Dopo l'alluvione in Sardegna 1
Qualche volta ho tentato di spiegare perché votavo per i verdi. E' una cosa complicata, perché al solito, per come io vivo le cose, ed è impossibile per me viverle in un altro modo, essendo quella che sono, tutto si mescola e le opinioni politiche sono espressione delle mie convinzioni profondissime sull'esistenza. Dentro la politica, che riesco a concepire solo come l'insieme delle questioni che riguardano la vita degli esseri umani, ci va a finire di tutto, la salute, i rapporti fra le persone, l'arte...Così ciò che altri esprimerebbero in tre parole in croce per me diventa un fiume quasi ingestibile.
Dunque: ero una ragazza che stava iniziando a spogliarsi dei primi orpelli, si era da poco sposata con un giovane che amava, viveva in campagna, aveva una certa quantità di tempo libero e ascoltava volentieri ciò che accadeva intorno a sé, sforzandosi di afferrare la lingua della natura che non siamo abituati ad ascoltare: non siamo indiani americani, né aborigeni australiani, ci insegnano più a studiare le leggi naturali che a porsi all'ascolto del mondo, che pure parla con una certa chiarezza.
Mi torna in mente un racconto di Mary Poppins. E' nata da poco l'ultima dei bambini Banks e dalla culla è in grado di capire perfettamente lo storno che le parla dal davanzale della finestra. L'uccello le dice che fra pochissimo non lo capirà più, non sarà più in condizione di parlare con lui e non ricorderà nemmeno di averlo fatto. Impossibile! ride lei. E' appena arrivata dalla fabbrica di tutte le cose e comprende tutto con una sapienza innata, che le arriva dalle profondità dell'eterno. Noi siamo come la piccola Banks dopo qualche giorno dalla nascita: ignoranti e incapaci di comprendere il mondo naturale di cui facciamo parte. Profondamente sepolti dentro di noi ci sono ancora, ci sono sempre stati, gli strumenti che ci permettono di capire e di orientarci, ma non li sappiamo usare e non vogliamo ritrovarli. Chiusa la parentesi.
La ragazza di cui parlavo aveva già fatto un bel pò di strada, da sola, con suo marito, e in parte in compagnia di una guida, che tutti chiamavano il professore. In effetti era un professore veramente. Un giorno lesse su un giornale un'intervista fatta a un certo Daniel Cohn Bendit, di madre francese e padre tedesco, entrambi ebrei, uno che aveva fatto il sessantotto sulle barricate, a Parigi, negli anni che lei era ancora alle scuole medie. Se lo ricordava in modo vago ma con una certa simpatia. Si soffermò a leggere l'intervista: era diventato un leader dei neonati Grunen tedeschi, i Verdi. Verdi. Che bel nome, pensò lei, e lesse. Mentre leggeva si riconosceva e pensava che questo qui, che viveva in Germania, stava mettendo insieme le stesse idee che elaborava lei in solitudine, nella campagna toscana. Che succede, pensò col batticuore, ci sono altri come me, come noi, nel mondo? C'è un'onda di pensiero che attraversa la società?
Vivendo in modo semplice e a contatto con la terra, ma anche con le varie notizie che arrivavano sull'inquinamento dovuto alle grandi fabbriche, a processi di produzione pericolosi per chi lavora e per chi ci vive vicino, si era fatta delle idee. Bisognerebbe provare, si disse, a mettere al centro del pensiero l'ambiente. Parola ormai abusata che ha perso quasi tutto il suo senso, ma la parola ambiente si può sostituire con l'altra parola, "casa", a cui è difficile sottrarre significato. La propria casa, il luogo in cui si vive, poi la campagna e comunque il terreno su cui è cresciuta la propria città, quello intorno ad essa e per esteso il Pianeta. E forse anche tutto lo spazio immediatamente intorno al pianeta, che l'uomo ha già cominciato a "sporcare". Scoprì che la parola eco-logia era infatti composta da oikos (casa) e logos (più o meno discorso). Provò, nei suoi pensieri, a mettere al centro il pianeta, cioè il luogo in cui tutti noi come specie viviamo. Scoprì che facendo questa semplice operazione di spostamento tutti gli altri pensieri anche loro dovevano cambiare posto, peso e qualità ed adeguarsi.
Qualcun altro aveva fatto una cosa simile nei secoli precedenti. Quando per esempio si era stabilito che non era la Terra al centro del sistema dei corpi celesti, (né tantomeno dell'Universo!), ma il Sole. Allora tanto più in là del Sole non si indagava, non ce n'erano gli strumenti, agli uomini di quel tempo sarebbe venuta una terribile crisi di identità a scoprire che perfino il Sole non è al centro di niente ma al lontano margine di una galassia neanche tanto grande. Questo aveva comportato un grande aggiustamento di pensieri che tutti avevano dovuto cambiare posto per adattarsi alla nuova visione eliocentrica. Un'altra grande crisi c'era stata con la teoria della relatività di Einstein...
Bene. Prima di mettere al centro la casa/ambiente è forse il caso di chiedersi perché. E in fondo il motivo è semplice: questa casa/pianeta è l'unica che abbiamo ed è anche l'unico posto in cui per noi come specie la vita è possibile. In passato si diceva: non esageriamo: la terra è tanto grande! Adesso ci rendiamo conto che la terra è grande ma gli uomini su di essa sono tanti, troppi e consumano troppe risorse di quelle che non si riformano, come il petrolio ed altre materie prime, emettendo contemporaneamente gas che riscaldano l'atmosfera, fra cui la famosa CO2.
Che succede se al centro si mette la casa/ambiente?
Per esempio... che quando si concepisce un'opera si deve pensare a quali effetti avrà sull'ambiente sia la sua realizzazione che la sua esistenza. Pensiamo ad una grande strada o ad una ferrovia...
Per comodità si sceglie di solito un tracciato piuttosto diritto e anche con pochi dislivelli, si sbancano interi pezzi di montagna, si bucano i monti.. gente che lavorava in questi posti e faceva l'agricoltore potrebbe non poter più lavorare, per esempio perché il terreno risulterebbe inquinato dai gas di scarico delle auto, ricaduta importante nel caso di strade ad alta percorrenza. I terreni agricoli verrebbero abbandonati e la zona risulterebbe complessivamente più povera e forse tornerebbe boscosa... Se poi si buca la montagna cosa si trova nelle rocce? Per esempio uranio, come in Val di Susa. Chi vorrebbe abitare in un posto dove si produce una polvere in grande quantità che contiene uranio radioattivo? Ci sono tecnologie che permettono di non far uscire questa povere dalle gallerie? Poi con questo materiale estratto cosa ci si fa? Dove si mette perché non faccia ammalare territorio e popolazione?
Oppure semplicemente bucando la roccia ci si trova a deviare falde acquifere e si lasciano interi territori senz'acqua, come è successo nel Mugello nei lavori per la direttissima. E magari l'acqua che prima servire a far vivere piante e animali ora finisce tutta nelle galerie appena realizzate. La presenza umana in quei luoghi è resa difficilissima e tutta la gestione del territorio cambia, fino a cambiare, pensa un pò?, il panorama. Chi ci va a pensare che possa cambiare il panorama? Quello stesso che, in Italia, si considera un patrimonio comune e attrae tanti turisti?
Tutte queste domande vengono fuori se si mette l'ambiente al centro, ma anche di più, per esempio ci si accorge che spesso ciò che è conveniente a breve termine non lo è affatto nel lungo periodo. Come per esempio è risultato conveniente per qualcuno nell'immediato, interrare rifiuti tossici nel terreno nei comuni del napoletano, perché c'è chi ha pagato per farlo e c'è altra gente che si è arricchita all'improvviso, ma poi si è visto che a lungo termine i costi veri e propri, nei termini di salute, di spese sanitarie, di inquinamento della terra sono molto grandi, superiori al guadagno immediato ...Una popolazione intera che si ammala di cancro molto di più che in altri posti, anche i bambini, e che muore, con tutti i costi delle cure e quelli, che non si possono tradurre in soldi, del dolore. Una terra che produce frutti avvelenati. Non ci avevano pensato, ma forse lo avrebbero fatto lo stesso, l'uomo come bestia ha un pensiero che per certe cose, non vede nel futuro a distanza maggiore di un anno, raramente raggiunge i cinque anni.
Queste cose che scrivo qui le pensavo io senza ancora riuscire a formularle perbene, le pensava Daniel Cohn Bendit in Germania, le pensavano molti altri perché non sono difficili da pensare neanche la prima volta, e qualcuno le ha tradotte in concetti che ora fanno parte della cultura, tipo per esempio la sostenibilità ambientale; questo è un concetto bellino che ha alle sue spalle una frase famosa: "La terra non è nostra, l'abbiamo in uso dalle generazioni future." Chi l'ha formulata per primo è un genio. Non è stato Papa Francesco, lui l'ha solo ripetuta.
Invece da quello che dicevo all'inizio, cioè il fatto che prima di fare una qualunque cosa si deve valutarne le conseguenze, è venuta fuori la VIA, valutazione d'impatto ambientale. Che grandissima rottura di palle! Dicevano i funzionari e gli impiegati dei comuni italiani, e sbuffavano. Non avevano capito nulla, chiaro. Credevano che si trattasse di un'ennesimo adempimento burocratico e questo tentavano di farlo diventare, perché se uno non ha capito a che serva la VIA non sarà in grado di compilarla, e forse neanche chi la deve valutare sa di che si tratta, così si continuerà a costruire nei letti asciutti dei fiumi, sulle terre mobili soggette a frane e poi ci si lamenterà tanto quando le case saranno portate via dall'acqua. Ma il lamento non sarebbe niente se poi non morissero tante persone.
So che annoio, so che è un discorso lungo e lo leggerà solo chi ha voglia e tenacia e interesse a sufficienza. Intanto serve a me per mettere perbene alcuni pensieri suscitati da quello che è successo in Sardegna, che non è più un evento straordinario e succede e succederà sempre più spesso perché determinato da una volontà diffusa purtroppo su scala planetaria, vedi conferenza di Varsavia.
Dunque: ero una ragazza che stava iniziando a spogliarsi dei primi orpelli, si era da poco sposata con un giovane che amava, viveva in campagna, aveva una certa quantità di tempo libero e ascoltava volentieri ciò che accadeva intorno a sé, sforzandosi di afferrare la lingua della natura che non siamo abituati ad ascoltare: non siamo indiani americani, né aborigeni australiani, ci insegnano più a studiare le leggi naturali che a porsi all'ascolto del mondo, che pure parla con una certa chiarezza.
Mi torna in mente un racconto di Mary Poppins. E' nata da poco l'ultima dei bambini Banks e dalla culla è in grado di capire perfettamente lo storno che le parla dal davanzale della finestra. L'uccello le dice che fra pochissimo non lo capirà più, non sarà più in condizione di parlare con lui e non ricorderà nemmeno di averlo fatto. Impossibile! ride lei. E' appena arrivata dalla fabbrica di tutte le cose e comprende tutto con una sapienza innata, che le arriva dalle profondità dell'eterno. Noi siamo come la piccola Banks dopo qualche giorno dalla nascita: ignoranti e incapaci di comprendere il mondo naturale di cui facciamo parte. Profondamente sepolti dentro di noi ci sono ancora, ci sono sempre stati, gli strumenti che ci permettono di capire e di orientarci, ma non li sappiamo usare e non vogliamo ritrovarli. Chiusa la parentesi.
La ragazza di cui parlavo aveva già fatto un bel pò di strada, da sola, con suo marito, e in parte in compagnia di una guida, che tutti chiamavano il professore. In effetti era un professore veramente. Un giorno lesse su un giornale un'intervista fatta a un certo Daniel Cohn Bendit, di madre francese e padre tedesco, entrambi ebrei, uno che aveva fatto il sessantotto sulle barricate, a Parigi, negli anni che lei era ancora alle scuole medie. Se lo ricordava in modo vago ma con una certa simpatia. Si soffermò a leggere l'intervista: era diventato un leader dei neonati Grunen tedeschi, i Verdi. Verdi. Che bel nome, pensò lei, e lesse. Mentre leggeva si riconosceva e pensava che questo qui, che viveva in Germania, stava mettendo insieme le stesse idee che elaborava lei in solitudine, nella campagna toscana. Che succede, pensò col batticuore, ci sono altri come me, come noi, nel mondo? C'è un'onda di pensiero che attraversa la società?
Vivendo in modo semplice e a contatto con la terra, ma anche con le varie notizie che arrivavano sull'inquinamento dovuto alle grandi fabbriche, a processi di produzione pericolosi per chi lavora e per chi ci vive vicino, si era fatta delle idee. Bisognerebbe provare, si disse, a mettere al centro del pensiero l'ambiente. Parola ormai abusata che ha perso quasi tutto il suo senso, ma la parola ambiente si può sostituire con l'altra parola, "casa", a cui è difficile sottrarre significato. La propria casa, il luogo in cui si vive, poi la campagna e comunque il terreno su cui è cresciuta la propria città, quello intorno ad essa e per esteso il Pianeta. E forse anche tutto lo spazio immediatamente intorno al pianeta, che l'uomo ha già cominciato a "sporcare". Scoprì che la parola eco-logia era infatti composta da oikos (casa) e logos (più o meno discorso). Provò, nei suoi pensieri, a mettere al centro il pianeta, cioè il luogo in cui tutti noi come specie viviamo. Scoprì che facendo questa semplice operazione di spostamento tutti gli altri pensieri anche loro dovevano cambiare posto, peso e qualità ed adeguarsi.
Qualcun altro aveva fatto una cosa simile nei secoli precedenti. Quando per esempio si era stabilito che non era la Terra al centro del sistema dei corpi celesti, (né tantomeno dell'Universo!), ma il Sole. Allora tanto più in là del Sole non si indagava, non ce n'erano gli strumenti, agli uomini di quel tempo sarebbe venuta una terribile crisi di identità a scoprire che perfino il Sole non è al centro di niente ma al lontano margine di una galassia neanche tanto grande. Questo aveva comportato un grande aggiustamento di pensieri che tutti avevano dovuto cambiare posto per adattarsi alla nuova visione eliocentrica. Un'altra grande crisi c'era stata con la teoria della relatività di Einstein...
Bene. Prima di mettere al centro la casa/ambiente è forse il caso di chiedersi perché. E in fondo il motivo è semplice: questa casa/pianeta è l'unica che abbiamo ed è anche l'unico posto in cui per noi come specie la vita è possibile. In passato si diceva: non esageriamo: la terra è tanto grande! Adesso ci rendiamo conto che la terra è grande ma gli uomini su di essa sono tanti, troppi e consumano troppe risorse di quelle che non si riformano, come il petrolio ed altre materie prime, emettendo contemporaneamente gas che riscaldano l'atmosfera, fra cui la famosa CO2.
Che succede se al centro si mette la casa/ambiente?
Per esempio... che quando si concepisce un'opera si deve pensare a quali effetti avrà sull'ambiente sia la sua realizzazione che la sua esistenza. Pensiamo ad una grande strada o ad una ferrovia...
Per comodità si sceglie di solito un tracciato piuttosto diritto e anche con pochi dislivelli, si sbancano interi pezzi di montagna, si bucano i monti.. gente che lavorava in questi posti e faceva l'agricoltore potrebbe non poter più lavorare, per esempio perché il terreno risulterebbe inquinato dai gas di scarico delle auto, ricaduta importante nel caso di strade ad alta percorrenza. I terreni agricoli verrebbero abbandonati e la zona risulterebbe complessivamente più povera e forse tornerebbe boscosa... Se poi si buca la montagna cosa si trova nelle rocce? Per esempio uranio, come in Val di Susa. Chi vorrebbe abitare in un posto dove si produce una polvere in grande quantità che contiene uranio radioattivo? Ci sono tecnologie che permettono di non far uscire questa povere dalle gallerie? Poi con questo materiale estratto cosa ci si fa? Dove si mette perché non faccia ammalare territorio e popolazione?
Oppure semplicemente bucando la roccia ci si trova a deviare falde acquifere e si lasciano interi territori senz'acqua, come è successo nel Mugello nei lavori per la direttissima. E magari l'acqua che prima servire a far vivere piante e animali ora finisce tutta nelle galerie appena realizzate. La presenza umana in quei luoghi è resa difficilissima e tutta la gestione del territorio cambia, fino a cambiare, pensa un pò?, il panorama. Chi ci va a pensare che possa cambiare il panorama? Quello stesso che, in Italia, si considera un patrimonio comune e attrae tanti turisti?
Tutte queste domande vengono fuori se si mette l'ambiente al centro, ma anche di più, per esempio ci si accorge che spesso ciò che è conveniente a breve termine non lo è affatto nel lungo periodo. Come per esempio è risultato conveniente per qualcuno nell'immediato, interrare rifiuti tossici nel terreno nei comuni del napoletano, perché c'è chi ha pagato per farlo e c'è altra gente che si è arricchita all'improvviso, ma poi si è visto che a lungo termine i costi veri e propri, nei termini di salute, di spese sanitarie, di inquinamento della terra sono molto grandi, superiori al guadagno immediato ...Una popolazione intera che si ammala di cancro molto di più che in altri posti, anche i bambini, e che muore, con tutti i costi delle cure e quelli, che non si possono tradurre in soldi, del dolore. Una terra che produce frutti avvelenati. Non ci avevano pensato, ma forse lo avrebbero fatto lo stesso, l'uomo come bestia ha un pensiero che per certe cose, non vede nel futuro a distanza maggiore di un anno, raramente raggiunge i cinque anni.
Queste cose che scrivo qui le pensavo io senza ancora riuscire a formularle perbene, le pensava Daniel Cohn Bendit in Germania, le pensavano molti altri perché non sono difficili da pensare neanche la prima volta, e qualcuno le ha tradotte in concetti che ora fanno parte della cultura, tipo per esempio la sostenibilità ambientale; questo è un concetto bellino che ha alle sue spalle una frase famosa: "La terra non è nostra, l'abbiamo in uso dalle generazioni future." Chi l'ha formulata per primo è un genio. Non è stato Papa Francesco, lui l'ha solo ripetuta.
Invece da quello che dicevo all'inizio, cioè il fatto che prima di fare una qualunque cosa si deve valutarne le conseguenze, è venuta fuori la VIA, valutazione d'impatto ambientale. Che grandissima rottura di palle! Dicevano i funzionari e gli impiegati dei comuni italiani, e sbuffavano. Non avevano capito nulla, chiaro. Credevano che si trattasse di un'ennesimo adempimento burocratico e questo tentavano di farlo diventare, perché se uno non ha capito a che serva la VIA non sarà in grado di compilarla, e forse neanche chi la deve valutare sa di che si tratta, così si continuerà a costruire nei letti asciutti dei fiumi, sulle terre mobili soggette a frane e poi ci si lamenterà tanto quando le case saranno portate via dall'acqua. Ma il lamento non sarebbe niente se poi non morissero tante persone.
So che annoio, so che è un discorso lungo e lo leggerà solo chi ha voglia e tenacia e interesse a sufficienza. Intanto serve a me per mettere perbene alcuni pensieri suscitati da quello che è successo in Sardegna, che non è più un evento straordinario e succede e succederà sempre più spesso perché determinato da una volontà diffusa purtroppo su scala planetaria, vedi conferenza di Varsavia.