Un incontro

 Tempo fa avevo scritto un post su un incontro fatto in libreria. Siccome c'è stato un seguito ve lo racconto così, come una piccola storia.


Aveva incontrato Gigi in libreria, dopo moltissimi anni che non lo rivedeva, forse 25 o 30 anni. Lei l'aveva salutato e lui, vedendola accanto a sé, aveva detto "Oh ciao, Claudia!" ma lei non si chiamava Claudia. Poi aveva detto che alla fine era passata, l'aveva detto in modo generico, che era passata ed era bene così, che  si fosse quasi alla fine, l'aveva ripetuto più volte ed era uscito dal locale, esclamando "Stammi bene  Claudia!" senza chiederle niente, senza domandare della vita trascorsa e lei aveva avuto la sensazione che quell'espressione "E' passata" si riferisse proprio alla vita in generale e le era sembrato così triste, come se si trattasse di una malattia esantematica o di un accidente che sei felice quando ti lascia, spossato ma libero, finalmente libero... Era stato un incontro forse di neanche un minuto a cui lei aveva ripensato per giorni. Una sera tornata in città l'aveva intravisto di nuovo da lontano e aveva pensato che era strano, ma a volte succedeva, che non vedi una persona per anni e anni e poi la incontri diverse volte di seguito, come se le due onde, quella della tua e della sua vita, entrassero in fase per un pò, per poi lasciarsi di nuovo. Non le capitava spesso di andare in città, ma doveva andare in certi uffici aperti anche all'ora di pranzo. Verso la metà di un aprile ancora freddo e, quel giorno, molto ventoso, si trovò davanti al banco di una gelateria, alle due e mezzo di pomeriggio, a scegliere tre gusti per la sua coppetta. Come diavolo le era venuto in mente di mangiare un gelato con quel freddo che faceva. Poi capì perché. Accanto a lei alla cassa Gigi stava pagando. Incrociò lo sguardo e gli sorrise, pensando "tre volte è una magia" come diceva il personaggio di un libro che aveva amato. Sorrise anche lui e disse "Ciao Vitamina." Allora si ricordava il suo nome.
"Ti ricordi di me !"
"Perché non dovrei?"
" Quando ci siamo incontrati in libreria non ti ricordavi."
"Cosa te lo fa pensare?"
"Mi hai chiamato Claudia."
"Veramente?" disse lui cercando di rammentare quest'ultimo episodio che gli rimaneva più incerto del tempo trascorso insieme da ragazzi.
"Sì, mi hai chiamato Claudia. Ho scritto un post su questa cosa, soprattutto su una frase che hai detto che mi ha molto colpito. Effettivamente l'unica frase che mi hai detto quella sera."
Tutti e due continuavano in piedi uno davanti all'altra a mangiare il gelato nelle loro coppette.
"Un post? Da questo devo dedurre che sei Internet dipendente?"
"Fai te. Può darsi. "
Fu lui a dire sorridendo "Ti andrebbe di consumare insieme questo gelato per esempio seduti su quella panchina laggiù che mi pare l'unica al riparo da questo ventaccio maledetto e inoltre illuminata da un forte e caldo raggio di sole?"
"Molto volentieri. "
Si incamminarono e si sedettero vicino, ma conservando una certa distanza.
"Che si dice in questi casi?-disse lui- Come va la vita?"
"Benino grazie. Ma se non ti dispiace avrei una curiosità.." Gli raccontò di quell' "E' passata" e dell'impressione che ne aveva ricavato. Lui rise. "Doveva essere quel giorno che avevo parlato con mio figlio..."
"Hai un figlio?" Esclamò lei sorpresa. Era convinta che non si fosse mai sposato e vivesse solo. Qualcuno gliel'aveva detto, ma chi?
"Aspetta." disse lui che aveva finito il gelato. Si alzò a buttare la coppetta in un cestino lì accanto, si risedette e con calma aprì la borsa che aveva con sé. Estrasse un computer, lo aprì e lo avviò.
"Ecco, ora ti faccio vedere ..." Ci volle qualche manciata di secondi poi apparve nel video una foto molto bella, notturna, di un giovane biondo e ben vestito chino su un pianoforte, molto preso dall'esecuzione, illuminato da una luce intensa e laterale, sicuramente un riflettore.
"Bella!" esclamò lei . "Bellissima! Mi ricorda certe foto che fa mia figlia ai concerti!"
Ora fu lui a sorprendersi : "Allora anche tu hai una figlia!"
"Veramente due. Più grandi di questo ragazzo, mi pare molto giovane.."
"Ha ventitre anni, la foto è di qualche anno fa, adesso non suona più."
"Peccato!" disse lei d'impulso.
"Perchè dici così? Non sai neanche se era bravo."
"Non so, se c'è una foto, quello forse è un concerto... quindi doveva avere un qualche talento, non si arriva a quell'età  a fare concerti senza un talento o una passione..poi c'è un'intensità nella foto...in ogni modo invidio chi suona, è una forma dell'espressione creativa molto libera che da modo al cuore di parlare. Non credi?"
"Detto così, sì, è molto bello. Comunque ora non suona più, benché anch'io creda che tornerà a farlo, dovrà tornare. Quella sera che mi dici ci siamo incontrati, me lo dici te perché io non ne ho il minimo ricordo, dovevo aver appena parlato con lui. Le sue telefonate mi segnano le giornate, a volte segnano e colorano intere settimane, di grigio, o di viola,  spesso di nero, raramente di tanti colori. Temo molto le sue telefonate per il potere che hanno su di me. "
" Lo dici a me? E' lo stesso per le telefonate o i colloqui con le mie figlie."
"Ma sono più grandi, dici, e non è cambiato niente?"
"Niente, credo che non cambierà finché non saranno veramente autonome."
Lui rise con amarezza"Allora campa cavallo!"
"Cambiamo argomento. Se c'è un figlio ci deve  essere una madre da qualche parte.."
"C'è ma siamo separati da tanto tempo. Aspetta, ecco.."
Sullo schermo apparve la foto di una ragazza bionda, con i capelli molto lisci portati sugli occhi dal vento e lo sguardo duro e severo. Non proprio bella, ma interessante.
"La mia ex moglie, Mira."
"Sai che somiglia alla Sonia Bergamasco della meglio gioventù, il personaggio femminile della musicista che poi diventa una terrorista.. l'hai visto?"
"No, ma l'ho sentito tante volte commentare. Dici davvero? Lo dovrò vedere..."
"E come è stato? "
"Come è stato tutto, che ci siamo sposati e separati? Lei è vissuta ad Arezzo per qualche anno, la famiglia si era trasferita qui per lavoro, ci siamo conosciuti, ci siamo innamorati, credo, almeno io di sicuro. Mi piaceva tutto di lei, anche la sua durezza, quella faccia amara che faceva certe volte.. Ci siamo sposati. Eravamo giovani ma non così tanto, io avevo finito di studiare, mio padre voleva che diventassi direttore di un ufficio dove lui aveva lavorato tutta la vita come impiegato di basso livello, io dopo la laurea ho fatto un concorso proprio lì. In pochi anni sono diventato direttore.."
"In libreria in effetti un signore ti ha chiamato direttore .."
"Ma non lo sono più da tanto tempo! Quando mio padre è morto, una ventina di anni fa, ed ero già separato da Mira, mi sono accorto che stavo vivendo una vita che non m'interessava affatto, non mi fregava niente di essere direttore, era come se avessi dovuto pagare un debito che avevo con mio padre, o un compito che lui mi aveva assegnato.. non so se capisci.."
"Capisco eccome. " Disse lei. "Continua."
"All'epoca feci due conti. Non mi piace rischiare. Tastai il terreno e aprii uno studio di consulenze. Dopo sei mesi verificai che sarei sopravvissuto facendo solo quello e smisi di essere il Direttore. Diedi le dimissioni.  Il mio debito era pagato, potevo vivere la mia vita, per quanto possibile."
"Eri già separato.."
"Già, tu torni lì. Alle donne piace l'aspetto sentimentale...Che devo dirti, siamo stati insieme alcuni anni, poi lei è rimasta incinta. Era contenta, ma non del tutto. Lei non era mai del tutto contenta, era sempre presente un'ombra, sempre in vista un aspetto oscuro e amaro, vedi, mi torna questa parola. Amara, è una donna amara e in parte impenetrabile. Dopo che è nato Luca lei si è un pò depressa. Capita, le dicevo, mi ero documentato su questo disturbo della depressione post partum. Ma non le passava. Diventava rabbia. Lo vedevo nelle piccole cose che non mi sopportava più. Nei pasti in comune, brevissimi, si alzava a metà. Sai che è lì, al momento di mangiare insieme, che la gente si accorge di non amare più il proprio partner?  Una mattina, al ritorno dal lavoro, lei in casa non c'era più. C'era una lettera dove diceva che stava via qualche giorno, andava dai genitori che nel frattempo, dopo la pensione del padre, erano tornati in Friuli, che era il luogo d'origine, dove avevano ancora una casa. Dopo una settimana è tornata per prendere la sua roba. Non mi lasciava scelta, non mi lasciava la possibilità di provare. Mi disse che non mi amava più, mi aveva amato, ma ora in lei per me non c'era nient'altro che un affetto come per un fratello, che non voleva quello per sé e neanche per me. Che portava con sé il bambino e avrebbe cercato di mantenersi da sola, che non voleva niente da me, se non qualcosa per il bambino. Soffriva, piangeva spesso, ma era decisa. Mi provocò un dolore che non so raccontare, muto e inerme, sapevo che stava dicendo il vero, che aveva cercato dentro di sé e questa era la sua verità, che non avrei potuto trattenerla. La lasciai andare."
Vitamina ascoltava silenziosa e le venivano le lacrime agli occhi.
Poi disse"Allora tuo figlio è cresciuto lontano da te?"
"Sì. Lo vedevo, stava con me alcuni giorni al mese, stavamo da mia madre. Mia madre ha sofferto molto di questa situazione, non la capiva. Inutile dirle che era così e basta. " Si riscosse dal suo racconto.
"E ora è lui, mio figlio, a rimproverarmi di non esserci stato, di non aver avuto una famiglia come gli altri, nonostante che io abbia fatto in coscienza quello che potevo per essere un buon padre...Ora da la colpa a me. Quando capirà che è stata sua madre la responsabile di tutto questo sarò io a dover fare da pacere. Temo quel giorno più di quando se la prende con me adesso. "
Lei gli raccontò delle proprie figlie, dei loro rapporti, delle difficoltà. Gli disse: " Succede che loro hanno un potere su di noi, un potere che gli diamo noi, e dipende dall'amore che abbiamo per loro. Ogni persona o animale o cosa che amiamo ha un potere su di noi, se muore una delle mie piante soffro, perché la amo, in essa è riposto un pezzo del mio cuore. Mi duole il cuore se muore una pianta, mi duole più forte se soffre uno dei miei gatti o il mio cane. Non oso pensare alla perdita di uno dei miei. Quando stette male mia figlia da piccola all'idea che potesse morire pensai che non l'avrei lasciata andare sola, sarei andata con lei. Ma come si fa? Ci si impedisce di amare? Si vive una vita arida per non soffrire?"
"Ma l'amore non è tutto positivo, non è il motore delle cose? Tu eri cattolica, penso che tu sia  ancora cattolica, e come puoi parlare così?"
"Intanto non credo più di esser cattolica, non pratico più da tanti anni.. mi son fatta l'idea che bene e male, dolore e felicità sono così legati da esser impossibili uno senza l'altro, d'altra parte non puoi definire il bene se non conosci l'opposto..."
" Senti di che siamo finiti a parlare, dei massimi sistemi o giù di lì... cosa fai te, l'insegnante?"
"Faccio l'operaia."
Lui sembrò veramente stupito. "Eri brillante al liceo,  cos'è successo?"
"Te lo racconterò un'altra volta. Non fra trent'anni, spero. Piuttosto levami una curiosità, eri te che chiamavano Tertulliano, col nome del filosofo?"
Lui scoppiò a ridere così forte che sulle panchine vicine alcune persone sobbalzarono.
Rise parecchio e poi tolse di tasca un fazzoletto e si asciugò gli occhi che lacrimavano .
"Santa Madonna, che ridere! No non ero io. Ma vagamente ricordo, doveva essere qualcuno del gruppo di..." Fece alcuni nomi e allora Vitamina ricordò. No, non era lui che chiamavano Tertulliano.
"Mi hai fatto tornare ai tempi della scuola! Un  soprannome tipico di voi del Classico!"
"Perché, te non hai fatto il classico?"
"No, io ho fatto lo scientifico, ma sono uscito qualche volta con quel gruppetto che dici te, mi ci trovavo molto bene.."
"Mi vorresti dire, disse lei, che ho parlato per più di un'ora con uno quasi sconosciuto?"
" Ho l'impressione di sì. Credo che noi, trent'anni fa, abbiamo chiacchierato insieme sì e no tre o quattro volte!" La guardava con ironia, sorridendo.
Lei guardò davanti a sé pensando a quella curiosa giornata. Poi disse : "E ora vivi solo?"
"No. Ti sembro uno che sta solo?"
"Insomma. Sarà per quell'espressione "E' passata" riferita alla vita, che ancora mi risuona in testa... ma credo che in quel momento tu mi abbia funzionato da specchio per la mia malinconia, per certi sogni lontani nel tempo.." Glieli raccontò.
"Sogni perturbanti. "-disse lui. "Molto perturbanti..."
"E se non vivi solo con chi vivi?"
" Con una certa Valentina. La mia compagna da tredici anni. "
"Ma è tantissimo! Praticamente un matrimonio!"
"Praticamente. Sì."
"Tuo figlio ci va d'accordo?"
"Direi di sì. Lei non ha mai preteso di essere niente di più, per lui, che la mia compagna."
"Hai una sua foto nel computer?"
"No. No, non credo. O forse .."
Cercò un pò poi fu visibile la foto di un gruppo di persone e fra le altre lui indicò una donna di cui si
vedeva solo un lato della faccia sorridente. Aveva i capelli molto scuri e ricci. "Sembra proprio l'opposto di quell'altra. Non è un ritratto."
"No, è un caso che in questa foto ci sia anche lei."
"Chissà perché  hai una foto della tua ex moglie e non hai immagini di questa donna che mi pare sia adesso molto più importante, o almeno il tuo presente.."
"Forse perché non mi ha mai ferito?"
"Penso che sia un motivo valido, sì"
Lei gli fece cercare il proprio blog sul computer e gli mostrò una foto di suo marito che giocava col loro cane.
Si scambiarono ancora notizie e l'e mail e alla fine Vitamina gli chiese l'ora, lei non portava mai l'orologio, non ne aveva più uno che funzionasse e non portava con sé il telefonino. Vitamina si accorse che stava facendo tardi al lavoro. Gli chiese il permesso di scrivere un post su questo incontro, ma prima di pubblicarlo gliel'avrebbe fatto leggere, lui disse che non c'era bisogno, che si fidava, che avrebbe cercato di rivederla, di farle conoscere Valentina. Lei gli disse che faceva una vita talmente piccola che un incontro come quello poteva darle da pensare per dei mesi. Lui rise. Si abbracciarono come vecchi amici. Mentre si alzavano infreddoliti dalla panchina passò un uomo e salutò "Buon pomeriggio direttore!" "Vedi?" disse lui stringendosi nelle spalle. "E' una vita che non sono più direttore, che dirigo a malapena me stesso."
"Non dirlo a me!" disse Vitamina.

Aggiungo una poesia di Paul Eluard che mi pare in sintonia con tutto questo:


Non verremo alla meta ad uno ad uno,
ma a due a due. Se ci conosceremo
a due a due, noi ci conosceremo
tutti, noi ci ameremo tutti e i figli
un giorno rideranno
della leggenda nera dove un uomo
lacrima in solitudine.