La Toscana vista da Arezzo (O da me ). Pensieri sparsi.

Arezzo, lo sanno tutti e se non lo sanno basta guardare una carta geografica, è già nel sud della Toscana, ed è una provincia grande, che ha un suo famoso estremo luogo in Emilia Romagna, il paesino di Sestino. Quando qualcuno andava a lavorare alle Poste diceva: "Purché non mi mandino a Sestino!"  L'ufficio postale di Sestino era il terrore dei ragazzi della mia età nuovi assunti alle Poste e ci finì, all'inizio, la moglie di mio cugino, poverina.  Sestino è ancora in Provincia di Arezzo, ma lontanissimo, incuneato fra i monti dell'Appennino e tutt'intorno è Emilia Romagna, per lavorarci meritava prenderci una stanza in affitto.

Arezzo è in una valle molto ampia, punto d'incontro di quattro vallate, il Valdarno, il Casentino, la Valtiberina e la Valdichiana. Tutte belle. Gli aretini erano contadini, è la cosa che hanno praticato di più, nel corso della loro storia, l'agricoltura. Però hanno avuto, al tempo degli Etruschi, delle abilità come artigiani  orafi e ceramisti che li hanno resi famosi nel mondo di allora. La storia di Arezzo è per lunghi periodi oscura e trista, con la a finale, è stata una cittadina di campagna sottomessa alle città confinanti , in senso politico ed economico.

Gli aretini, Dante li chiama botoli ringhiosi, e quando te l'ha detto uno così, la definizione ti rimane addosso. Dice che l'Arno, per non venire fino ad Arezzo,  volta il muso, ed effettivamente lo fa, fra Giovi e Buonriposo. Vedendo la Toscana da qui non si ha una gran visuale. Si vede Firenze la Signora, nobile, altolocata e fredda. Capitava, quando ero giovane, che i fiorentini, pur essendo vicini di casa , ci ignorassero, come un podere di campagna .
Una volta un mio parente fiorentino, che ora insegna a Scienze Forestali, mi disse " Come si dice : aretini o arezzesi?" Lo sapeva benissimo, ma era per far vedere il disprezzo.

Arezzo ha  da poco, una trentina d' anni, un'Università, e anche quella non è nostra, è l'Università di Siena. Siena, anche lei confinante, la vediamo lontanissima, arroccata nelle sue tradizioni, nella sua banca, nella sua Università, nel suo Palio  e ci mette soggezione . Moltissimi anni fa, credo in epoca fascista, abbiamo imitato il Palio resuscitando la giostra del Saracino, che si correva in epoca medievale. Ormai è molto vecchia anche la giostra, ma non così coinvolgente come il Palio, che riguarda le famiglie, i bambini fin da piccoli.

Arezzo, mi pare, ha la sindrome del parente povero, nonostante nel dopoguerra abbia lavorato e si sia arricchita col metallo più prezioso, l'oro . Anche questo è trattato in maniera un pò rozza, per produzioni industriali, stampandolo, facendoci catene grosse e vuote per gli arabi , facendoci oggettini che sono regali per le comunioni e i battesimi.Penso che i nostri antenati Etruschi, che erano artigiani raffinati, rabbrividiscano vedendoci dall'aldilà.
Piazza grande o piazza Vasari.

Il Valdarno, che seguendo il corso del fiume arriva a Firenze direttamente, è fiorentino nel cuore e ci guarda con disprezzo anche lui . I valdarnesi erano solidamente politicizzati e andavano a lavorare a Firenze , e non ad Arezzo .
La Valdichiana è così lunga che arriva in Umbria ma nel frattempo ce la siamo dimenticata. Cortona, la perla che sta in mezzo, meta ambita di turisti di tutto il mondo, fa un pò vita per conto suo. La Valtiberina per entrarci obbliga a passare da una valle stretta e ombrosa, la Valcerfone. Il Casentino bellissimo è tutto montagna e prende il nome dal caseus, il formaggio pecorino.

Arezzo è laboriosa , intelligente, formichina, è anche infida, dice pane al pane e vino al vino, è diretta e sconveniente, è sorniona. E' stata una città per tradizione di sinistra, che ha covato in sè cose innominabili. Abbiamo avuto Fanfani e abbiamo ancora Gelli. Una città di provincia, tranquilla e per molto tempo prosperosa dove, nell'anonimato, si progettavano cose terribili per tutto il paese. Alcuni aretini sono implicati nei processi per le stragi pianificate dalla destra estrema.

Molto aretini nascevano in famiglie povere e comuniste, cominciavano a lavorare e man mano che cresceva la prosperità si spostavano nell'arco parlamentare. Ne ho conosciuto uno che da Lotta Continua negli anni 70 è arrivato ad Alleanza Nazionale negli anni '90. Per proteggere i  soldi che faceva. Più ne faceva più andava a destra. E' diventato molto ricco.

Ad Arezzo si crede nella scuola pubblica, che funziona molto bene . I nidi e le scuole materne sono così ben gestiti che le responsabili dell'ufficio scuola del Comune venivano invitate in giro per il mondo a presentare i  loro metodi. Un anno se ne andarono a Chicago.Siamo stati fra i primi, subito dopo l'Emillia Romagna, che non la batte nessuno, a istituire le mense biologiche nelle scuole . Fu il mio negozio ad essere il primo fornitore.

Gli aretini vedono poco la Toscana, più facile che vedano Hong Kong, con cui hanno fatto affari, che Lucca, che gli rimane fuori mano. Ci sono antichi rancori, che rimangono in quell'ironia aspra che ci contraddistingue, che forse vengono da quando le città toscane erano le Etrusche Lucumonie, ognuna per sè e ogni tanto si combattevano. Non sarebbe così strano. C'è una parola che usiamo con i neonati e i bambini piccoli, "nenne", per indicare il latte, in particolare quello materno, e sembra che sia una parola etrusca . Se è rimasta intatta quella nella lingua immagino che possa rimanere qualche forma pensiero. D'altra parte uno studioso degli Etruschi dell'Università di Perugia, il Prof. Pallottino, scoprì che alla fine dell' ottocento sull'Appennino toscoemiliano, nelle feste agricole ancora si nominavano le divinità Etrusche.

S.Maria della Pieve
Da un pò cominciamo a sentirci tutti toscani, e conservando, scherzosa, questa rivalità, ci stringiamo a Massa, a Pisa, a Prato, a Firenze, a Grosseto, a tutte le province. Cominciamo, da un pò di anni, ad essere orgogliosi di essere toscani, per la bellezza dei posti, per l'arte, per la civiltà, per la lingua, che in realtà cambia tanto da Grosseto, ad Arezzo, a Firenze, a Siena, a Lucca, a Pistoia. Noi scivoliamo verso le note cupe dell'umbro, aspiriamo poco. La lingua delle campagne, in particolare Valdichiana e Valtiberina, ci sembra molto rozza e pesante e ci ricorda il passato contadino. Ho trovato l'italiano perfetto di Dante nel parlare di una giovane donna che veniva a lavorare in un ristorante ogni tanto per integrare il salario di operaia . Parlava con grande raffinatezza, quasi senza accento, sembrava tratta, le dicevo sempre, dalla commedia dell'Arte. Mi incantavo a sentirla ragionare, anche se raccontava della fabbrica o se discuteva di come cucinare un piatto. Proveniva dal peasino bellissimo di Rigomagno , vicino a noi , ma credo già in Provincia di Siena .

La chimera, ritrovata e creata ad Arezzo dagli artigiani etruschi.
Tutto questo per dire che se mi scappa qualche discorso sconveniente è perché sono Toscana, voglio bene alla Toscana e mi piace criticarla, ma non mi piace sentirne parlare male. Una debolezza. Che non si offenda nessuno, quando vado a Firenze e passo davanti al Duomo di San Giovanni mi sento così fortunata che mi commuovo, anche se poi, alla fine, più di tutto mi sento "terrestre, genere umano".