Memoria olfattiva, dove ti porta un sedano rapa

Ieri ho cucinato un sedano rapa. Strano ma vero, l'avevo comprato qui a Ciggiano, nell'unico negozio che abbiamo, che, dopo la chiusura del gruppo Despar, si è dato un nome: la Bottega. Prima c'era scritto Despar, ma la Despar è fallita, e questo nome io lo interpreto così: che si esiste, come attività commerciale, indipendentemente dalle varie catene, che si ha una propria dignità e soprattutto una propria clientela affezionata.
E' una bottega dove c'è dentro di tutto, uno specie di spaccio del Far West, l'ultimo avamposto della civiltà qui da noi, gestito da una famiglia intera, babbo e mamma e due figliole grandi gemelle: una delle due ha avuto due gemelle anche lei  e le bambine, sono spesso in negozio, cosa che da una sana idea di continuità della vita. Oltre alla bottega a Ciggiano c'è una farmacia e parecchi anni fa c'era un bar. Nei locali del bar ora hanno aperto un ambulatorio medico. Anche Ciggiano è un paesino con tanti vecchi. Il figliolo dell'Antoinette ha osservato : "Dove c'era il bar c'è il dottore: s'ha a andar bene!"
Insomma ho comprato un bel sedano rapa. E' strano trovare un sedano rapa a Ciggiano, parecchia gente non sa neanche cos'è, figuriamoci se lo mangia! 
Quando li vedo non resisto, ma non perché mi piacciano alla follia. Mi ricordano cose del passato, quando, i primi anni che avevamo aperto l'Erba Salvia, arrivavano questi vegetali  bio sconosciuti: sedano rapa, daikon, cavolo rapa, cavolo cappuccio rosso, cavolo cinese, pomodori canestrini, mele di tante varietà, carciofi sardi spinosissimi, questi ultimi vere armi, che era difficile maneggiare. Il quel buco di negozio arrivava una gamma di verdure e frutta ( le prime carambole, o babaco, le abbiamo avute noi) che Arezzo non aveva mai visto neanche col binocolo, venivano da tutta Italia, e perfino da tutto il mondo, raccolte da Biofrutti, poi da Farnia e poi da Ecor, e commercializzate. Assaggiavamo tutto, perché se volevamo vendere vegetali sconosciuti dovevamo saper consigliare un modo per cucinarli.
Erano tempi non facili, ma le bambine erano piccole ed eravamo abbastanza felici.
Non resisto al sedano rapa. Ne abbiamo mangiato un pò grattato nell'insalata, il resto l'ho lessato a grossi pezzi. Mentre si cuoceva si spargeva in cucina e fuori il suo odore, che è, sì, odore di sedano, ma più acuto e penetrante, perfino un pò fastidioso, un odore che ti arriva diretto alla testa, e quando è cotto, si sente di meno.

Quest'odore mi ha di nuovo riportato indietro, risucchiato al 1990, almeno credo, o forse 1991. Avevano organizzato una delle prime assemblee dei Verdi a Cortona. Una delle mie socie era la Fulvia, una donna trentina con ascendenti slavi più grande di me di 11 anni, con i capelli corti rosso henné, magra, col fisico di un felino, maschile, brusca, e in certi momenti dolcissima,  sempre dolce la voce, con quell'accento gentile. La Fulvia ci metteva un pò soggezione, a me e all'altra ragazza, perché era più grande e perché aveva lavorato in un negozio del biologico a Firenze, un negozio che stava in un seminterrato e per arrivarci bisognava scendere una piccola scala a chiocciola, nell'androne di un grande palazzo dell'800, ed era scomodissimo. Quando noi aprimmo era gestito da persone che avevano ancora meno di noi una vocazione commerciale e quando servivano i clienti sembrava pensassero sempre ad altro, persi nell'empireo. Nonostante questo il negozio era sempre pieno.
Ma certo, era Firenze, e non Arezzo. 
La Fulvia aveva esperienza, e conosceva tutti, nel settore, in Toscana, e anche molti in Italia. Era un ambiente, quello del biologico di quegli anni, di poche persone e poche aziende agricole, ma quasi tutte mitiche.
 Telefonò da Firenze Giannozzo Pucci, un leader storico dei Verdi toscani, quello che ha fondato la Fierucola, per intendersi , che è stato uno dei primi mercati del biologico, dell'artigianato, dei lavori ecosostenibili in generale.
La Fulvia dava del tu a Giannozzo, che le chiese se potevamo presenziare all'assemblea dei Verdi che si teneva al teatro Signorelli di Cortona, con un banchino all'ingresso. Anche se avevamo aperto da poco eravamo, alla fine, il negozio bio più vicino. Non saremmo stati soli, ci sarebbero stati con noi anche altri, con artigianato e altre cose, ma ora che è passato tanto tempo mi ricordo solo la Lucia con suo marito, che giravano i mercati facendo i Necci, una specie di crepes di farina di castagne che si mangiano così o ripieni di di ricotta, caldi,  e sono buonissimi. La Lucia veniva da un paesino della montagna pistoiese e io la conoscevo già, avevamo fatto insieme un altro mercato a Vallombrosa, un anno prima, per tutti i fine settimana dell'estate. 
Organizzammo questo banchino e la Fulvia era il leader incontestato della faccenda: per quel fine settimana restammo al freddo, un vero freddo penetrante e insidioso del mese di febbraio, se la memoria non m'inganna. Il banchino il venerdì ebbe uno scarso successo, era più una testimonianza che altro, senonché il sabato telefonò di nuovo Giannozzo Pucci chiedendo se era possibile organizzare una specie di pranzo per la domenica. La domenica infatti i partecipanti all'assemblea avrebbero dovuto votare e non potevano allontanarsi troppo per mangiare: gli si poteva offrire noi un pranzo bio a costo molto contenuto, magari vegetariano?
Ma certo che sì, disse la Fulvia. La Fulvia era difficile che dicesse di no, le difficoltà erano tutte, per lei, superabili.  Così organizzammo anche quel pranzo, con delle pentole a pressione, col coperchio ermetico, piene di fagioli, e altre piene di riso integrale, che venivano, almeno due, dalla cucina di casa mia, mentre la Fulvia portò appunto anche del sedano rapa lessato a fette. Avevamo una cassa si sedano rapa difficile da smerciare. Ecco perché il sedano rapa.
Mi ricordo che faceva un freddo cane e la Lucia ci aveva prestato il fornello dei necci con la bombola del gas per scaldare le pentole, e noi servivamo, per una cifra irrisoria, dei gran piatti di riso, fagioli e fette di sedano rapa con olio extravergine. Imbacuccate per il vento gelido, in piedi, in mezzo alla strada, (ora sarebbero venuti i vigili sanitari e ci avrebbero portate via di forza), offrivamo un mangiare, a ben guardare, che neanche il padre guardiano della Verna avrebbe consumato con tanta gioia, ma siccome i delegati non si potevano allontanare finimmo quasi tutto. Quello che avanzò si mangiò noi, probabilmente, perché il sapore del sedano rapa mi riporta sempre lì, a quelle giornate fredde e ventose, ma belle. Questo tipo di mangiare era comune fra gli ecologisti, allora. C'era un delirio di integrale, fatto a mano, macrobiotico, senza grassi animali, una specie di nuova religione del cibo che m'inquietava un pò, di cui ho parlato altre volte, a cui io non ho mai del tutto aderito, ma ci sono rimasta invischiata lo stesso.
Ad un certo punto entrai nel teatro, in cui speravo si parlasse di cose essenziali per il nostro futuro di abitanti del pianeta Terra, e c'erano giovani, soprattutto giovani come noi, di tutti i tipi, colorati, vestiti in modo approssimativo, che discutevano animatamente e con grande fervore: ci doveva essere, fra loro, Alexander Langer, e Grazia Francescato e tanti altri. Uno salì a parlare, con un golf tipo tirolese e una sciarpetta ed era molto determinato, mi sembrò un pò diverso dagli altri, si chiamava Alfonso Pecoraro Scanio.
Che nome! Pensai io. Un nome da avvocato, o da nobile decaduto. 
Tornai al nostro banchino. Loro dentro a parlare e noi a lavorare in uno dei mestieri verdi. Quando tornai a casa, la sera, e mi potei scaldare bene, guardando la mia piccola famiglia ebbi la sensazione di aver partecipato ad una cosa utile per tutti noi. In che modo utile non lo sapevo dire, ma era per quel genere di cose che si modificava in meglio il futuro.

Ho incontrato la Lucia dei necci ad una fiera un paio d'anni fa. L'ho salutata con affetto e ho visto che non mi riconosceva. Le ho detto che avevamo fatto dei mercati insieme tanti anni prima. "Sai, mi dispiace, ma ne ho fatti tanti, di fiere e mercati, che non mi ricordo più di tutti."
I suoi Necci sono ancora buonissimi.
La Fulvia se ne è andata l'anno scorso. Abbiamo lavorato insieme cinque anni in un rapporto non sempre facile, (io con le donne non avevo rapporti facili, ero molto condizionata da quello con la mia mamma, che tendevo a ripetere, ora va meglio), ma le ho voluto tanto bene. L'ho sognata tante volte, ultimamente.