte montagne finora conosciute. La sua vetta deve essere inaccessibile con i mezzi finora conosciuti. Ma, in secondo luogo, la sua base deve essere accessibile per noi, e le sue pendici più basse devono essere già abitate da essere umani simili a noi, giacché esso è la via che unisce effettivamente il nostro regno umano attuale a regioni superiori. Abitate, dunque abitabili. Che presentano dunque un insieme di condizioni di clima, di flora, di fauna, di influenze cosmiche di ogni genere, non troppo diverse da quelle dei nostri continenti. Poiché il monte stesso è estremamente alto, la sua base deve essere abbastanza larga per sostenerlo: deve trattarsi di una superficie grande almeno come quella delle isole più vaste del nostro pianeta - della Nuova Guinea, del Borneo, del Madagascar - forse anche dell'Australia. Ammesso questo, sorgono tre questioni: come mai questo territorio è sfuggito finora alle investigazioni dei viaggiatori? Come penetrarvi? E dove si trova?

questa foto è tratta da  "Beppeblog"
Si vede subito che chi indaga  è un uomo intelligente che usa i suoi strumenti per risolvere un problema che lo affascina, che rischia di catturarlo. In realtà i partecipanti alla spedizione sono già tutti contagiati dalla febbre della ricerca. La storia è breve, ma densa e ricca, di particolari, di colori, di descrizioni dei caratteri umani, di simboli. Attingere ai simboli per costruire storie non è da tutti, e forse Daumal è così efficace per la fretta di raccontare una cosa importante, nel breve periodo che gli resta prima della fine della vita. E' una storia che mi piace rileggere, ci trovo sempre cose nuove, o cose talmente profonde che ne richiamano altre e altre ancora.
Alcune persone rigorose approdano sulla costa del continente nascosto e invisibile, protetto da leggi naturali, che ospita il Monte Analogo. Queste persone saranno costrette a spogliarsi dei loro beni, ma prima ancora delle loro forme mentali, dovranno rendersi essenziali per poter cominciare a salire. Tutto ciò che erano convinti sarebbe stato necessario per la salita, strumenti e modi di pensare, dovranno abbandonarlo. Non è una bellissima metafora della vita? Bellissima l'idea del "peradam", moneta qualitativa e premio della virtù, che non si guadagna col lavoro, ma si ottiene "trovandola". Anche la salita è simbolica, si sale fino ad un campo, poi si deve ridiscendere a quello precedente  per lasciare tutto pronto per quelli che seguono, che non conosceremo mai. Il libro contiene anche  una specie di parabola ecologica molto attuale, che riguarda il modo dell'uomo di stare sulla terra, come il modo di andare in montagna, come il modo, in generale, di fare tutte le cose. 
Una parabola sulla sostenibilità scritta da un visionario negli anni della seconda guerra mondiale. L'ultimo capitolo si intitola, nell'idea dell'autore "E voi, che cercate?" .
Non è mai stato scritto, ad ognuno la sua risposta.

Dal Monte Analogo:



Molto in alto e molto lontano nel cielo, al di sopra e al di là dei cerchi successivi dei picchi sempre più alti, delle nevi sempre più bianche, in uno splendore che l’occhio non può sopportare, invisibile per eccesso di luce, si erge la punta estrema del Monte Analogo. – Là, sulla vetta più aguzza della guglia più sottile, solo, sta colui che riempie tutti gli spazi. Lassù, nell’aria più fine dove tutto gela, solo, sussiste il cristallo dell’ultima stabilità. Lassù, nel pieno fuoco del cielo dove tutto arde, solo, sussiste il perpetuo incandescente. Là, al centro di tutto, sta colui che vede ogni cosa compiuta nel suo inizio e nella sua fine. […]

Non si può restare sempre sulle vette, bisogna ridiscendere… A che pro, allora? Ecco: l’alto conosce il basso, il basso non conosce l’alto […] Si sale, si vede. Si ridiscende, non si vede più; ma si è visto. Esiste un’arte di dirigersi nelle regioni basse per mezzo del ricordo di quello che si è visto quando si era più in alto. Quando non è più possibile vedere, almeno è possibile sapere.