Carlo

Avere un maggiociondolo in giardino è come avere un tesoro .

Siamo venuti ad abitare qui nel 2000, alla fine dell'estate . Il nostro cane Chicco nacque nella primavera dello stesso anno e quando venimmo qui era un cucciolino  e viveva con la sua mamma, il suo babbo  e con la nonna, la Lilli . Passava di qui un signore con l'ape o a piedi, Carlo. In mezzo al bosco, oltrepassato il rio che tutti chiamano il "Buione", che segna il limite del nostro piccolo podere, aveva un pezzo di terreno ripido e terrazzato con muri alti e tenuti pulitissimi . Era soprattutto pulito e non tanto bello a vedersi, neanche un fiore o un qualche abbellimento .Il giardino e l'orto hanno sempre bisogno di ordine e si vede che, per Carlo, era già abbastanza aver un posto da mantenere, impedendo ai rovi e alle malerbe di coprirlo tutto. In questo terreno aveva degli olivi e l'orto. Carlo guidava l'ape e faceva tutti i lavori della campagna, sorrideva sempre passando davanti a casa nostra e salutava i cani, diversamente da altri che passano ingrugniti e guardano con diffidenza. Poi il Chicco negli anni è rimasto solo e quando passava Carlo non abbaiava più, segno che lo riconosceva e lo accettava . Carlo gli si rivolgeva gentilmente e gli parlava anche se non c'era nessuno di noi nelle vicinanze, perché il cane gli piaceva e lo apprezzava. A volte sentivo una voce gentile rivolgersi al cane, che ascoltava in silenzio battendo appena la coda, mi affacciavo ed era lui. Vedevo che teneva una mano ciondoloni, e quando prendemmo confidenza ci disse che qualche anno prima aveva avuto un ictus e era rimasto paralizzato, che poi aveva ripreso l'uso di quasi tutta la metà del corpo, meno il braccio; però, anche così, si arrangiava. Si arrangiava così tanto che un giorno, durante un temporale che fu quasi un'alluvione, cadde un pioppo altissimo a traverso sul Buione, e il pioppo era nostro, ma era caduto a traverso del rio e gli impediva di passare con l'ape. Gentilmente disse a Mauro che bisognava toglierlo di lì.


Schizostilis coccinea , completamente fuori stagione .


Mauro disse che non era capace, con la motosega, di lavorare con un tronco così grosso, Carlo disse che lo poteva fare lui, che aveva fatto il boscaiolo, da giovane, allora Mauro disse che poteva prendere tutta la legna, sollevato che non gli venisse chiesta una cosa in più, difficile da fare. Dopo un pò di giorni andammo a vedere e Carlo aveva fatto a pezzi, ordinatamente ammucchiati, il grosso tronco. Come facesse non so, con un braccio solo, aiutandosi con quell'altro che muoveva solo dalla spalla. Si prendeva, per fare queste cose, tutto il tempo che ci voleva e viveva, e lavorava, senza ansia apparente e senza fretta.  Parlavamo quando passava a piedi, era sempre incoraggiante nei confronti dei nostri lavori di campagna, non tanto col giardino, che lo interessava poco, parlavamo con la rete di recinzione in mezzo, io appoggiata alla vanga, che è il mio attrezzo preferito, e nel corso di una di queste conversazioni mi raccontò con poche parole di una bambina, una figlia che gli era morta quando aveva tredici anni, di un tumore e di come avevano rischiato di diventare matti dal dolore, lui e la moglie, ma poi ce l'avevano fatta, avevano continuato a vivere.  Questo racconto breve, pieno di sofferenza ormai appassita ma sempre presente, me lo rese ancora più simpatico.



C'è un altro signore che passa di qui, e questo è un omino lamentoso, un pò come me nei giorni peggiori, sempre ipercritico, sempre qualcosa che non va, non che non abbia motivo, solo che fra lui e Carlo c'è proprio un abisso, due modi di vivere completamente diversi. Carlo viene dal Casentino, molto lontano da qui e ho notato spesso questa dolcezza nei Casentinesi. Mi sono accorta che Carlo non passa più. Mio marito dice che l'ape passa ancora, ma alla guida c'è qualcun altro. Ho chiesto al negozio di alimentari che è successo, loro sanno sempre tutto. Si è ammalato gravemente e sta facendo cure pesanti che gli provocano altra sofferenza. Mi fa male pensare che Carlo  non tornerà, un custode gentile e attento a cui non si può evitare di affezionarsi. In fondo, nonostante la forza e la volontà, ha più di 80 anni .

La malattia di Carlo mi ha fatto pensare al nostro futuro.
In questo periodo che c'è di rifare il pozzo e per tanto tempo non ha piovuto e non riesco a far che una minima parte dei lavori della campagna , mi sono chiesta tante volte se ha senso restare in questa casa o se, nella vita , si inseguono solo sogni, se ognuno sogna per conto suo e realizza, per un pò, sogni veri fatti di fiori e pergole coperte di rose, effimeri, che spariscono appena smetti di occupartene. Mio marito ha ipotizzato di andar via di qui, quando saremo più vecchi, non ora, che forse non si riuscirebbe nemmeno a vendere la casa. Io provo un grande dolore a questi discorsi, solo quando li faccio io li accetto, altrimenti penso che questo luogo sia davvero la casa della mia anima, che forse potrei trasferirla da un'altra parte, ma con grande fatica. Anche adattarmi qui, nonostante il posto mi piacesse tanto, fu faticoso, ora però è soprattutto mio il giardino e la terra, nei confronti dei quali sono una Custode incapace.  Piuttosto questo posto custodisce me e in qualche modo mi aiuta e mi protegge.  Chi si occupa di un giardino, è inutile nasconderselo, è quasi sempre una persona solitaria, che svolge in solitudine una gran quantità di lavori. Questo non vale per i ricchi, per chi si permette un giardiniere, ma allora non è le stesso, perché non è lui ad occuparsi della terra, ne gode solo i risultati, ma se non fa da solo gode molto meno, perché non conosce l'itinerario e il prezzo per realizzare le cose, e anche che alcune, alla fine, ti paiono gratuite, perché è il giardino a donartele, quasi gratis. Il legame col luogo non è più un legame economico, è un'altra cosa, più forte, più stretta, che ti avvince e fa parte di te così tanto che pensare di lasciare questo posto ti fa soffrire.




Sto andando verso i sessant'anni, molto in fretta, e il mondo cambia, in pensione si andrà tardissimo e cosa si potrà ancora godere o fare non si sa, quando saremo liberi dal lavoro. Poi ci sono le figlie e la devastata situazione economica, e i paesi turbolenti di là dal Mediterraneo.   Quando smetterò di occuparmi del mio giardino?  O forse  la morte arriverà prima che io mi accorga di non farcela più e di dover abbandonare tutto? Mi piacerebbe di più questa seconda eventualità, perché il giardino, da quando tantissimi anni fa cominciai ad occuparmene, in un altro posto, è stato sempre una grande risorsa per me, una cosa che mi ha aiutato a vivere. Ora, con la primavera, rinasce per l'ennesima volta e io rinasco con lui.