incontrare Gino Strada

Nel 2004 lavoravo in città. Per andare al lavoro parcheggiavo alle scale mobili, un parcheggio che è indicato come "Pietri", per chi non è aretino. Salivo fino in piazza del Comune, davanti all'ingresso principale del Duomo, e poi andavo da lì a lavorare. Arrivavo intorno alle 16,30. Bisogna che dica come è bello passare dalle scale mobili. La prima volta che lo feci percorsi i vari tratti, che si possono salire con le scale mobili o con quelle fisse, e arrivata in cima entrai in un palazzo, che mi pare sia una parte del palazzo vescovile, e percorsi un corridoio a piano terra, al termine del quale c'è una porta. La porta si apre proprio in piazza del Comune, accanto alla scalinata di pietra che sale all'ingresso del Duomo, che si trova a sinistra; davanti ci sono il palazzo medievale del comune e quello novecentesco
della provincia, sulla destra c'è il palazzo del vescovato e sulla sinistra si intravedono gli alberi del Prato, il più antico parco pubblico; insomma: è come entrare in un bel salotto antico. E' sorprendente.  E' la mia città e per quanto per certi versi non la sopporti le appartengo, ci sono nata e la trovo molto bella. Un pomeriggio dell'estate 2004 arrivando in Piazza Duomo, che era abbastanza affollata di turisti, incontrai Gino Strada. C'era Arezzo Wave e lui era stato chiamato a partecipare, questo lo lessi poi sul giornale. Immaginate di andare al lavoro come tutti i giorni di fretta, con tutt'altri pensieri in testa, e incontrare, quasi andandoci a sbattere, quest'uomo molto alto e molto noto, sottobraccio con una signora bellissima, che aveva un bel cappello con la tesa, da sole, di quelli che stanno bene solo alle donne molto eleganti e con una forte personalità. Avevo visto la signora Teresa Sarti, la moglie, in televisione e nelle foto, ma mi sembrò così giovane e bella che pensai per un attimo fosse sua figlia. C'era qualcosa di speciale in quella donna, qualcosa di molto lieve e anche molto forte, una grande anima generosa. Feci una cosa che mi capita a volte di fare, dissi a voce alta, "ma lei è Gino Strada!" e gli diedi un bacio sulla guancia, costringendolo a chinarsi. La moglie si mise a ridere, io dissi che ero stupita e felice di incontrarli, e che ammiravo quello che facevano, e lui disse qualcosa sul fatto che se ero d'accordo con loro non restava che sostenerli contribuendo in qualche modo al lavoro di Emergency. Questione di due minuti, me ne andai di corsa per non fare tardi ed ero felice e  tutta illuminata dall'incontro, e anche sorridente per tutto il resto della strada. Una coppia bellissima, in armonia, sottobraccio, sorridenti. 5 anni dopo, nel 2009, Teresa sarebbe morta per malattia. 
Arrivai al ristorante e c'era il mio datore di lavoro a cui raccontai quello che era successo, raggiante. Volevo solo condividere un momento di felicità, ma lui ebbe una reazione che non mi aspettavo. Disse, alzando parecchio la voce, che quello, Gino Strada, era uno che si era potuto permettere di fare l'eroe, che si vede che aveva tempo da perdere, che non doveva aver avuto problemi nella vita, che cavolo ci andava a fare in giro per il mondo a salvare la gente, che voleva dimostrare, e tutta una serie di cose insensate e immotivate, in cui tutto ciò che veniva fuori era rabbia e frustrazione, perfino odio nei confronti di chi riesce a fare cose buone e nobili e mobilitare energie umane intorno a obbiettivi importanti e difficili da raggiungere. Poveretto, c'era da chiedersi cosa lo avesse portato a quel punto dove si trovava. Assalita in quel modo rimasi male, ma quello mi dava da lavorare e non potevo mettermi a litigare, oltretutto sarebbe stata una lite inutile in cui ognuno sarebbe rimasto delle sue idee, e di sicuro ci saremmo tutti e due molto arrabbiati, tanto valeva non iniziare nemmeno. Stetti zitta, e da allora è una cosa che ho fatto moltissime volte. Non piacevole per me che ho idee precise e forti e sono abbastanza focosa. 

Ci ripenso spesso in questo triste periodo in cui si vuole deviare tutta l'attenzione pubblica sulle ONG che pattugliano il mare alla ricerca di gente che scappa da torture e morte andando incontro ad una morte diversa  o a innumerevoli altre difficoltà, soltanto differenti, nella speranza che siano almeno affrontabili. I cattivi sono diventati quelli si impegnano a favore dell'umanità, c'è proprio una campagna contro di loro, la capitana della nave Sea Watch è definita dai giornali di destra una pirata, una che viola le leggi.  Con un Parlamento come il nostro ci vuole niente a far approvare leggi che contrastano con le leggi umane fondamentali, basta ricordarsi che anche quelle razziali erano leggi. Il problema è che gli umani non hanno neanche in testa, o almeno non tutti, le tre leggi della robotica che Asimov si era inventato per i robot. Sarebbe utile per davvero. Da qui al totalitarismo c'è proprio solo un passo. 

C'è un ribaltamento completo che si giustifica in parte col fatto che gli stranieri, "lo straniero", fa paura, è diverso, ha abitudini non igieniche, come chi piscia per strada contro i cespugli, e ad Arezzo ne ho visti anche tre tutti in fila uno accanto all'altro. Oppure ha pratiche qualche volta crudeli e disumane, come quelli che fanno infibulazione e circoncisione in casa ai propri bambini, con coltelli da cucina, con la massima naturalezza, come facevano al paese loro, ma qui ci sono ospedali e regole, come quella sacrosanta e universale per cui il corpo femminile non si può menomare. I nostri medici, negli ospedali, si arrabbiano molto e si sentono impotenti davanti a certi scempi. Qualche volta lo straniero delinque, come fanno spesso quelli che vengono dai paesi dell'est, o quelli delle varie mafie cinesi e nigeriane; si comporta in modo non adatto, è avvertito come invasore. Obbliga a cambiare, ad alzarsi dalla posizione magari neanche comoda, ma nota, conosciuta, che fa meno paura e questo in un paese di vecchi è faticoso. Obbliga a ricominciare daccapo, avevamo smesso noi da poco di fare certe cose sbagliate, e ora arrivano tutti questi che non sanno niente. Separazione dei rifiuti, corretto smaltimento, regole, leggi piccole e grandi a cui noi ci sottomettiamo di malavoglia per loro sono spesso solo sciocchezze incomprensibili. Sciocchezza incomprensibile, per esempio, anche questo fatto che si condanni l'alcolismo, a parole, perchè poi i giovani, giovani italiani, si invitano continuamente a bere e consumare stupefacenti, considerandoli solo consumatori di un grande mercato lecito e illecito, carne da macello per le organizzazioni criminali come manodopera e soprattutto come "utenti" da spremere. 

Ci sono popolazioni che bevono moltissimo, in tutte le feste, e anche a casa propria, e non ci trovano niente di male, e se parli con questi di dipendenza si mettono a ridere, salvo poi arrivare facilmente alla cirrosi. Oppure causare problemi seri e incidenti nei luoghi di lavoro o alla guida di veicoli perchè sono ubriachi. Il mio collega filippino, che ammira moltissimo il proprio presidente Duterte, che descrive come un misto inquietante fra San Francesco e Mussolini, dice che nella Filippine c'è moltissima droga, che sono i cinesi a diffonderla e guadagnarci, ma che è una cosa che si fa di nascosto, non come qui, che in piazza Sant'Agostino, salotto buono di Arezzo, la sera se la scambiano, droga e soldi, senza vergogna e sotto gli occhi di tutti. 

Ah no, da me non aspettatevi che sia buona a priori, io con gli stranieri ci ho lavorato e ci lavoro e ne ho viste abbastanza per pensare che tutto vada bene e se ne debbano accogliere all'infinito. Ma tanto ci toccherà che lo vogliamo o no, perché l'Africa, per esempio, resta una terra di rapina per molte aziende che vogliono pagare poco le materie prime, che hanno interesse che in molti paesi governino piccoli crudeli dittatori con cui trattare più vantaggiosamente. E davanti a tutto questo si risponde con l'irrigidimento, la chiusura, la violenza, ma poi questi stranieri si fanno entrare nelle case, come badanti, come personale di servizio, e si dice che sono bravi, che puliscono bene, perchè non importa che sia vero, solo non lo vogliamo più fare noi e vogliamo anche spendere poco. Così come vogliamo pagare poco il cibo, e non ci importa, non vogliamo sapere che a produrre questo cibo non caro sono nuovi schiavi, in luoghi d'italia dove le leggi sul lavoro non contano niente, e neanche quelle umane fondamentali, perché le ragazze vengono violentate, si rialzano e tornano a lavorare, e non hanno gabinetti e neanche acqua potabile a disposizione, e posti puliti e decenti per dormire e va bene così perchè in questo modo il cibo che troviamo sul banco del supermercato e che mangeremo oggi e domani costerà poco, un prezzo forse adeguato allo stipendio striminzito o alla piccola pensione che abbiamo, anche se è così pesantemente inquinato non tanto dai pesticidi ma dall'ingiustizia che non può farci davvero bene, non può essere davvero sano. Va bè, è una sparata lunga e inutile, che ne dite? Io lo penso davvero, che sia un'analisi poco utile, e anche approssimativa, solo un'immagine contraddittoria ma credo realistica, eppure una cosa è sicura come la morte, che siamo in un periodo abbastanza di merda.
Non me la sento di finire così questo post e mi viene in mente una trasmissione televisiva su Emergency, dove si vedeva la sede di allora e i volontari che ci lavoravano. L'intervistatore chiedeva che stavano facendo e una signora diceva che stava ritagliando tutti gli articoli comparsi sui giornali che parlavano dell'associazione, e un'altra prendeva nota delle donazioni. Diceva, questa donna, che si trattava di un lavoro molto lungo e noioso e che aveva detto alla Teresa (Teresa Sarti, moglie di Gino) che lei quel lavoro lì se la pagavano non l'avrebbe mai fatto, per quanto era noioso. Lo faceva perchè era gratis! Mi fece morir dal ridere, e questa è l'Umanità, fare cose che non faresti mai, e invece le fai perché hai un grandioso motivo. Si nasce animali, che di per sé non sarebbe male, se non che siamo fra i peggiori animali, e se siamo bravi e ci si impegna si diventa Umani. La vita è un cammino di Umanizzazione, come dicevano al mio corso per consulente famigliare. Diventiamo umani, non c'è altra via.