GEOGRAFIA AFFETTIVA.

La diga di Montedoglio.
La Valtiberina e in fondo  il Monte Nerone.



Io e la Holly.


Mio marito è in ferie e sabato pomeriggio siamo andati a fare un giro a Poti. Poti è il "Monte di Arezzo". Arezzo è in una grande valle, circondata da monti e colline, ma il più vicino alla città è Poti, che raggiunge i 1000 metri di altitudine.
Tutti gli aretini vanno a Poti, è un luogo molto "praticato", per far tante cose, anche per appiccare incendi in estate, per esempio. Ora non più, sembra che la disgraziata abitudine di far queste cose sia limitata alle cicche gettate dal finestrino, infatti capita piuttosto di vedere zone bruciata ai margini delle strade.
Gli aretini vanno a Poti anche per fare cose salutari, come camminare e salire in bicicletta, per mangiare nelle piazzole attrezzate, per prendere il fresco.

Gli aretini sono affezionati al Monte di Poti e anche noi, che ora abitiamo lontano. Era un pò che mi era presa la nostalgia di tornarci ed ora che abbiamo finalmente messo un separatore che costringe la Holly nello spazio grande e arieggiato del portabagagli, siamo partiti con lei. Al valico dello Scopetone ( Scopetone, posto delle scope, o eriche, piante della brughiera con cui si fabbricano le scope da tempi antichissimi, i latini le chiamavano "calluna"), mi è tornato in mente un giorno che nevicava, quando avevo circa otto anni, e la mamma ci portò lì, allo Scopetone, per giocare con la neve. Ci si portò anche la tata, la donna di servizio, che allora viveva con noi ed era una specie di vicemamma, e il gatto Carota, per fargli vedere la neve. Carota però era spaventatissimo e mi graffiò il naso. Tutto questo potrebbe essere solo una fantasia, per quanto è lontano nel tempo, senonché ho sul naso una leggera cicatrice che me lo ricorda.


Eringio.

La Carlina!
Salendo per il Monte con Mauro abbiamo cominciato ad indicare i vari posti dove venivamo insieme a camminare - Ti ricordi ? Si passava di là e si faceva il giro della collina ..Qui ci trovai un sacco pieno di porcini ...- Cammina cammina, sempre in macchina, siamo arrivati davanti alla chiesina di San Severo, ci siamo venuti da poco a cena dai nostri amici, e poi ho scritto il post sui lupi, ma ci venivo anche da bambina, e rivedo il babbo sorridente, col cappotto, che, nell'aria invernale, scende dall'auto, e delle persone che abitavano lì, ma erano della provincia di Benevento, ed erano venuti anche allora per un'ondata di migrazione causata da uno dei tanti terremoti, neanche tanto grosso, che  aveva distrutto la  loro casa. Parlavano italiano come gli emigrati ora, non si capiva niente, ma si capivano benissimo i sorrisi, che non si spegnevano mai sui loro visi.Che bella domenica. Chissà dove sono finiti.







Siamo saliti un altro pò e invece la grande struttura dei religiosi è ancora attiva e fuori, su un prato secco e ingiallito, ma fresco per il vento che viene dalla valle, c'erano bambini e adulti a giocare, con un prete in mezzo a loro.  In cima gli orrendi ripetitori, delle radio, delle televisioni, che infestano la vetta del monte.
Noi siamo andati più in là, ancora ci sono le radure assolate, abitate da erbe dure e forti e battute estate e inverno dal vento. La Holly è scesa, curiosa, con la voglia di esplorare, ma una moto da cross è arrivata rumoreggiando, e c'erano delle auto ferme, quindi gente, non l'ho liberata dal guinzaglio, non subito, abbiamo camminato insieme, è utile camminare al guinzaglio, a casa è sempre libera, ma si annoia. Il guinzaglio, invece, diventa quasi uno strumento di libertà, per assurdo, in un mondo sempre più pieno di cani e di umani che hanno voglia di litigare. Il guinzaglio e la pratica di camminare vicino a me e al mio passo, con una certa tranquillità, sono l'unico sistema per vedere il mondo fuori del recinto di casa.

In cima a Poti è tutto molto abbandonato, le strade sono fatte dalle ruspe per la raccolta della legna e il passaggio di mezzi per gli incendi, mentre una volta erano sentieri fatti dagli uomini, con le falci e le roncole. La vegetazione è di piante chiamate pioniere, quelle che arrivano per prime e permettono al bosco di insediarsi, ma in  realtà sono le più ignoranti e spinose create dal Padreterno, rovi, prugnoli e biancospini. Crescono fitte e impraticabili. Mi sono accorta di esser diventata ancora più fifona con la Holly, non solo ho timore degli umani, di cui ho avuto sgradevole esperienza in passato, ma ieri mi immaginavo incontri ravvicinati con le vipere, abitanti naturali di questi territori montani, e non l'ho lasciata allontanare. Mi sono accorta di quanto sono cambiata. A terra , in questa giornata secca e ventilata di metà estate, ho trovato comunque dei fiori. 
Eringio blu, meraviglioso. Non te l'aspetti quel blu, sembra che sia passato un imbianchino con la pennellessa  e abbia bagnato la pianta con l'anilina azzurra: La pianta, lo vedete dalle foto, è secca  e dura, spinosa e offensiva, ma si colora tutta per attirare gli impollinatori, regalando quel colore di cielo ai prati rinsecchiti. 
Poi ho trovato una Carlina! Viene definita rara, eppure l'ho trovata sul camminamento, una pista da motocross. Ma più bello di tutto è il panorama: verso ovest c'è Arezzo, ma la conosciamo bene e le abbiamo voltato volentieri le spalle. Verso nord i monti, e lontano e alto, il Pratomagno. Verso est la Valtiberina, disegnata, bella, con molte montagne sul fondo, alcune gialle e pelate, fra cui, alto intorno ai 2000 metri, il Monte Nerone. Laggiù c'è San Giustino, per noi rappresenta il futuro, ci vive la famiglia del ragazzo di una delle nostre figlie, a cui subito ci siamo affezionati, a lui e alla famiglia , e abbiamo cercato il paese con lo sguardo, tentando di immaginare quale di quei paesini poteva essere . Più in là, sulla destra, sorprendente, lo specchio d'acqua della diga di Montedoglio, che forma un grande lago azzurro. Non c'era ancora le ultime volte che siamo venuti quassù. A sud i monti e in mezzo il paesino di Palazzo del Pero, ora violato dalla superstrada che ne ha sconvolto la geografia campagnola, ed era stato il posto di molti miei giorni felici di bambina, dove abitavano le cugine della mamma e le mie cugine Patrizia e Mariella e la mia amica Lalla. Più oltre il Molinnuovo, dove stavano i parenti della mia nonna materna, in un punto dove la Val Cerfone diventa stretta e selvaggia. Oltre ancora Le Ville e Monterchi, dove sta la Madonna del Parto.

Non finivo mai di guardare, e mentre camminavo con la Holly vicina, ormai calma e un pò stanca, pensavo a tutti i cani che mi avevano seguito in quella ed altre passeggiate, e li riunivo con affetto immenso in un abbraccio, che i cani non gradiscono, ma che sopportano con pazienza, perché capiscono che è il modo nostro, degli umani, di manifestare l'amore nei loro confronti. Camminando pensavo anche come è cambiato negli anni il mio modo di osservare il mondo, come ora mi interessa questa geografia dove ogni luogo è anche una persona, un ricordo, un sentimento. Una geografia affettiva.