Qui da me

Qui da me, quando siamo venuti ad abitarci, abbiamo trovato un albero di Natale vicino alla casa, piantato su un cumulo di macerie lasciato dai muratori  quando, alcuni anni prima, avevano ritrutturato. Lo lasciai fare, anche perché è un abete bianco, di quelli che hanno due linee chiare nella parte inferiore dell'ago, abies alba, alberi bellissimi e abbastanza resistenti alla siccità e al calore. Sarà stato un metro e mezzo e ora, passati quasi vent'anni, è più alto della casa. E' bello e fa tanta compagnia. Capisco che non ci si crede, ma parla. Parla come fanno gli alberi e sembra felice, della felicità degli alberi. L'ho detto altre volte: anni fa, molti, ripulii dalle macerie per quello che potevo intorno all'albero perché anche quella zona diventasse giardino e ricavai delle pietre grandi con cui costruii intorno all'abete un muretto di "ordine", più che altro. L'abete a un certo punto ha spaccato il muretto con una fenditura verticale. In questi giorni ho lavorato lì davanti per ripulire dalla erbacce. C'è una salvia microphilla rossa che è diventata troppo grande, ha invaso e coperto un'aquilegia, e da fastidio agli eremurus e l'ho potata, sempre con qualche dubbio, quando intervengo su piante così grandi e legnose. C'è anche una peonia arbustiva a fiore giallo e una a fiore bianco, due rose e altre cose. Il tutto doveva essere contenuto da due file di lavande che però si stanno seccando oppure sono anche loro troppo esuberanti, insomma niente è andato secondo la mia idea, ma è bello ugualmente.  Ieri lavoravo a una distanza di qualche metro dalla base dell'abete e dappertutto c'erano le sue radici a esplorare, come a farmi compagnia. All'ombra dell'abete ho fatto un cumulo di compost. Ce l'ho fatto perché c'è sempre ombra e per dar da mangiare all'abete. Ieri toglievo il composto maturo per spargerlo in giro e ho trovato in mezzo le sue radici che erano salite in verticale dentro il cumulo, sopra il livello del terreno. Intraprendenza vegetale! 

E' tornato il mio vecchio tagliarba che era stato a riparare per la terza volta. Ho preso coraggio, superato le malinconie e ho cominciato a ripulire. Dopo qualche ora di lavoro distribuita per forza di cose in alcuni giorni tutto sembra più bello. Certe erbe cresciute enormemente hanno sommerso i tulipani spuntati da poco e per toglierle come al solito ho fatto qualche danno. Ho tolto alcune piante che erano troppo in mezzo e ho allargato gli spazi erbosi. Come mai mi ero ridotta a sentierini angusti? Per piantare, piantare roba, che è l'equivalente di accumulare. Piante che poi, troppo fitte, muoiono. Invece ora è il momento di togliere, evidentemente. Quando eravamo bambini una o due volte l'anno andavamo a trovare degli zii che vivevano a Foligno. Lui era ingegnere e lei maestra. Avevano una villetta con giardino in cui abitavano con la sorella della zia  e suo marito. Le ultime volte che siamo andati erano ormai tutti in pensione. Due coppie mature che convivono apparentemente senza troppi problemi. Era una bella casa a due piani, con tante stanze, e un paio di volte ci hanno ospitato per la notte. Era uno zio della mamma, lo zio Michele, un bell'uomo alto, mentre la zia sembrava uscita da un libro dell'800, il libro cuore, forse, soprattutto per quel modo di tenere i capelli coraggiosamente grigi in un'acconciatura antiquata. Gelosissima del bel marito. La zia Isa, così si chiamava, diceva esso e essa al posto di lui e lei, un modo di dire umbro, e mi sembrava buffo. Gli altri due sembravano un pochino sopra o sotto le righe, e la signora Lucia, così si chiamava la sorella della zia, assomigliava tanto a una delle signore del fim "arsenico e vecchi merletti". Ora che ci penso forse c'era un problema di demenza e gli zii se ne prendevano carico. La casa non era antiquata o ammuffita, come certe case di persone di una certa età, era pulitissima e arredata con gusto. Di questa casa quando ero bambina mi piaceva un bagno, più di tutto, e del bagno mi piaceva la seggetta del water, che era di legno. Non avevo mai visto un sedile del bagno di legno e volevo fare la pipì lì.  Sui quattro lati c'era il giardino, una striscia tutto intorno alla casa, e quello anche mi piaceva molto perché era chiuso da una siepe quasi dappertutto salvo il pezzettino dell'orto, che era lasciato al sole. Il resto era fatto di stanzine vegetali tutte chiuse, una di agrifoglio, una di pittosforo, una di ligustro, dove avevano sistemato delle seggioline e tavolini bianchi di ferro battuto, e sentierini in ghiaia per collegarle. Queste stanzine chiuse nelle ultime visite mi sembrarono sempre più, prima noiose, poi asfittiche, e ora penso che non volessero farsi vedere dai passanti, che fossero un po' chiusi all'esterno. Ecco, ultimamente il mio giardino era diventato un po' troppo asfittico e perciò ho arieggiato. La foto è degli zii e di noi cugini. Qui ci vuole un cuoricino.