Patty Smith e foto delle Marche.












Uno di questi giorni mi ha chiamato la Concetta: "Ti va domani di venire a sentire Patty Smith che canta a San Francesco?" Non è che la Concetta sia una vecchia rocker, anzi ! E' una delle mie compagne di scuola con cui ho condiviso 5 anni di liceo,  pensieri, feste, un viaggio memorabile in Grecia e talmente tante cose, alcune dolorose, che non posso nominarle tutte. E' una delle mie amiche più care. Da tanti anni fa parte di una comunità neocatecumenale, ma questa cosa non l'ha limitata. Ha quattro figlioli e, da un anno, ha anche una nipotina. Uno di loro adesso è a Londra dove frequenta una scuola per tecnici del suono,  è proprio da Andrea che lei ha saputo del concerto di Patty Smith ad Arezzo . La notizia, che riguardava  Arezzo, la città in cui viviamo, ha fatto un giro pesca, ha attraversato la Manica ed è tornata via Skype ad Arezzo. Il giorno del concerto, intorno alle undici, eravamo insieme ad altre 500 persone, di cui molte conosciute, ad aspettare che si aprissero i portoni della chiesa di San Francesco, quella, per capirsi, dove Piero della Francesca dipinse il ciclo della Vera Croce, che ha ispirato le ballate di Patty Smith, in particolare il " sogno di Costantino". Il breve concerto si chiamava proprio così: "A proposito del sogno di Costantino". Mentre si aspettava,  la Concetta mi ha detto che si ricordava perfettamente della mia passione per questa cantante e di quella volta che avevo comprato un suo LP. Le ho detto che questa cosa se l'era sognata, che Patty Smith mi piaceva ora che eravamo quasi vecchie tutte e due, anzi tutte e tre, Patty Smith compresa, e che  nella vita non avevo mai comprato un suo LP, ma si vede che quel giorno dovevo proprio esserci anch'io e che ero contenta che si ricordasse tanto bene cose mai avvenute. Non capisco quale meccanismo psichico porti la Concetta a ricordare cose di questo tipo, se intreccia persone e ricordi o se ha un inconscio particolarmente creativo, d'altra parte da ragazza scriveva bellissime poesie, brevi, concentrate e per niente sdolcinate.
Non è che io entri così spesso in San Francesco. Come tutti quelli che hanno cose belle a disposizione finisce che ne usufruisco poco. Varcare il portone dopo tanto tempo mi ha emozionata. Una volta di più ho rimpianto di non capire l'inglese e di afferrare solo poche parole. Non c'era traduzione e questo mi ha pensare :
A) che gli aretini ormai comprendano tutti l'inglese, che mi sembra improbabile.
B) che facciano finta di capire per non sembrare  arretrati
C) che si siano vergognati di proporre la traduzione per il motivo precedente.
Così, nella quasi completa ignoranza delle parole, mi è rimasto solo il gusto di ascoltare la  voce profonda di Patty e quella degli strumenti che l'accompagnavano ( musicisti bravissimi!) e intanto ammirare la chiesa. In questi casi mi commuovo e mi viene da piangere per l'emozione, per la musica ( sono come la mia figliola più piccola, che da bambina mi diceva con i lacrimoni "Mamma , questa musica mi fa piangere") , per il fatto di ascoltare questa donna generosa, intelligente, impegnata, che si è fatta prendere dai dipinti del famoso Piero, che raccontano storie già lontanissime al momento che lui le ha dipinte . Quanta storia in questa vecchissima chiesa ! La storia della Vera Croce, la storia di Piero, la mia storia personale. San Francesco è stata la prima chiesa che ho frequentato, abitavo, da piccola, poco lontano, nel centro storico, e venivo in chiesa  non con la mamma, che non ci veniva mai,  ma con la zia Lisa, che abitava nel nostro Palazzo. Mi ci portava a giugno, per la processione di Sant'Antonio e c'era il profumo dei gigli bianchi che riempiva l'aria.
 La mamma non aveva tanto piacere che mi portasse in chiesa, diceva che i preti rimbambiscono le persone, ma io con la zia Lisa ci andavo tanto volentieri, e la mamma le voleva molto bene. Non  capivo allora che  sulle pareti dell'abside c'erano dei dipinti importanti, guardavo in alto e nella luce fioca della chiesa mi piaceva guardare i travi disegnati delle capriate, le edicole ricamate con le statue dei santi e della Madonna che davanti a Gesù morto mostrava il proprio cuore trafitto. San Francesco è una chiesa austera e molto semplice, medievale, ad Arezzo pare che il Barocco, di cui sono ricche le Marche, non sia quasi trascorso, sembra che siamo passati direttamente dal Medioevo al diciottesimo secolo. In effetti nel seicento Arezzo era poverissima e battuta da epidemie che decimavano la popolazione. Il centro storico è prevalentemente medievale e molto severo. Quando io ero bambina Arezzo non era una città turistica, e anche a vedere i dipinti di Pier della Francesca ci venivano rari e coltissimi turisti. Erano gli anni del boom economico, della riviera romagnola,  dell' "Italia in miniatura", e  la gente, della cultura,  se ne fregava allegramente o così sembrava a me. Trovarsi ad ascoltare ballate celtiche nella nostra chiesa più nota è stata un'emozione. Ho pensato che la Chiesa, che di solito dorme, abbia esclamato, sentendo questa musica : "Cavolo! Son tornati i barbari!"  Barbari colti, barbari che si incantano davanti alla bellezza e alla storia che per noi che viviamo qua sono quotidiane.

Lascio qua altre foto delle Marche : non è una terra bellissima?