tag:blogger.com,1999:blog-65464530243887676492024-03-18T01:08:25.055-07:00Iris e LibelluleSoulkeyhttp://www.blogger.com/profile/17855573619167889533noreply@blogger.comBlogger524125tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-50720196294133298732024-03-09T01:09:00.000-08:002024-03-09T10:11:54.623-08:00Bruce Cockburn, questione di anima<p><span style="font-size: large;"> Non ho proprio idea del perché, ma non compaiono più i vecchi commenti e nemmeno di nuovi. Quelli vecchi però li ho tutti da parte, per me sono una ricchezza oltre che una testimonianza. Continuo a mettere qui pensieri e continuerò finché ci troverò un senso. Il pensiero di stamani:</span></p><p><span style="font-size: large;">Ieri Mauro è stato dalle parti di Pisa, a Castelfranco di sotto a sentir suonare Bruce Cockburn. Lo segue da tanti anni. </span></p><p><span style="font-size: large;"> </span></p><p><span style="font-size: large;"><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Bruce_Cockburn"></a></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://brucecockburn.com/wp-content/uploads/bruce_cockburn_tacoma_rialto_photo1_daniel_keebler.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="533" data-original-width="800" height="533" src="https://brucecockburn.com/wp-content/uploads/bruce_cockburn_tacoma_rialto_photo1_daniel_keebler.jpg" width="800" /></a></span></div><span style="font-size: large;"><br />Bruce Cockburn è canadese e sembra che oltre che suonare e comporre faccia molte altre cose. Mauro è andato con due amici, S., più giovane di parecchi anni, non ancora sessantenne e M., più o meno coetaneo. Sono stati via tutto il giorno e sono tornati che io dormivo già da parecchio. </span><p></p><p><span style="font-size: large;">Stamani il racconto è stato emozionante. Il concerto si teneva in un locale di una Casa del popolo che poteva contenere un centinaio di persone e era pieno. <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Bruce_Cockburn">Bruce Cockburn</a> ha 79 anni e è arrivato quasi piegato in due e sorreggendosi con dei bastoni, per cui M. si è impressionato e si è chiesto come poteva suonare. Ma una volta presa la chitarra è stato un crescendo e una fusione col pubblico. M. si è molto commosso, e anche Mauro e l'altro amico. Cosa fa spostare un uomo anziano da casa sua, lo sottopone a un tour de force difficile per l'età e le condizioni di salute se non il desiderio di condividere la propria vita, le proprie conquiste interiori, la propria anima? E' una volta di più una questione di anima e di amore. Grazie anche per quello, moltissimo, che è passato a mio marito. </span> </p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-12100829384873064692024-03-07T00:59:00.000-08:002024-03-18T01:07:54.157-07:00quando il giardiniere se ne va<p><span style="font-size: large;">In uno dei gruppi facebook di giardinaggio che seguo una donna di età non specificata diceva di aver ereditato il giardino della nonna e che le piante stavano morendo TUTTE. Poi ha specificato: è morto un limone, che lei ha tolto e ci ha piantato un altro limone, che è morto anche lui. E' morto un grande rampicante. E dei gerani manifestano poca salute. Un giardino, ha detto, che andava avanti da solo e ora invece...</span></p><p><span style="font-size: large;">Ho messo un commento. </span></p><p><span style="font-size: large;">Prima cosa: dove è morta una pianta non se ne mette un'altra uguale. E' come mettere un sano a dormire dove è morto un malato di una malattia contagiosa senza cambiare la biancheria, forse occorrerebbe cambiare perfino il materasso. Facilmente il limone nuovo si è ammalato come quello prima di lui per gli stessi motivi. La terra è viva e dopo una morte deve rigenerarsi, magari dopo un po' può ospitare senza danno una pianta di una famiglia completamente diversa.</span></p><p><span style="font-size: large;">Seconda cosa. Be': non sono morte proprio tutte le piante, magari un paio grandi, e fa effetto, sono d'accordo. Ma se da me morisse la bignonia che ho piantato per sbaglio davanti casa e ora impesta tutto pollonando in giro, sarei felice. Insomma cerchiamo di ridimensionare prima di farci prendere dal panico. Lo dico io che col panico ci ho a che fare spesso.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Terza cosa. Quando il giardiniere muore o se ne va, il giardino attraversa un periodo di lutto. A cosa sia dovuto è questione di interpretazione. Faccio un esempio.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Molti anni fa, anno 1997, lasciammo il primo posto in cui avevamo abitato, e lo facemmo proprio di questi tempi, il 10 febbraio. Un podere sulle colline intorno a Arezzo, dove avevo coltivato un primo giardino. Non dico quante piante c'erano fra erbacee e arbusti, non me le ricordo più tutte, molte me le avevano regalate, ma anche moltissime le avevo comprate ai mercati e nelle prime fiere di giardinaggio. Era un posto difficile, terra poca, tanti sassi di bisciaio, quel tipo di suolo dove da noi crescono bene olivi e viti e poco altro. Mi ero data tanto da fare: riportando grandi quantità di terriccio di foglie e facendo il composto in 14 anni ero riuscita a migliorare molto certe zone per poterci coltivare tante cose. Avevo qualche rosa antica: una Cécile Brunner dai fiori in miniatura, una Nozomi, una Cornelia. Delle moderna Sevillana rosa e rosse. Altre rose le aveva comprate la mamma, pensate un po', all'UPIM, a radice nuda, anni prima che io cominciassi a lavorarci. Colori squillanti che al sole diventavano presto grigi. Avevo bulbi in quantità, lavande, arbusti...Poi fummo costretti a andarcene da un momento all'altro, nel giro di pochi mesi, anche con molta confusione e dolore, e non potevo portare le mie piante con me, quindi restò quasi tutto lì. Portai via un piccolo frassino e una feijoa, che ora qui fa i frutti e ci faccio la marmellata. Ora hanno più di 38 anni. Davanti all'ingresso di quella casa mia madre molti anni prima aveva piantato un pruno da fiore doppio molto bello, ma che soffriva sempre, finché morì e restò il portainnesto, un susino selvatico a fiori piccoli e bianchi che il primo anno era bruttino, ma già il secondo diventò più grazioso e non lo tolsi come avevo intenzione di fare. A primavera era una nuvola bianca, con questa fioritura fine, ma fittissima e abbondante, era diventato un albero e in estate faceva delle susine rosse non tanto buone, piccine, ma tantissime. Avevo ottenuto una rosa banksiae da talea di una pianta che cresceva lungo il muro di una villa lì vicino. In pochi anni aveva raggiunto la cima di un cipresso e ci fioriva sopra, uno spettacolo. Certo in estate mi preoccupavo di non farla morire di sete. Tenevo anche delle piante in vaso sotto al susino, che beveva l'acqua delle annaffiature, ma erano tutte normali cure fatte quasi senza pensare. Sotto una pergola di viti avevo messo delle peonie arbustive e erbacee, alternate con dei ciuffi di acanto. Ora non lo rifarei, l'acanto è invasivo e nel tempo avrei dovuto toglierlo se volevo far vivere le peonie. Sono solo pochi esempi. Dopo poco che siamo andati via ho saputo da chi ci viveva che sono morti la banksiae accanto al cipresso, che sembrava ormai assestata, che non avesse paura di niente, e il susino davanti casa. Saperlo mi ha fatto male al cuore, se fossi stata lì sarebbe successo ugualmente? Piante facili, in posizioni favorevoli. Una persona che conosco è stata lì di recente e ha detto che sotto la pergola c'è solo tantissimo acanto, le peonie sparite. Le peonie sono longeve, le arbustive vivono anche cent'anni. All'epoca pensai che fosse successo perchè noi non c'eravamo più. Mancavano, oltre alle minime cure, spesso impacciate, le nostre voci, la presenza delle bambine e dei nostri animali. Mancavamo noi e certe piante si erano ammalate di questo, pensai. Erano morte dal dispiacere. Sarà vero? Ma sì, è tutt'uno, le piccole cure quotidiane, date senza troppa attenzione, ma con affetto costante, e la nostra presenza. Chiediamo alle piante di star bene, e gli vogliamo bene, e semplicemente restituiscono questa cosa. Anche loro ci "vogliono bene". Poi anche, mentre fai il giardino, ne muoiono tante da piccole, ma siccome non gridano e non si lamentano non ci si fa tanto caso: esperimenti andati male, un colpo di freddo, grandine; ma il giardino, o terrazzo, o quello che sia, colma subito i vuoti, la vita si allarga e prende spazio. Resta costante il giardino, costante finché c'è chi lo fa, con queste grandi presenze, un alberello, una rosa grande, dei cespugli di peonie.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Quindi dicevo a questa signora che ora che la sua nonna è morta e è arrivata lei, non può pensare che vada tutto avanti come prima, deve subentrare come se fosse anche lei un essere del giardino, e entrarci in relazione. Non è un museo, è vivo. Chi se ne occupa non è uno spettatore.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">La signora ha commentato a sua volta: quanta saggezza! Ci ho sentito un po' di sarcasmo, ma forse sono io che mi metto in discussione. Quello che volevo dire è che è questione di acqua e concime, zappature e diserbo manuale, ma anche di energie più fini, che per ora non possiamo misurare e neanche ci importa, perché sappiamo che esistono e non dobbiamo dimostrare niente a nessuno. </span></p><p><span style="font-size: large;">Qui da me intanto, nel tempo presente, vale la pena sottolineare una cosa: ultimamente è piovuto parecchio e le temperature sono state piuttosto basse, così potrei dire che è l'anno della valeriana o soncino, da una decina di giorni mangio solo questa insalata che trovo spontanea in quantità, stando attenta sempre a lasciarne tante piantine che possano fare i semi per l'anno prossimo. I narcisi sono fioriti da tantissimo, la pioggia non è stata violenta, li ha lasciati dritti e lo spettacolo continua mentre altri anni si bruciava tutto in tre giorni. Gli ellebori hanno alzato il capo e sono bellissimi. Le violette hanno creato ovunque bordi e piccoli prati tutti in fiore.</span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-57281458279757459042024-03-01T10:02:00.000-08:002024-03-04T01:08:58.933-08:00Testo<p><span style="font-size: large;">Nel Comune di Civitella si è formato un gruppo di lettura intitolato a <a href="https://iriselibellule.blogspot.com/2011/09/gli-anni-fulgenti-di-miss-brodie.html">Muriel Spark</a>, una scrittrice scozzese che ha vissuto gli ultimi anni qua vicino, a Oliveto. Sono stata a uno dei loro incontri e subito mi sono aggregata per andare insieme a loro a "Testo", una fiera dei libri a Firenze, alla Leopolda. Questo gruppo di persone appassionate alla lettura è stato molto accogliente da subito, dal primo incontro, ci sono dei giovani che fanno impressione per la preparazione culturale. </span></p><p><span style="font-size: large;">A Firenze ci sono andata con Gaia, che si chiama come mia figlia, con la sua mamma Antonella, con Martina e Anna Maria. Sono troppi anni che non vado a Firenze. Ora c'è un'uscita dell'autostrada, Villa Costanza, dove si può lasciare l'auto e prendere la tramvia per il centro. Tutto nuovo e organizzato, mi è sembrato di arrivare nel futuro, di essere in un film. Il tram ti lascia preciso davanti alla Leopolda, che è una vecchia stazione ferroviaria dove ora organizzano eventi e che per i toscani è collegata all'exploit di ormai molti anni fa di Renzi che faceva da lì i suoi discorsi da scout in maniche di camicia tirate su con le sue slide alle spalle. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Nonostante questo è un posto interessante, benché il pensiero mi torni al Book Festival di Foiano dove tutto si svolge in due sale ovviamente più piccole, ma molto più ricche di fascino. A Firenze tutto si paga, il parcheggio a Villa Costanza, la tramvia e sette euro per l'ingresso a Testo, che già avranno pagato un occhio della testa le case editrici per esser lì. </span></p><p><span style="font-size: large;">Ti danno, per sette euro, la possibilità di comprare libri, come in una libreria, ascoltare conferenze, e una borsa arancione shock con una penna e un quaderno per appunti, che se la potevano risparmiare e far pagare di meno l'ingresso. Insomma tanto per cambiare è un business, come piace dire ora: un affare e non si riesce a capire il confine fra la manifestazione culturale e il mercato e forse non c'è. Per noi che ora siamo anziani la cultura aveva un aspetto necessario di gratuità che si è perso e mi viene da prenderne atto. </span></p><p><span style="font-size: large;">Appena arrivate Gaia aveva prenotato la partecipazione a una delle tante conferenze che continuamente si svolgevano nelle varie sale laterali ai due immensi corridoi, intitolate a scrittori e personaggi della cultura. Questa prima conferenza era su un libro che è il catalogo di una mostra realizzata nel museo della fondazione Ferragamo. C'era qualcosa che mi stonava: i relatori erano tre, legati alla fondazione in vario modo, perché lavorano stipendiati dalla fondazione oppure hanno prestato opera ricevendone un compenso. Una è la direttrice del museo, o della fondazione, cioè una donna di cultura che vive (bene) grazie alla fondazione e che ha magnificato la figura di Salvatore Ferragamo, che senz'altro è stato un uomo geniale che ha precorso i tempi, ma lei a un certo punto l'ha paragonato a Michelangelo e a me mi si sono rizzati i capelli. Nel frattempo sullo schermo alle loro spalle scorrevano immagini di scarpe, accessori, stanze del museo. Tutto bello e in certa misura vero, ma c'è una misura, appunto, e occorrerebbe riposizionare le cose in rapporto al resto del mondo, che in questo momento è in una situazione estremamente fluida e pericolosa. In ogni modo una persona che vive e guadagna coltivando la memoria di un personaggio noto dovrebbe avere un po' di pudore in questo... invece in questo ambiente dell'alta moda si esagera senza ritegno, ci si parla addosso, si celebra il piatto in cui si mangia. Mi sono venuti in mente i Vestiti nuovi dell'imperatore, di nuovo. Devo riconoscere che sono nata polemica, ma mi pare che si dovrebbe cercare un "mezzo" dignitoso in cui stare. Purtroppo non posso fare a meno di cogliere questi aspetti e esserne infastidita. Un difettaccio, lo so.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Comunque è bello aggirarsi in un vasto ambiente ex industriale dai soffitti altissimi e pieno di libri con tanta gente, anche molti giovani e bambini e cani. Più tardi ho seguito un altro dialogo su Stephen King, fra il suo traduttore, Luca Briasco e Niccolò Ammaniti. Briasco ha scritto per Salani "Il re di tutti", un ritratto di Stephen King e ne ha parlato con Ammaniti in una conversazione vivace, sincera e molto interessante. Io di Stephen King ho letto solo qualche pezzetto di Misery, e perché l'ha comprato mia figlia grande quando faceva il liceo. Snobbavo questi autori americani che vendono tanto, ma poi la Loredana Lipperini mi ha incuriosito e dovrò mettermi in pari. King è un autore in cui si inciampa per forza nel cinema a partire da Shining, per me. Un film che mi è piaciuto molto è tratto da "The dreamcatcher", l'Acchiappasogni, in italiano. Il dialogo fra i due è stato, per me, come posso dire?, nutriente, nel senso che nessuno dei due ha cercato di autocelebrarsi, hanno parlato di questo scrittore fortunato, ma anche molto bravo raccontando come si sia occupato nei suoi libri dell'adolescenza, del Male, della violenza. Nell'Acchiappasogni ci sono le cose basilari della vita, la merda e il sangue, per cominciare, molto di tutti e due, ma anche l'amicizia e la magia e gli extraterrestri. King oltre a essere un Re è un mago delle storie. </span></p><p><span style="font-size: large;">Briasco ha detto che all'inizio vendeva racconti per pochi soldi e a 27 anni sopravviveva come molti americani, che non sono tutti ricchi, anzi, in una roulotte con la moglie e due o tre figli, in un posto sperduto dove c'era solo uno spaccio. Aveva dato un racconto, "Carrie", a un agente letterario che gli ha telefonato per dirgli che era riuscito a venderlo. </span></p><p><span style="font-size: large;">"Sei seduto?, gli ha detto, Se non sei seduto siediti. L'ho venduto per trecentomila dollari." </span></p><p><span style="font-size: large;">Lui ha capito trentamila, perché trecentomila erano proprio fuori dal suo orizzonte, inimmaginabili. Era già molto contento così. L'agente gli ha dovuto ripetere la cifra e lui ha capito di aver svoltato. Per la felicità è andato a comprare un regalo per la moglie Tabitha, la cosa più costosa dello spaccio, un phon. La moglie rientrando a casa gli ha detto se era scemo a comprare un phon tanto caro che oltretutto un phon ce l'avevano già. E' iniziato tutto così, in un modo che è una fiaba reale. </span></p><p><span style="font-size: large;">Nel gruppo di lettura si erano assegnati un testo da leggere tutti, "Obabakoak" di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Bernardo_Atxaga">Bernardo Atxaga</a>, uno scrittore basco. Il basco è una lingua preindoeuropea, e Atxaga scrive in basco, poi con la moglie traduce in spagnolo. Obabakoak significa i racconti di Obaba, un luogo immaginario nei territori baschi. Come ultima cosa il gruppo di lettura ha seguito la conferenza di Atxaga in spagnolo sul proprio lavoro, c'erano le cuffie per la traduzione, ma io non le ho prese e mi sono arrangiata col risultato che ho capito per metà. Atxaga mi è sembrato un uomo autentico e comunicativo. </span></p><p><span style="font-size: large;">Quando siamo tornati a prendere la tramvia io e un'altra persona siamo state derubate. Siamo salite coi borselli e siamo scese senza, e non ci siamo accorte di niente, e io ho avuto la sensazione di aver pagato alla città di Firenze l'ultimo prezzo salato. Mi sono sentita vecchia, stupida e da buttar via. Mi son vista restare per sempre a casa per incapacità. In auto la Martina mi ha aiutato in più di un modo e sono riuscita a bloccare la carta del conto, dove d'altra parte c'erano solo 30 euro e un'altra carta collegata a un libretto di risparmio. Ho fatto non so quante telefonate parlando con assistenti virtuali, ho chiamato i carabinieri e sono arrivata a casa tardissimo col telefono scarico, senza la certezza assoluta di aver rimediato qualcosa e senza avvisare del ritardo. A casa Mauro mi ha trattato malissimo. Ho passato le 36 ore seguenti in una tempesta interiore, pensando anche a quanto ero stupida, perchè nello stesso giorno che io mi disperavo per un furto c'era tanta gente che moriva o gli veniva bombardata la casa. Tutto questo sabato scorso, il 24 febbraio. Troppe cose in un giorno solo. </span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-31247734716041900762024-02-12T01:59:00.000-08:002024-02-12T01:59:59.753-08:00<p> <span style="font-size: large;">Sono
tornata a scuola dai bambini per allargare l'orto. La vangatura di un
pezzo nuovo l'ho fatta una domenica pomeriggio quando a scuola non c'è nessuno, da sola, ma deve
essere successo qualcosa alla mia anca sinistra che ora mi fa male. Uso
la vanga a sinistra, non so perché. Quando l'ho prestata me l'hanno
restituita col pedale girato. Deve essere tipo essere mancini, pare che
fossi mancina da piccola, ma la mamma mi corresse perché pensava fosse
meglio che usassi la destra. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Comincio
a avere diversi acciacchi tipici dell'età. Sarebbe bello avere qualche
anno buono dopo la pensione, ma la pensione ce la danno da anziani,
dunque...La tiroide, fatto un controllo, è fuori uso, quindi devo
prendere la tiroxina. Sono ingrassata parecchio e questo alle anche non
fa bene, ovviamente ho anche colesterolo e trigliceridi alti e fare una
dieta vera mi preoccupa. Mi si sono piazzati addosso diversi dolori
anche alle spalle oltre che alle anche e alle ginocchia. Però non mi
arrendo e ho ricominciato a lavorare in giardino e a scuola e questo se
non altro fa molto bene all'umore e fa circolare il sangue. Mi sveglio
la mattina sgomenta, non trovo altra parola, forse un calo di certi
ormoni, forse la situazione generale che non può restare senza effetti.
Mi alzo, comincio la mia routine e mi passa. Per ora ripulisco il
giardino, quando avrò finito passerò all'oliveto, cercando di non
scoraggiarmi. Il giardino è pieno di piantine nate da sole da seme e di
bulbi che spuntano, è una cosa bella trovare tanta vita nuova e
entusiasta. </span></p><p><span style="font-size: large;">Gli
ellebori cominciano a fiorire un po' in ritardo, ne ho alcuni davvero
belli ordinati al vivaio Zanelli durante la pandemia. E' tutto uno
spuntare di gemme e un gonfiarsi di germogli, così ho anche cominciato a
concimare, perché trovino cibo appena gli serve, sempre che piova. Le
bulbose hanno un ciclo breve e bisogna concimarle quando iniziano a
vegetare. A scuola abbiamo seminato le fave, sperando che la stagione
sia favorevole e riescano a produrre un po' di frutti da assaggiare. I
bambini si appassionano molto, non tutti, ma diversi di loro. Imparo i
loro nomi: Siù, Fedua, Mohamed, Aziz, Rean. C'è il mondo in questa
scuola. Ma ci sono anche Viola, Ginevra e Christian... sono quattro
classi, ci sono anche tanti bambini con genitori italiani da
generazioni. Manca la seconda per mancanza di bambini lo scorso anno.
Hanno delle piccole pale che servono a poco e gli si rompono in mano,
sono praticamente giocattoli, e mi chiedono di usare la vanga pesante
che ho portato da casa, maschi e femmine. Un paio di maschi riescono a
fare delle buche notevoli. Tutti si affannano a rivoltare la terra al
bordo dell'ortino e chiacchierano dei nonni e dell'orto di casa, anche
se la casa è in Marocco. Servirà a qualcosa? Intanto trafficano insieme
con la terra, tutti piuttosto in accordo. Sembrasse poco. A me comunque
serve. <br /></span></p><p> </p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-5055678447272920742024-02-03T00:58:00.000-08:002024-02-10T03:23:04.066-08:00Perfect days<span style="font-size: large;"> <br /></span><p><span style="font-size: large;">Sono sempre di più dell'idea che i film vadano visti senza leggere e sapere nulla, almeno io. Invece si è sommersi da notizie, ci si inciampa anche non volendo. Vidi "Ritorno alla vita" anche quello di Wenders, per caso, su tv 2000, e mi piacque moltissimo, mi sembrò strano non averne sentito mai parlare. Credo che questo film mi avrebbe fatto lo stesso effetto se non ne avessi sentito parlare troppo. Ora riesco a dire solo cose molte pensate, molto mentali. Come diceva uno che conoscevo "non vi mentalizzate!" e mi faceva ridere. Ora questo verbo inventato lo usano in tanti. </span></p><p><span style="font-size: large;">In un certo senso le troppe parole lette hanno tolto un po' di poesia, forse lo rivedrò fra un po' e riuscirò a entrarci meglio. Penso che senza saperne niente l'avrei apprezzato di più, mi avrebbe "emozionato" di più. Però mi è piaciuto molto! Va nella scia di cose che vivo.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Ho letto delle recensioni che mi hanno fatto un po' innervosire. Il film viene elogiato, perché uno che scrive una recensione su internet e su Wenders, non può permettersi di scrivere che il film non gli è piaciuto o non l'ha emozionato, altrimenti chissà che succede. Insomma, se parli di uno che è riconosciuto come un grande regista non puoi parlarne male, anche se non ci hai capito niente. I vestiti nuovi dell'imperatore, avete presente? Uno di questi recensori per prima cosa elogia, poi dice che il protagonista<i> è un fantasma sganciato dalla realtà perchè non ha televisione e usa poco il telefono e solo come telefono</i>. </span></p><p><span style="font-size: large;">Ma allora ti piace o ti fa venire l'angoscia? </span></p><p><span style="font-size: large;">Un altro sembra che sia stato catturato dalla magia del film, ma non riesca a cogliere il nucleo, perché quello che vede lo sconcerta nel profondo, ma anche lo affascina. Un altro dice che il film si chiede quale è il senso della vita e non dà risposte, anzi la risposta è che <i>il senso della vita sta nel viverla tutti i giorni per monotona, noiosa e sempre uguale che sia</i>. Il labirinto del famoso topo di laboratorio.</span></p><p><span style="font-size: large;"> Sembra che il film di Wenders apra una porta su se stessi, e il panorama sconcerta. Forse chi non è abituato a osservare il proprio panorama interiore resta turbato o non coglie la bellezza. Wenders non imbeletta, non cede alla fotografia ritoccata, usa pochissime parole, si ferma su una cosa bella solo un attimo, come l'immagine dell'aurora boreale all'alba o le piantine raccolte nei parchi pubblici. Le cose sono come sono, pare che voglia evitare di offrire allo spettatore stimoli troppo facili. Metto qui pezzetti di due recensioni, ognuna delle due afferra qualcosa e si perde parecchio.<br /></span></p><p><span style="color: #cc0000; font-size: large;">IGN Italia: <b><i>Perfect Days</i> non disegna tuttavia una vera e propria
parabola a livello drammaturgico, limitandosi appunto a fotografare la
condizione di chi vive in un eterno presente</b>: il protagonista è
u<b>na sorta di spettro</b> – forse un semplice ricordo - con le sue
musicassette, i cimeli provenienti da un’altra epoca e le foto custodie
in scatole di latta sigillate; proprio come un fantasma è legato ad
alcuni luoghi, ma<b> sconta la dolce condanna di esistere fuori dal tempo</b>.
Il rituale sempre uguale delle pulizie nei bagni diventa allora il
metronomo di una normalità senza soluzione di continuità, eppure ricca di
dignità e di sorprese.</span></p><p><br /></p><p><span style="color: #990000; font-size: large;">...alla fine del film, quando il presagio della morte diventa ancora più tangibile. Non
possiedono però alcuna connotazione sinistra, bensì lo pongono alla pari
di tutti gli altri ed evocano dolcemente la natura eterea dell’uomo,
capace di trascendere la mondanità con un piede già piantato
nell’aldilà. Opponendosi al desiderio, Hirayama combatte il tempo e allontana il domani, esorcizzando così la propria fine; <b>d’altronde, cos’è la vecchiaia se non un eterno presente dove il futuro ci appare negato e il passato svanisce lentamente</b>? </span><span style="color: #990000;"> </span></p><p><span style="color: #990000; font-size: large;"><i><b>WIred Italia: </b></i></span></p><p><span style="color: #990000; font-size: large;"><i><b>Perfect Days</b></i> <b>fa innamorare di questa vita apparentemente priva di tutto</b>
(il protagonista abita in una casa spoglia in cui esiste solo
l’essenziale) ma in realtà scremata del superfluo, in cui a trionfare è
l’ideale del bene comune. Ci saranno difficoltà, questioni da risolvere,
personaggi negativi e tutto quello che solitamente avviene nei film,
eppure ciò che rimane più impresso è questa cura di qualcosa che
appartiene a tutti, rappresentata nella maniera che meno ci si aspetta,
dalla pulizia dei bagni. Questo, già nelle intenzioni di <b>Wenders</b>,
è il punto del film: provare a girare una storia che riavvicini tutti
quelli che la guardano all’idea di bene pubblico, alla sua cura e
all’immensa soddisfazione che esiste nell’unire la coltivazione dei
consumi culturali (il protagonista fa foto su rullino oltre come detto a
leggere e ascoltare <a href="https://www.wired.it/topic/musica">musica</a>), a una <b>routine</b> lavorativa semplice e ai rapporti occasionali con le persone che incontra o i ristoranti in cui mangia.</span></p><p><span style="font-size: large;">Penso, per quel minimo che so dell'argomento, che il film parli della filosofia zen incarnata. D'altra parte lo zen non esiste se non incarnato, è una pratica, è vita. Lo zen è giapponese; non tutti i giapponesi sono zen, immagino, ma forse molti capiscono di che si tratta. Lo zen è anche, nei nostri tempi, universale, il pianeta è diventato piccolo e gli strumenti vanno condivisi. Lo zen, così piccolo e essenziale, come un coltellino svizzero, può funzionare bene anche fuori dal Giappone. Se ne può parlare, ma si parla di piccole cose, come la vita senza eventi eclatanti di questo signore che vive in una casa semplicissima a Tokio. La casa sembra anche povera, non misera, c'è tutto quel che serve ma ridotto all'essenziale. Per campare pulisce i gabinetti pubblici. Pare che il film prima dovesse essere un documentario sulle toilette pubbliche di Tokio, tutte interessanti, progettate da designer, alcune molto belle, tutte molto pulite perché Hirayama si impegna molto nel suo lavoro. Non moltissimo, come dicono alcuni. E' uno che fa bene, accuratamente, il suo lavoro. I maestri zen riducono la pratica spirituale all'essenziale, non servono corsi delle più fantasiose discipline, non serve ritirarsi a fare esercizi spirituali o seguire rituali, dicono che per praticare bisogna, e basta, (condizione necessaria e sufficiente, diceva la signorina Locchi, nostra insegnante di matematica al liceo) compiere le azioni quotidiane, tutte, dal lavarsi al mattino al prepararsi il cibo, fino al lavoro, prestando attenzione completa e svolgendole nel migliore dei modi. Trovo in internet parole non mie adatte : </span><br /></p><p><span style="color: #2b00fe; font-size: large;">Da <a href="https://zeninthecity.org/come-meditare/thich-nhat-hanh-lenergia-della-presenza-mentale/">"Zen in the city"</a>, ispirato al maestro <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Th%C3%ADch_Nh%E1%BA%A5t_H%E1%BA%A1nh">Thich Nath Han</a>: </span></p><p><span style="color: #2b00fe; font-size: large;">"Portando l’attenzione prima di tutto sul respiro, siamo in grado di
unificare corpo e mente, e di arrivare pienamente nel momento presente; a
questo punto possiamo essere più consapevoli di tutto ciò che succede
nel momento presente e possiamo vederlo con occhi nuovi, senza lasciarci
catturare dal passato o trasportare dalle preoccupazioni per il futuro.
Sai che il futuro è solo un concetto. Il futuro è fatto di una sola
sostanza: il momento presente. Se ti prendi buona cura del presente, non
c’è bisogno che ti preoccupi per il futuro: prendendoti cura del
presente stai già facendo tutto quello che puoi per assicurarti un buon
futuro. Dovremmo vivere il momento presente in modo da rendere possibili
la pace e la gioia nel qui e ora – in modo che l’amore e la
comprensione siano possibili. Questa è la cosa migliore che possiamo
fare per il futuro.</span></p><p><span style="font-size: large;">Ancora più esplicito: <br /></span></p><p><span style="color: #2b00fe; font-size: large;">Ogni atto consueto può essere trasformato in
un atto di consapevolezza: lavarsi i denti, lavare i piatti, camminare,
mangiare, bere o lavorare. Naturalmente la consapevolezza non si applica
solo agli aspetti positivi: quando si manifesta la gioia pratichiamo la
consapevolezza della gioia, quando si manifesta la rabbia pratichiamo
la consapevolezza della rabbia. Qualunque sia l’emozione forte che
sorge, se impariamo a praticare la consapevolezza di quell’emozione,
riconoscendola e non sopprimendola né agendo di conseguenza, allora può
avvenire la trasformazione che ci mette in grado di trovare maggiore
gioia, pace e consapevolezza.</span></p><p><span style="font-size: large;">Piccola lezione sulla Presenza. In Internet ne trovate quante ne volete. Ma non servono a niente se resta solo una lezione, se non si prova a cambiare sguardo. Tempo fa ho letto "il potere di adesso" di Eckart Tolle e mi ha fatto cambiare prospettiva. La prima recensione parla di un fantama che vive in un eterno presente, come Bill Murray nel Giorno della Marmotta. Perchè?, mi chiedo, chi ha scritto la recensione riesce a vivere ieri o domani? A me non mi riesce, mi ci va la testa, e è un irrimediabile spreco di tempo. Viviamo tutti sempre solo nel presente e solo qui si può agire.</span></p><p><span style="font-size: large;"> Quindi il "fantasma" della prima recensione è uno di quelli, pochi, tanti, non si sa, probabilmente molti più di quello che si pensa, che si muovono nella città di Tokio e sul pianeta essendo presenti a se stessi ora. Forse sono tutti gli altri, persi nel passato o nel futuro, a essere fantasmi? Per questo Hirayama pulisce i bagni così bene, non è scontento, non ha un futuro dove immagina che farà una cosa più importante, fa già una cosa importante ora. Non significa che domani o fra un'ora non possa cambiare, significa che fa bene quello che fa ora. Fa alcuni incontri nel corso del film, il primo con un bambino che piange dentro una toilette perchè non trova la sua mamma. Lo fa uscire, lo rassicura e intanto arriva la mamma agitatissima perché l'aveva perso con il passeggino con un altro figlio, e se ne va senza nemmeno ringraziare. Ma il bambino, che era presente, si volta per salutare Hirayama con la manina. Verso la fine del film invece l'incontro è con un signore ammalato e molto preoccupato. Dice di essere andato a trovare la ex moglie per scusarsi. Poi cambia verbo due volte, e dice che è andato per "ringraziarla", e poi usa "salutarla", prima di morire. Nei verbi usati c'è una consapevolezza sempre maggiore di quello che ha fatto. Prende congedo lasciando tutto dietro di sé, arrivando all'essenziale. Sarebbe bello farlo prima di essere obbligati perché si muore. E' notte e si chiede se due ombre sovrapponendosi diventano più scure. Quante cose non so, quante ne potrei ancora scoprire e il mio tempo è finito! Hirayama gli dice: scopriamolo. Scopriamo se le nostre ombre una sopra l'altra diventano più scure. Forse sì, o no, non è chiaro, poi gli propone di giocare a pestare l'ombra. E il signore così angosciato per quel tempo del gioco torna nel presente, dove ancora la morte non c'è, gioca e ride. Si riappropria del proprio tempo, del proprio presente. Sembra che Hirayama si disinteressi della sua condizione, invece gli fa un regalo, un tempo libero dall'angoscia. E' una riflessione sulla morte? Forse sì, forse la morte è parte della vita e il succo è restare vivi fino alla fine. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Il film è fatto di incontri di questo tipo, con un collega di lavoro, con la nipote, con la sorella, con le persone dei locali dove va a mangiare. </span></p><p><span style="color: #ff00fe; font-size: large;">Zen in the city: </span><span style="color: #ff00fe; font-size: large;">Possiamo praticare tutto il giorno e ottenere subito il beneficio della
nostra pratica. Stare seduti in autobus, guidare la macchina, fare la
doccia, preparare la colazione — possiamo fare tutto ciò con gioia. Non
possiamo dire “Non ho tempo per praticare”. No: abbiamo un sacco di
tempo. È molto importante rendercene conto. Quando pratichi la presenza
mentale e generi pace e gioia, diventi uno strumento di pace e porti
pace e gioia a te stesso e agli altri.</span></p><p><span style="font-size: large;"> Film bellissimo perché la forma e la sostanza coincidono trascendendo il reale o cogliendo la trascendenza del reale. Necessario, anche; in questi tempi convulsi è il manifesto di come fare per uscire dall'angoscia e vivere nella pace. </span><span style="font-size: large;"> </span></p><p><span style="font-size: large;"> </span></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-32960505248552076092024-01-20T23:53:00.000-08:002024-01-20T23:53:18.686-08:00<p><span style="font-size: large;"> Ieri sera al tg ci hanno fatto vedere l'ingresso di un nuovo gruppo di astronauti, fra cui un italiano che ancora non conoscevamo, nella stazione spaziale interazionale. Si apre il portello, entrano e fanno festa, sembrano vecchi amici ma magari non si conoscono o solo un pochino. Le loro facce sembrano di bella gente, ma penso che se vedessimo le foto con un'espressione neutra ci sembrerebbero tutte persone comuni, quindi penso che quello che le rende effettivamente diverse sia la luce dell'intelligenza. Li chiamiamo astronauti ma non vanno tanto lontano, vanno solo qua sopra, al piano "ammezzato" dove certe volte nei palazzi abita il portiere, niente a che vedere con 2001 odissea nello spazio o i viaggi dell'Enterprise. Però il posto è estremamente pericoloso, richiede intelligenza e cautele non comuni, nessun gesto può essere casuale e anche i comportamenti fra le persone devono essere improntati alla collaborazione e all'empatia, parola anche questa sfruttatissima; bisogna essere ben disposti, sorridenti, in sostanza. Ora dal piccolo al più grande. Stamani mi chiedo perché tanta attenzione nella stazione spaziale internazionale e per niente sul pianeta, che è precisamente la stessa cosa in scala appena più grande, oltretutto se fosse molto più grande non ci potremmo stare perchè la gravità ci schiaccerebbe. Accidenti a tutte le guerre e a chi le fa. </span> <br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-64296369930851328532024-01-11T02:00:00.000-08:002024-02-23T00:33:34.449-08:00soprannomi<p><span style="font-size: large;"> Mia figlia fa il corso per insegnante di sostegno e durante la settimana fa il tirocinio. Il corso lo fa il fine settimana, perché molti che lo frequentano già lavorano. Sono otto ore di lezione a sedere scomodi, dice lei, che siccome ha diversi dolori addosso si innervosisce. Dice che fanno il corso per il sostegno ai disabili, o diversamente abili, o come si voglia rigirare questo concetto, ma non si considera che pure gli insegnanti possono non stare bene e tenerli seduti su delle sedie di legno a ascoltare lezioni davanti a uno schermo non è il massimo, per otto ore. Gli studenti del corso devono essere presenti, ma gli insegnanti no, possono stare comodi a casa loro. Comunque a fine serata sono stanchi e scherzano, gli viene spontaneo di ridere, la stanchezza lo fa, che ci si ritrova a ridere di qualunque stupidaggine. Una ragazza del corso ha raccontato della sua nonna che chiama le zie con dei soprannomi. Siccome ultimamente sono stata un po' pesantina per chi passa di qui e anche per me stessa, scrivo l'elenco dei soprannomi.</span></p><p><span style="font-size: large;">La zia che beve un po' troppo : zi' scolabocce</span></p><p><span style="font-size: large;">La zia che va sempre a fare colazione al bar: zi' cappuccio</span></p><p><span style="font-size: large;">La zia che dice sempre : scusate ma c'è stato un fraintendimento: zi' fraintesa</span></p><p><span style="font-size: large;">La zia che ha tanti nei sul viso: zi' rugginosa</span></p><p><span style="font-size: large;">La zia che ha il mento lungo: zi' bazzalonga</span></p><p><span style="font-size: large;">I cugini un po' selvatici : I lepri</span></p><p><span style="font-size: large;">e chiudiamo in bellezza con la zia che spiluzzica: zi' bucuncino. </span></p><p><span style="font-size: large;">Mia figlia ci ha fatto schiantare dal ridere, e non dico la gioia di sentirla allegra. Addentriamoci con cautela nell'anno nuovo... </span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-17262106418612922922024-01-07T10:17:00.000-08:002024-01-10T09:51:01.510-08:00Assenza<p><span style="font-size: large;"> Questo è un post molto triste quindi chi si deprime passi oltre, non lo voglio avere sulla coscienza. Sono stata a trovare la zia Mirella. E' l'ultima zia rimasta da parte Badini, che è la famiglia del nonno materno, e non è consanguinea, era la moglie del fratello della mia mamma. Si sposarono nel '54 che lui aveva 33 anni e lei 19. C'era questa grande differenza di età, che a volte conta tanto, a volte no. Lo zio è morto nel 1990, ma erano già separati. La mamma non andava d'accordo con questa cognata tanto più giovane e siamo vissuti in una situazione di discordia senza sceneggiate, senza liti, però in uno stato di costante tensione, di critica continua. Nonostante questo gli zii a me e mio fratello volevano molto bene e lo stesso i miei volevano molto bene ai miei cugini. Il babbo subiva queste cose della mamma, non gli riusciva di contrastarle o limitarle, ma non partecipava alle sue antipatie viscerali. Agli zii voleva bene, a tutti e due, anche se sapeva che parecchie cose non funzionavano.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Ci pensavo seduta accanto al suo letto dove sta da un anno e mezzo. Quando mi ha visto non capiva chi ero, poi ha fatto un sorriso e ha detto farfugliando "finalmente ti sei degnata". Degnata di venire a trovarla. Non sapeva dire chi ero, con le parole ha grande difficoltà, e quindi non si sa se mi ha davvero riconosciuto, ma io penso di sì. Forse più del viso ha riconosciuto la voce. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">La sua casa fino a tre anni fa nel periodo di Natale era piena di gente. I miei cugini sono tre, Andrea il più grande, sei mesi più di me, e le due femmine, Gloria e Teresa. Per Natale c'erano tutti i figlioli, i compagni e i figli dei figli, qualche altro parente e un'amica della zia. Per moltissimi anni c'è stata la Gabry, la sua sorella più giovane, morta da qualche anno, e la sua figlia, e la loro mamma, la nonna Bruna, e il nonno Renato che arrivava con la sua compagna, perché i genitori della zia erano separati da prima che nascessi io. Insomma per certi versi una famiglia moderna ante litteram, allargata, complicata, e per un altro verso molto tradizionale in queste feste passate in casa della matriarca che preparava il cibo iniziando settimane prima: i cavallucci, i ricciarelli e il torrone, i tortellini, i crostini neri e tutto il resto. La zia non aveva avuto una famiglia unita, e nemmeno le era riuscito di farsela quando era toccato a lei, d'altra parte non aveva un modello utile, però voleva offrire lo stesso ai figlioli un senso di unità, di casa accogliente in cui tornare. Ma non si deve pensare a una casalinga della tradizione: da giovane era bellissima e è stata sempre molto moderna, ha lavorato e aveva anche queste passioni dei lavori femminili, maglia, uncinetto, cucito, ma tutto fatto a alto livello. Cuciva i costumi da bagno alle figlie. Copertine all'uncinetto per i nuovi nati, l'abitino del Battesimo. Si metteva in certe imprese incredibili affrontate a testa bassa lavorando anche di notte, da cui usciva stremata. Una volta si è rivestita da sola perfettamente dei divani che aveva trovato usati, divani da night club. Era eccessiva in molte cose, compreso il cibo, da giovane. Una volta prima di sposarsi avevano pranzato tutti e quattro al mare, il mio babbo era ingegnere e aveva un lavoro sulla costa. La zia aveva mangiato la metà del costo del pranzo da sola, e il mio babbo ci rideva ancora dopo decine d'anni, perchè dopo il dolce aveva chiesto ancora un piattino di quegli spaghetti ai frutti di mare tanto buoni mangiati all'inizio. Fino dopo i sessant'anni la zia ha portato i nipoti a sciare. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">E' "allettata" da un anno e mezzo e Andrea si occupava della supervisione di tante cose, ma improvvisamente qualche mese fa è morto. Ci si può immaginare che impressione mi ha fatto. Come se fosse morto un fratello. Abbiamo giocato insieme tanto da bambini, lui ha dormito a casa nostra nel periodo che lo zio era malato di tubercolosi e anche in seguito, ci siamo voluti tanto bene. Poi da grandi è stato sempre più difficile, perché si frequentavano scuole diverse, amici diversi e c'era questa inimicizia fra le due cognate, soprattutto nel periodo e dopo che gli zii si sono separati. A un certo punto ho riallacciato il rapporto con lei, non mi arrendevo al fatto che si fosse divisi in quel modo. Andrea rimaneva sempre distante, affettuoso ma distante, ma io speravo sempre che un giorno ci saremmo seduti a casa della zia a ricordare le cose belle e l'affetto, e invece a un certo punto il tempo finisce e non si può più. Quando è morto sono rimasta come scioccata, però non lo vedevo quasi mai e in un primo momento non è cambiato granché. Ora più ne passa, di tempo, più si allarga il vuoto nel posto del cuore dove c'era lui, non so se mi spiego. E succede anche se non credo che la morte sia definitiva. In quel vuoto c'è dolore e assenza che si propaga come un silenzio nelle stanze di casa della zia e negli spazi interiori. Manca una persona, manca moltissimo, più di quanto si poteva pensare quando c'era, perché era burbero e non tanto socievole un po' come il suo babbo. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Quest'anno per la prima volta non hanno per niente festeggiato il Natale passandolo sotto silenzio perché la zia non ha più il senso del tempo e non le hanno detto che il figlio è morto. Non le hanno detto nemmeno che era Natale, perché a Natale si sarebbe aspettata di vederlo. In un momento di lucidità ha detto alla badante che non lo vedeva più e doveva essere morto. La badante ha negato. E' tutto molto triste, la casa silenziosa, i nipoti che vivono lontano, le mie cugine e la moglie di Andrea che lo adorava... ci si può immaginare. Prima di andar via sono tornata in camera a salutare la zia che mi ha sorriso come se non mi avesse visto prima e mi ha detto di nuovo "ti sei degnata.." la testa non c'è, ma l'emozione è rimasta, da dentro un corpo che si spegne l'affetto emerge non toccato, dalla profondità emerge la coscienza che brilla come sempre. </span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-62802493317717156832023-12-30T02:13:00.000-08:002023-12-31T07:44:26.984-08:00<p><span style="font-size: large;"> C'è questa cosa offensiva affermata da una parlamentare di fratelli d'italia sul ruolo delle donne "prima di tutto madri". Con questa gente torniamo nella barbarie, alle femmine fattrici, che poi ormai dagli studi sulla preistoria si dimostra che nemmeno allora era così. Questo è per un aspetto veramente un secolo buio, altro che il medioevo. Per altri aspetti per fortuna molto luminoso. Dipende da noi se vincerà la luce o il buio. </span></p><p><span style="font-size: large;">Essendo Natale, desiderato e temuto ogni anno, riflettevo anch'io, in altri termini, su questo fatto di non avere nipoti. La mia figlia più giovane per via naturale non ne può avere, la malattia ha condizionato così tanto la sua vita, anche l'aspetto lavorativo e quindi economico, da non permetterle nemmeno di pensare per ora a un'adozione. Anni fa aveva fatto il prelievo degli ovuli, gliel'aveva suggerito la dottoressa Coccia che la seguiva, la prima competente dopo una fila di medici che credevano con grande presunzione di capirci qualcosa e facevano diagnosi sbagliate e rimedi peggio ancora. Le aveva detto che anche se ora non ci pensava o non ci poteva pensare in seguito probabilmente l'avrebbe fatto e avere i propri ovuli da parte sarebbe stata una possibilità concreta. Ora però dopo tre operazioni e una vita di farmaci e dolore sono la prima a dire di non imbarcarsi nei tentativi, che poi magari falliscono, di fecondazione assistita, con relative cure ormonali che sballano l'equilibrio faticosamente raggiunto. L'altra figlia pure lei ha i suoi problemi di salute, vive lontano e non potremmo aiutarla, con un figlio. I genitori del suo compagno sono più anziani di noi e messi peggio, presto avranno bisogno loro di essere aiutati. Il suo compagno ha un lavoro, ma non così buono. Sono scelte delicate, private e non mi sento di interferire in nessun modo. Non sarei io a dover allevare i bambini e non posso garantire una presenza importante. Tuttavia i figli sono il futuro di una famiglia e di un paese, di una nazione. I verdi dicono "abbiamo la terra in prestito dai nostri figli, dalle generazioni future". Questo pensiero ce l'hanno tutti, ribaltato, di solito, nel senso che chi viene dopo si arrangia con quel che c'è rimasto. E' per questo che sono stata verde fin da quando sono apparsi sulla scena, pensavano come me. In ogni modo: se in casa tua bambini non ce ne sono pazienza. Ci sono i bambini degli altri, puoi dare qualcosa a loro, lasciare un qualche tipo di eredità. Per le mie figlie: si può essere genitori in tanti modi e è vero al cento per cento. Però è una strana sensazione passare il Natale insieme, si ripetono schemi di comportamento che non riusciamo a superare, io preoccupata di risentire discorsi fatti troppe volte, rivivere Natali pieni di malinconia e dolore per rapporti interrotti o insopportabili. Loro che a un certo punto, come fosse irresistibile, mi rimproverano cose dell'infanzia, le stesse, o nuove, perché tornando indietro hanno scoperto nuovi errori miei o del babbo, nuove cose fatte male per tanti motivi. Ci soffro molto, e mi arrabbio, evitando di piangere. Questo Natale, raggiunto presto, prestissimo, il limite della sopportazione, ho detto che ho quasi settant'anni e mi dispiace per gli errori, ma ormai non potendo tornare indietro non posso rimediare, abbiamo cercato di farlo mettendo risorse a disposizione per lo studio, per la vita e è tutto quello che possiamo fare. Siamo tutti adulti e vorrei che si fosse capaci di godersi la presenza gli uni degli altri; se non ne siamo capaci possiamo passare questi giorni più serenamente ognuno per conto suo, senza sentirci colpevoli, o fare insieme una passeggiata che ci distrae, o andare a pranzo fuori interrompendo i riti così carichi di roba scaduta. </span></p><p><span style="font-size: large;">Succede perché queste figlie adulte, in gamba, anche troppo, che fanno cose che io non sarei stata capace, sono ancora figlie. Nel loro essere adulte c'è una punta di adolescenza, un residuo. </span></p><p><span style="font-size: large;">Quando nasce un bambino, l'ho provato alla nascita della Fiamma, tutti i componenti della famiglia, soprattutto quelli vicini, cambiano posizione. Si fa posto a un nuovo essere che prima non c'era, la famiglia si allarga nello spazio. Cambiano i nomi. </span></p><p><span style="font-size: large;">Sembra una piccola cosa, ma il linguaggio è infinitamente più importante di quello che possiamo immaginare. Il linguaggio descrive significati, realtà. Da figlia diventai madre, con un cambiamento preparato, ma lo stesso sconvolgente. Ti prepara il corpo che cambia, ormoni , sempre loro, in circolo, e ti prepari intimamente, ma quando hai tua figlia fra le mani ti sembra un miracolo lo stesso e lo è. Mio marito diventò padre, i nostri genitori nonni, mio fratello zio e non importa se non ha vissuto bene il ruolo. L'I Ching ha nei suoi esagrammi descrizioni della prima figlia, del primo figlio, della seconda figlia, del secondo figlio e così via. Da millenni gli uomini riflettono sulla sacralità e sulla diversità di questi ruoli, che definiscono l'essere in una relazione. I nuovi nomi sono abiti quasi sacerdotali che si vestono con emozione, carichi di significati profondissimi. Gli zii saranno quasi genitori supplenti, faranno conoscere il mondo al nuovo nato aggiungendo un punto di vista e proprie emozioni. I nonni legheranno al passato più lontano. I genitori sono forti radici, con tutto quel che segue se funzionano male. Tutti diventano più adulti nell'accogliere il nuovo nato. In casa nostra questa cosa non sta accadendo. e siamo come bloccati in una situazione che avrebbe bisogno di cambiare. Se non riesce a evolvere dovrebbe liberare i componenti, lasciarli andare. Il ruolo della famiglia è finito per questi adulti, restiamo legati, ci vogliamo bene, sarò sempre la loro mamma e loro le mie figlie, ma possiamo viverlo più da adulti, con più libertà? </span></p><p><span style="font-size: large;">Possiamo svincolare, liberare questi anziani, e anche queste figlie, dagli errori passati, gravi che siano, su cui perlomeno tanto abbiamo riflettuto? </span></p><p><span style="font-size: large;">Possiamo tutti evolvere verso il nuovo? Ora, subito. </span></p><p><span style="font-size: large;">Me lo chiedo perché sono all'atto finale, quanto lungo non si sa, e vorrei viverlo meglio possibile. E' una novità, questo tempo finale della vita, noi siamo persone con una lunga aspettativa di vita, siamo i primi della storia umana se non ci ammazza la guerra, e anche se ci sono tutte queste minacce dobbiamo tentare di affrontarla in modo utile a noi e agli altri. </span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-36900697555208148332023-12-25T09:19:00.000-08:002023-12-26T01:05:23.519-08:00Pandoro, ma non era lui.<p><span style="font-size: large;"> Mauro credeva di aver comprato un pandoro, ma non era lui. Una mattina dopo le analisi del sangue mi sono fermata a fare colazione dal Pierozzi a Pieve al Toppo. Mi piace il Pierozzi, panificio, pasticceria e bar, grandi vetrate su un posto brutto, un parcheggio con dei capannoni intorno, ma quasi non importa, il locale è di acciaio, vetro e molto legno lasciato al naturale, molto piacevole. Verrebbe voglia di stare lì a scrivere col computer un paio d'ore, seduti a un tavolino, con la gente che sciama intorno, entra e esce, chiacchiera. Mi hanno dato, dal Pierozzi, un vassoio con il cappuccino e il cornetto. Sul vassoio un foglio di carta con la foto di un dolce e scritto sopra "l'essenza del panettone" o roba del genere. Un panettone senza niente, né canditi né uvetta, un panettone tutto bianco, o giallino. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Intanto Mauro aveva comprato proprio quello, di una marca famosa, scambiandolo per un pandoro. Capolavoro bianco, si chiama. </span></p><p><span style="font-size: large;">Non so perché, mi ha indotto delle riflessioni. </span></p><p><span style="font-size: large;">Intanto, evidentemente è una moda. Se lo fa il Pierozzi e lo fanno delle marche presenti in tutti i supermercati dev'essere una moda, un nuovo corso. Qualcuno deve averci studiato, ricerche di mercato o semplicemente i cellulari che ascoltano e quando dici che ti fa male l'anca ti propongono montascale, apparecchi ortopedici, farmaci e perfino ospedali specializzati. Una parte dei consumatori è arrivata, non ne può più, devono aver pensato ascoltando le nostre conversazioni. Trasformiamo quest'esigenza in un prodotto desiderabile. La semplicità desiderabile, l'essenzialità. Infatti il Pierozzi ha scritto l'essenza del panettone. Ci sono ancora pandori e panettoni e dolci ripieni di qualunque cosa, creme dolcissime e stucchevoli, cioccolate sopra sotto e dentro, ma si vede che c'è anche chi non ne può più di tutti questi miscugli sovrabbondanti. Forse è rimasta dopo il covid e la cucina di casa la voglia o il bisogno di cose più semplici, meno caricate, più sobrie, il dessiderio di tornare a un'identità conosciuta nell'infanzia. Complice l'età media alta della maggioranza della popolazione. Boomer, ci chiamano, e io mi innervosisco parecchio. Cosa abbiamo in comune oltre l'essere nati in un certo arco temporale? Qualche volta proprio niente. Comunque: meno sapori, meno stranezze, meno accostamenti audaci. Lo dico io che ho lavorato nei ristoranti a partire dall'anno 2001, anzi proprio dal 12 settembre 2001, il giorno dopo il crollo delle torri a New York. L'11 settembre ero nel campo di là dal cancello e stavo seminando le rape in ritardissimo. E' arrivata la Fiamma e mi ha detto " Hanno fatto crollare le torri gemelle di New York!" Era sorpresa anche lei che di solito si scompone poco. Da quella infinitesima posizione nell'oliveto ho provato una fitta di paura e dolore e ho pensato che il mondo era a una svolta. Nelle cucine dei ristoranti era il momento degli chef, delle scoperte e riscoperte, la cinta senese, il risotto con il cavolo violetto, che viene di un bel colore lilla, </span><span style="font-size: large;">e la fonduta bianca messa dentro come in un nido; i ravioli con le pere, </span><span style="font-size: large;">i formaggi rari, il filetto di maiale con le prugne, gli accostamenti esotici... e ora è, almeno per me, il momento della nausea, quasi, del ritorno alla semplicità. Così mi sono sorpresa di vedere anticipato questo desiderio, che non riguarda solo la cucina, anzi, coinvolge tutto il resto, il vestire, l'abitare, l'usare. Vedremo. </span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-68899882903932817392023-12-01T09:38:00.000-08:002023-12-04T01:18:03.573-08:00Procione e gatto puzzolo<p><span style="font-size: large;"> Una di queste sere, intorno alle sette, arriva un messaggio di mia figlia.</span><span style="font-size: large;"> Scrive: non bastavano cani e gatti, ora arrivano anche questi.</span><span style="font-size: large;"> E ride. Il messaggio è accompagnato da una foto. L'ha mandata una ragazza che canta nel suo coro e ritrae un orsetto lavatore, o procione, nel cortile di casa sua davanti alle ciotole delle crocchette dei gatti. Quando è tornata dal lavoro ha trovato in giardino l'animale, che ha un'aria innocente e per niente aggressiva, tanto che viene voglia di accarezzarlo e giocarci. Ci ha fatto ridere. L'ho pubblicata nel gruppo facebook di giardinaggio e ci sono stati parecchi commenti, molti dei quali insistevano sul fatto che non bisogna allettarli, non bisogna dargli da mangiare, sono un disastro, l'ennesimo, per la fauna locale, portano malattie. Si sa. E' il primo che vediamo da queste parti e viene da ridere, o almeno sorridere, al pensiero di trovarselo in giardino con i gatti. Si dice che siano sfuggiti anni fa dalla zoo di Poppi e si siano riprodotti nelle foreste casentinesi, dove c'è anche, arrivato nello stesso modo, il "cane procione", o nittereute, diverso, più grande. </span></p><p><span style="font-size: large;">La mattina dopo passo dalla scuola elementare durante la ricreazione, faccio vedere la foto alle maestre e propongo di parlare di questo episodio con i bambini: un orsetto lavatore non fa paura e permette di fare un discorso sulla fauna selvatica e su come comportarsi se si incontrano questi e altri animali. Una maestra mi dice subito che ce ne sono troppi, troppi cinghiali, troppi caprioli, e io sono d'accordo. Come non esserlo? Non hanno nemmeno più paura o ritegno, li incontriamo di giorno, ci distruggono le ripe del podere. Ma non è colpa loro se sono così tanti. </span></p><p><span style="font-size: large;">Lei vive in una zona che è riserva di caccia e siccome ce ne sono troppi "hanno introdotto i lupi, una coppia". Mah, dico io, non mi pare che i lupi vengano introdotti, da molti anni sono tornati dalla frontiera nord est e hanno ripopolato le Alpi scendendo per la dorsale appenninica e diffondendosi. No no, mi dice questa signora, li hanno messi e hanno fatto sette cuccioli e ora sono troppi anche i lupi. Mi chiedo, senza dirlo, chi dovrebbe averli catturati e poi dopo essersi assicurato che fossero maschio e femmina, averli portati dove vive lei, qua vicino. E poi come hanno fatto a sapere quanti di preciso i lupacchiotti? Che normalmente dopo la nascita ne sopravvivono di meno. </span></p><p><span style="font-size: large;">La signora continua e mi parla delle nutrie, che sono davvero tante, queste sì introdotte dall'uomo, anzi liberate dagli allevamenti di animali da pelliccia. Si fa prima a liberarle che a gestirne l'abbattimento o trovare altre soluzioni, chiaro. Stanno nei laghetti, nei corsi d'acqua, mi dice lei, (certo, le vedo anch'io, anche di giorno) scavano gallerie e fanno crollare le rive, in più ora si sono<b> incrociate coi castori</b> e ci sono questi <b>ibridi che fanno le dighe</b>...A quel punto eravamo nel campo della fantasia, mi sono cucita la bocca e chiuso lì. Avrei dovuto dire che i castori sono tornati anche loro, sottolineo tornati, in Italia, sempre dalla frontiera nord est, i primi ricomparsi in Friuli nel 2018, perché c'erano, tanto tempo fa e sono stati sterminati; ora le piccole popolazioni sono monitorate per proteggerle, è stata segnalata la presenza in Umbria, ma qui mai sentito. Il castoro ha una grossa coda piatta e zampe palmate, almeno le posteriori. La nutria no, ha la coda che sembra nuda, da ratto. Il castoro fa dighe, e è utile all'ecosistema per una serie di motivi, come il lupo, ma immagino quanto tempo ci vorrà, una volta trovato il primo corso d'acqua ingombro di materiale e di tane di castoro, a dire che provocano allagamenti. Cinque minuti a orologio. Si farà presto la prima campagna contro il castoro, ci scommetto, come contro l'orso e il lupo. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Mi si formano due domande: </span></p><p><span style="font-size: large;">Chi inventa queste storie? è la prima domanda. Deve essere il solito che dice che i verdi buttano le vipere dagli aerei. Anche i cinghiali, sospetto. Però da quote più basse, sennò muoiono. Perdonate il sarcasmo.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Perchè una maestra che ha una formazione, che ha studiato, recepisce in modo così acritico senza un dubbio? Aggiungo che sono molto simpatiche, queste maestre e anche accoglienti.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Comunque: sarebbe possibile un incrocio nutria castoro? Sono due roditori, ma di solito gli ibridi fra due specie sono sterili. E come sarebbe la coda? Palmata o da topone? Perché a me il dubbio che possano aver ragione mi viene, penso: magari sono io che sbaglio; però devo dire che queste persone dubbi non ne hanno neanche l'ombra, e se gli porti uno scienziato che studia questi animali ti dicono "Ma questo che ne sa? Ha letto cose sui libri, non vive mica qui!"</span></p><p><span style="font-size: large;">Quando stavamo vicino alla città, trenta e più anni fa, ogni tanto qualche animale faceva razzia nei pollai. E' stata la volpe? La faina? No, è stato il gatto puzzolo. Mi facevano morire dal ridere con questa storia del gatto puzzolo. </span></p><p><span style="font-size: large;">"Ma è sicura Gina che esiste questo gatto puzzolo?" </span></p><p><span style="font-size: large;">"Tò, altroché, mi rispondeva lei, l'ho visto al buio (!!) è una bestiaccia come un gatto, tigrato, però molto più grosso, con la coda a strisce gialle e nere."</span></p><p><span style="font-size: large;"> Nessuno aveva mai visto il gatto puzzolo, ma tutti ne avevano sentito parlare e alcuni erano certi della sua esistenza, ci avrebbero scommesso sopra un patrimonio, ma nessuno andava a scuola a raccontare del gatto puzzolo ai bambini come una verità scientifica. Potevi dire: è cultura popolare, ma si restava nell'innocuo campo del folklore, quello in cui nel parco di Fanes Sennes Braies sulle Dolomiti regnava la regina Dolasilla. Non nel campo della scienza. Ora si pretende di essere nel campo della scienza. E' proprio il caso in cui la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza. E tutto accade in un ambito che avrebbe necessità di conoscenza, di approfondimento, di attenzione, perché è vero che i selvatici sono moltissimi adesso e costituiscono un problema, per noi umani, e per loro stessi forse, anche; ed è una cosa con cui bisogna sapere come fare, come comportarsi, perchè neanche è giusto uccidere e basta. Anche gli animali selvaggi dei boschi hanno coscienza e emozioni e di conseguenza diritti. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Veniamo governati da questo tipo di persone, granitiche nella propria ignoranza avvalorata dal fatto che nel corso del prossimo anno rende anche dei soldi. Dopo un anno no, i soldi si perdono, l'economia va a rotoli. Nel senso che la visione è sempre di brevissimo periodo e niente è gestito se non distruggendo o ammazzando, mi pare. Come con i vari orsi, ultima Amarena. E' il campo dei complotti, delle <b>#cosechenoncidicono</b>, delle scie chimiche, dei vaccini che sterilizzano, di Hilary Clinton che beve il sangue di bambini rapiti. Ma forse stasera sono pessimista e mi ero ripromessa di farla finita col pessimismo che non è utile. Comunque nel mio piccolo proverò a portare informazioni valide e magari un esperto per fare un po' di vera luce sulla fauna selvatica, almeno su questo. Oppure mi arrendo e finita lì. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;"> </span></p><p><span style="font-size: large;"> </span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-58682146394384517832023-11-28T10:53:00.000-08:002023-12-06T09:52:24.498-08:00<p><span style="font-size: large;">Chi pone attenzione, in mezzo alle guerre spaventose aperte, in mezzo ai gravi, costantemente gravi, problemi economici, in mezzo alla carenza di materie prima e di democrazia, in mezzo alle costanti ingiustizie che perpetuano le guerre, fra storie di burini, primi ministri e famiglie "tradizionali", chi pone attenzione, dicevo, vede che c'è un tema che sta nel fondo di questi tempi. E' il problema della coscienza. Che cos'è la coscienza, un fenomeno fisico, che "emerge" dall'attività elettrica e chimica del cervello? O un campo energetico che permea tutta la realtà, e in questo immenso campo anche le nostre singole coscienze sono campi più piccoli, "parti intero di Uno"( cit. Faggin)? </span></p><p><span style="font-size: large;">Una di queste mattine ascoltavo radio tre, una giornalista riportava il contenuto di un articolo apparso su Internazionale, dal titolo "Conversazioni animali". Topi che cantano, ma noi non li possiamo sentire perchè lo fanno a frequenze non percebili dall'orecchio umano, ergo: per noi non lo fanno, non cantano. Quante cose ci sfuggono perché non siamo in grado di ascoltarle, vederle o comprenderle, quante ne archiviamo come non importanti? Il cantare dei topi è un modo di comunicare, un linguaggio. Quando ero bambina io si cominciava appena a rendersi conto che gli animali comunicano fra loro. Probabilmente lo fanno anche inter specie, come noi lo facciamo con gli animali domestici e di meno con i selvatici. E loro con noi. Quanti umani sanno cosa sta pensando il proprio gatto o cane? O perfino la propria gallina? E se in generale possono sembrare illazioni prive di fondamento certe volte si capisce che non lo sono, perché l'umano prevede il comportamento del proprio amico animale con esattezza, e così fa l'animale in altri casi. Il cane sa, anche prima che il suo umano metta le scarpe o prenda il guinzaglio, che stanno per andare insieme a fare una passeggiata. Oppure, anche se l'umano ha messo le scarpe e preso la giacca, sa che questa volta non lo porterà con sé e torna a cuccia con la faccia delusa. Eh sì, perché l'umano legge anche la delusione nell'espressione del suo amico. E' una lettura accurata, facile nella faccia e nel comportamento del nostro cane o gatto, più difficile se l'animale non è il tuo. Perché? Viene da chiedersi. Credo che dipenda dall'affetto che ci lega insieme. L'amore, (anche questo legame è una forma di amore), non è mai indifferente. Quando uscì in libreria "L'anello di re Salomone" affascinata dal titolo e da quello che annunciava la presentazione, lo comprai subito e l'ho amato moltissimo. Parla di etologia, lo studio delle abitudini degli animali. Ora forse dovremmo cambiare nome alla materia. Studio delle coscienze animali, magari. Abbiamo studiato gli animali fin qui stupiti di trovare in loro qualcosa di nostro, che ci somiglia. In preda, noi, a una visione antropocentrica. Ora piano piano questa visione si sfalda, attaccata da più parti. Pensiamo agli studi famosissimi di Stefano Mancuso, che ha contribuito a inventare <span style="color: #04ff00;">la neurobiologia vegetale, che studia i segnali e la comunicazione delle piante a tutti i livelli di organizzazione biologica, dalla molecola alle comunità ecologiche.</span> (Le parole in verde escono sul web se si digita il nome dello scienziato.) Anche le piante comunicano, si dicono cose. Anche le piante ci somigliano? O siamo noi che somigliamo a loro che precedono moltissimo la nostra comparsa sul pianeta? E' un pezzo che mi si è formata questa idea: non loro come noi, ma noi come loro. Noi come le piante, ma soprattutto come gli animali. Ci si chiede a volte se gli animali abbiano emozioni degne di questo nome. Chi vive con animali sa con sicurezza assoluta che ce l'hanno. La scienza ha cercato di mantenersi nel campo dell'oggettività, del tenere una distanza fra osservatore e osservato. Se ti affezioni alla scimmia che stai studiando è un male, puoi influenzare la ricerca, devi riacquistare freddezza, distacco. Rimettere le cose a posto, io qui, tu lì, senza muoverti, senza permettere all'emozione di inquinare l'osservazione. Pirsig nel suo libro "Lila" dice che in certi casi non è possibile, in antropologia culturale, per esempio. Se vuoi comprendere un fenomeno ci devi entrare, devi farti coinvolgere. Ma la fisica più recente dice che il solo fatto di osservare influisce sul fenomeno osservato, lo cambia. </span></p><p><span style="font-size: large;">Diciamo così: pensieri sparsi. </span> <br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-35382262999632863482023-10-30T10:38:00.003-07:002023-11-02T09:33:17.753-07:00<p><span style="font-size: large;">E' morta un'amica, Isabella, che tutti chiamavano Lella, Droandi. Il funerale è stato celebrato alla Pieve. La Lella faceva parte di un gruppo di restauratrici (Ricerca restauro Arezzo: Isabella Droandi, Marzia Benini e Paola Baldetti) che hanno lavorato insieme per molti anni, restaurando opere importanti, fra cui da ultimo <a href="https://www.arezzonotizie.it/social/il-polittico-della-pieve-di-arezzo-capolavoro-del-trecento.html">il Polittico del Lorenzetti</a> che si può ammirare alla Pieve. La Lella nel gruppo era quella che faceva ricerca sull'opera e teneva i rapporti con enti e autorità. La Marzia l'ha ricordata alla fine delle esequie con un discorso affettuoso, come se lei fosse seduta lì a ascoltare. Mi ricordo la Lella al liceo, con le sue compagne nella nostra stessa sezione, la classe dopo di noi. I Droandi erano amici dei miei, abitavano in via Dell'Agania dirimpetto a noi, sono una grande famiglia molto nota in città. Enzo e la signorina Ornella sono stati le colonne della Banca quando era Banca Popolare Aretina. Attilio era professore, poeta e grafico eccezionale. E' stato anche mio insegnante e gli ho voluto molto bene. La Lella era una donna generosa e gentile, che quando la incontravi si interessava a te in un modo sincero come se davvero le importasse. In una piccola città di provincia come Arezzo c'è un sacco di gente che si pavoneggia per piccole cose che fa, lei con le sue colleghe ha fatto cose importanti sul serio e è rimasta la stessa, semplice, alla mano. Un paio di anni fa è venuta a trovarci col marito e con l'Antonella. (Da quel giorno io e l'Antonella abbiamo cominciato i nostri viaggi "giardinieri") Passammo un pomeriggio molto bello in giardino, era primavera e il "clou" del momento era la Kolkwitzia fiorita, che è una cascata di fiori rosa chiaro con un leggero profumo polveroso. Mi lasciò un libriccino della sua mamma, libriccino per le dimensioni, ma denso di contenuto, pochi racconti del tempo della seconda guerra mondiale. Si intitola "Come una lepre viva" se non sbaglio, ce l'ho qui in biblioteca, ma non sono riuscita a ritrovarlo. Ci raccontò che alla sua mamma era tanto piaciuto scrivere quei racconti, così dopo i primi continuava e scriveva a mano, ma siccome non vedeva più bene era difficile decifrare gli scritti. Ci riusciva lei, la Lella ed era un lavoro che si riprometteva di fare fra un po', sistemare quelle memorie della madre e magari pubblicarle. Era una persona che metteva grande cura nel fare emergere il lavoro degli altri. Alla fine di quel pomeriggio la Holly, che non aveva dato tanta confidenza, volle improvvisamente manifestare la gioia di avere quegli ospiti, che si vede le erano molto piaciuti, per qualche motivo speciale. Gli animali, si sa, vedono cose che sfuggono agli umani. Così fece "Il cane matto", come dicevo io, con corse improvvise e abbaiate festose che intenerirono la Lella. Me la voglio ricordare così. In ogni modo per gli aretini è indimenticabile, basta andare in Pieve e ammirare la Madonna del Lorenzetti. </span></p><p><span style="font-size: large;"> </span><span style="font-size: large;">Dopo
l'operazione alla cataratta non avevo più occhiali buoni e usavo un
paio da vicino, in attesa dell'ultima visita di controllo. Mentre andavo al funerale della Lella non so come gli occhiali
mi sono caduti. Raccolti e rimessi sul naso stavano tutti sbilenchi,
peggiorando ancora la visione. Un imbarazzo totale. Era saltato via un
pezzettino alla fine della stanghetta sinistra. L'imbarazzo degli occhiali sbilenchi e inadatti si è sommato all'altro imbarazzo di incontrare tante persone che vedo troppo di rado e a cui voglio bene ma non riesco bene a manifestarlo per una forma di orsite che mi affligge da qualche anno. Sono diventata un'eremita. Poi finalmente ho fatto gli
occhiali nuovi. Veramente di nuovo ci sono solo le lenti, la montatura è
una delle tante che ho cambiato negli anni. Ora ci vedo anche da
lontano e soprattutto posso di nuovo guidare tranquilla.</span></p><p><span style="font-size: large;">Per cho si fosse preoccupato: Jesse
è tornato. Jesse è il gatto di Lorenzo, il nostro attuale numero dieci. Sta esplorando tutti i
nascondigli della sua nuova casa. Animale dotato di uno spirito di
adattamento non comune, gentile e capace di esprimere la gratitudine,
sta imparando a entrare e uscire superando lo sbarramento della Milly,
che non vede l'ora che corra per poterlo inseguire, e dei gatti rossi,
che difendono un territorio che credono sia loro, ma non lo è. Mia
figlia dice che si avvicinano in tanti a mangiare perché non c'è una
matriarca, una capogatta. Certo quando c'era la Gwendy non succedeva. La
Gwendy era piccola ma estremamente decisa e autorevole. </span></p><p><span style="font-size: large;">Con
la Milly dopo le prime soffiate minacciose ora Jesse fa finta di niente
e perfino tenta qualche cozzo, lasciandola spiazzata. Lei preferirebbe
che la sfidasse, per sentirsi autorizzata a inseguirlo. Jesse apre le porte
saltando sulla maniglia e aggrappandosi finché non si apre e questo è
un problema, soprattutto di notte. </span></p><p><span style="font-size: large;">L'estate
è ufficialmente finita e, qui almeno, siamo entrati in una fase che
somiglia a un mite settembre un po' piovoso e con molto vento. Ci sono
pochissime olive, l'erba nei campi per la siccità persistente non è
ancora ricresciuta, i rovi sì. Il melograno per la prima volta ha tante
melegrane grosse e sane da far piegare i rami fino a terra. Ho fatto un
giro nell'oliveto e ho visto che anche il sorbo, che vive in alto in un
muro a secco, ha tanti frutti. Mai viste sorbe in 23 anni, quest'anno ce
le ha, ne ho mangiate due mature, ed è incredibile come si comportino
le piante in queste estati estreme. Il sorbo è un albero bellissimo,
foglie e portamento eleganti e sbarazzini, gioca col vento e con la
luce, ha l'aria di essere sempre giovane, e più avanti, quando ci sarà
una maggiore differenza di temperatura fra giorno e notte, se non le
perderà prima, le foglie composte diventeranno rosse e arancio. <br /></span></p><p> </p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-68781852811145402022023-10-17T07:49:00.009-07:002023-10-26T09:43:41.301-07:00tutta casa e famiglia<p><span style="font-size: large;">Nelle settimane passate ne sono successe di tutte. E' venuta mia figlia dal Galles. Era venuta a Natale e aveva detto che sarebbe tornata il Natale successivo, perché l'estate di qui la disturba, con tutto quel caldo. Disturba molto anche noi, ma viviamo qui, e sottrarsi è impossibile. Non abbiamo fatto vacanze perché eravamo in attesa che ci chiamassero per i due interventi e ce lo siamo vissuto tutto, il caldo. Poi è stata operata l'altra figlia, anch'io ho fatto il piccolo intervento agli occhi e penso le sia venuta l'idea di capitare prima che passasse un anno intero. Viene, ma non è in vacanza, lavora da qui, le metto a disposizione una stanza e sciorina la sua roba sui ripiani e per terra e se si entra la situazione dice con tutta evidenza: vado via presto, prestissimo! Non usa cassetti e neanche l'armadio, tutto resta nella valigia o sparso in giro. Nel bagno ci sono due lavandini. L'abbiamo trovato fatto così all'acquisto della casa e non vediamo motivo per cambiarlo, principalmente perché ci vorrebbero un sacco di soldi, anche se di lavandini ne usiamo uno solo. Mi piacerebbe sistemarlo diversamente, ma vista la situazione è l'ultimo dei miei pensieri. Nel lavandino che non usiamo lei, quando viene, mette tutte le sue cose per l'igiene e la cura del corpo, tante cose, incomprensibile per me che uso tre cose in croce e finita lì. Anni fa aveva anche un blog sui prodotti di bellezza, piuttosto seguito. Babbo e figliola si guardano bene dal finire le confezioni avviate, ma aprono tutte quelle intatte di bagnoschiuma, shampoo, dopobagno, crema da corpo o da viso, che non compro io. Un manicomio per me che poi devo tenere pulito. Comunque è stata otto giorni poi è ripartita senza grandi manifestazioni di affetto di cui ormai è accertato che non è capace. Al terzo giorno già non ci sopporta più. L'affetto è manifestato, secondo lei, dal fatto che viene, che si interessa a distanza delle condizioni di salute, che dispensa consigli che somigliano molto a ordini e si innervosisce parecchio se non li seguiamo. Il Natale scorso mi disse, quando le parlavo di certe questioni economiche famigliari, di considerare che lei è distante e non può prendersi cura di noi se stiamo male. Magari presto ci sarebbero serviti i soldi per un montascale...al che feci dei segnacci piuttosto espliciti. Dopo mi ci venne da ridere, impossibile non cogliere la comicità della faccenda. E' comica, ma fa anche male, un dolore sordo di cui sono consapevole e che accetto perché non so che farci. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Il giorno prima che partisse si è intasato di nuovo il tubo delle acque nere. Per fortuna non è successo durante la sua permanenza qui. Me ne sono accorta perché nel ripostiglio a piano terra si è formata una chiazza di acqua. Bisogna sapere che da parecchi anni mi occupo di rifiuti e escrementi. Come tutti, ma io un po' di più. Chi passa di qui ricorderà la storia della mia suocera. Un paio di notti prima avevo sognato che andavo in città con la Milly e c'erano mucchi di cacca fresca di cane ovunque e gente che ci metteva le mani e cercava di sporcare i passanti. Non so se era un sogno profetico, forse lo era. Ho superato un troppo pieno e ho il rifiuto dei rifiuti, per dirla in modo scherzoso. In ogni modo penso che a chiunque sarebbe venuto un misto fra nervoso e panico a vedere l'acqua per terra, toglierla e vedere che se ne formava ancora e immaginare le conseguenze. Per 23 anni non avevamo avuto problemi di scarichi, ma poi solo pochi mesi fa avevamo avuto la ditta dello spurgo dei pozzi neri che evidentemente non aveva fatto un lavoro accurato. Certe cose non è bene raccontarle nel dettaglio, ma posso dire che abbiamo avuto gli idraulici cinque giorni, che sono passati prima da fuori, dalla fossa biologica, poi dal bagno, togliendo la tazza, poi da un pozzetto esterno che non sapevamo a che servisse e con l'occasione l'abbiamo capito, poi da un buco nel tubo fatto spaccando il pavimento del ripostiglio di cui ho la foto ma la risparmio ai lettori, già molto provati. Sono intervenuti con diversi mezzi, un aggeggio con una catena che frulla dentro il tubo e sminuzza, una specie di idropulitrice, e alla fine anche la chimica. L'ho raccontato a qualcuno e mi hanno detto: "bastava che usassero quello, oppure quell'altro..." Be', hanno usato di tutto e se la cosa non fosse stata grave non mi sarei preoccupata, no? </span></p><p><span style="font-size: large;">Prima di sotto poi di sopra, poi di nuovo di sotto e di sopra. Dico solo che una volta aperto c'era un salame di roba dentro, non troppo schifosa perché mineralizzata. L'acqua di qui è talmente carica di sali che forma, praticamente sempre, depositi duri come il sasso. Mia figlia, che era ancora qui, ha detto che dobbiamo assolutamente mettere un addolcitore, mio marito ha risposto che non abbiamo posto per l'addolcitore, né per tutto il sale che consuma e neanche soldi per comprarlo e hanno discusso. Lei evita di portare avanti discussioni, ma si vede bene che non vede l'ora di tornare a casa sua. Ora ne siamo fuori, ma resta un cumulo di macerie in giardino, un altro oltre quello a ingresso capanna, che devo togliere. Resta anche la sensazione che la casa non sia poi quel rifugio tranquillo che si crede normalmente. In quei giorni, finché non c'era la tazza del water, ho realizzato un gabinetto a secco molto spartano, che continuo saltuariamente a usare. Io, perchè mio marito si schifa. E non c'è niente da schifarsi, niente di più rispetto alla situazione attraversata. Penso che in campagna dovrebbe essere realizzato ovunque per non usare l'acqua potabile a questo scopo. Vedrete quanti lo faranno nei prossimi anni. In casa nonostante le pulizie il pavimento risputa il bianco del cemento usato per chiudere il buco e anche, probabilmente, altra roba meno pulita. Giro per la casa come un cane da caccia, sensibile a tutti i puzzi che per fortuna sento molto bene, per eliminarli. Dovrò di nuovo rimettere mano al ripostiglio e buttare altra roba, perché anche se si chiama ripostiglio ormai è chiaro che è meglio ci sia meno roba possibile. Quello che ci avevo messo dentro ho dovuto tirarlo fuori e ora rifare l'operazione mi sembra avventato, nel caso ci fosse un'altra emergenza.Tutto questo tocca di nuovo a me, finita l'emergenza tocca sempre a me, ed è tanto lavoro e mi sento anche cretina per aver permesso finora che succedesse di dovermi caricare di tutto questo. Devo rimediare.</span></p><p><span style="font-size: large;">L'altra figlia a emergenza finita ha detto che portava qui Jesse, il gatto di Lorenzo. Avevano provato a tenerlo in casa ma era troppo complicato, senza uno spazio esterno immediatamente accessibile. Qui abbiamo tre gatte di casa, più due maschi che portò lei tempo fa, e sono cinque. Tutti sterilizzati. A un certo punto arrivò Millo, e feci sterilizzare anche lui, e sono sei. Poi arrivò il Grigio, che è anziano e non entra in casa, ma sta sulla porta. E sette. Da primavera sono arrivati due gatti rossi, indesiderati, ma impossibili da allontanare, vengono a mangiare e sono anche prepotenti. Uno è affettuoso con me e Mauro lo chiama Brenno. L'altro è anche stronzo e lo chiamo Attila. Nove. Jesse sarebbe il gatto numero dieci. Un animale buono, pulito, dignitoso, sterilizzato, adulto, ma senza confidenza con i cani, perché c'è anche la Milly. E' stato un po' in casa, ha mangiato, la Milly gli dava la caccia per gioco, ma non si capisce, se si è un gatto e lui si è spaventato. E' uscito, è tornato a mangiare un paio di volte, ma assediato dai prepotenti si scoraggiava, è stato due notti sotto la capanna poi è sparito. Noi mortificati e addolorati. Io anche molto stanca e sopraffatta.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Sipario. </span></p><p><span style="font-size: large;">post scriptum: ieri sera Lorenzo è venuto a cercare Jesse e l'ha trovato, nei campi sottocasa, che sono abbandonati, quelli che non sono nostri, e c'è erba secca molto alta, dove non è acciaccata dal passaggio dei numerosissimi selvatici. Ma Jesse è molto arrabbiato e gli è scappato di nuovo. Lo capisco, povera bestia. Vedremo gli sviluppi.</span> <br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-51320609770852978962023-10-15T10:46:00.003-07:002023-10-16T01:44:55.050-07:00David Monacchi: paesaggi sonori<p><span style="font-size: large;"> Ieri un amico di tanti anni fa, <a href="https://www.nicotondini.com/">Nico Tondini</a>, giornalista e fotografo, ha presentato un suo libro a Arezzo, alla libreria Feltrinelli, che offre uno spazio per queste cose. Il romanzo si intitola "Rosso come l'avorio" e parla del bracconaggio in Africa. Argomento che Nico conosce bene, e dove non lo conosce si è documentato, perché attualmente fa la guida nei viaggi in Kenia. Ho appena iniziato a leggerlo e l'inizio è coinvolgente: l'attraversamento di un fiume durante la migrazione annuale di milioni di erbivori, mentre nell'acqua li attendono i coccodrilli...Non è di questo che volevo scrivere stasera, ma dovevo a Nico questa citazione. In fondo anche lui parla di animali che sono in pericolo di estinzione.</span></p><p><span style="font-size: large;">Mentre andavo in città in auto come di solito ascoltavo Fahrenheit alla radio. Trasmettevano da un qualche festival culturale e in quei minuti stava parlando David Monacchi, insegnante al conservatorio e musicista. Se tutto questo che sto per scrivere vi interessa potete cercare <a href="https://www.festivaldellamente.it/it/frammenti-di-estinzione/">"Frammenti di estinzione"</a>. Loredana Lipperini ha chiesto di spegnere tutte le luci della sala e al buio i presenti hanno potuto ascoltare frammenti di registrazioni dal vivo della voce della foresta del Congo e di quella amazzonica. Anche per radio, anche guidando era ugualmente emozionante. Voci e versi che si ripetono e compongono armonie, occupando spazi di silenzio senza disturbarsi o sovrapponendosi ma in modo armonico. In Africa le ragazze cantano motivi ispirati a questi suoni per tenersi in contatto mentre raccolgono nel bosco. Sono veri paesaggi sonori che vengono raccolti e registrati e già si perdono per il clima cha cambia. Certe specie spariscono e altre si avvantaggiano temporaneamente, come sa chi vive in campagna che sente preponderanti, negli ultimi trent'anni, i versi sgraziati di corvidi e gazze. Un racconto drammatico e appassionato attraverso i suoni, un modo pacifico di esplorare la nostra meravigliosa realtà e scoprirne <a href="https://www.ted.com/talks/david_monacchi_fragments_of_extinction_the_sonic_heritage_of_ecosystems?language=it">modi di esistere e bellezza</a>. <br /></span></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-12995382478104974792023-09-28T07:59:00.005-07:002023-09-28T08:22:57.118-07:00Operazioni chirurgiche, schizofrenia e cose surreali, cimici e zanzare e cavoli del mondo. <p><span style="font-size: large;">L'intervento di mia figlia, quasi preciso un mese fa, è andato bene. Il giorno della mia operazione alla cataratta mi aveva accompagnato lei e mentre mi aspettava è andata a sentire all'ambulatorio chirurgico. Si erano dimenticati di lei, o non l'avevano inserita nella lista. C'era un medico presente, che ha fatto una faccia da cui si capivano molte cose e dopo un paio d'ore le hanno telefonato per dirle che il lunedì successivo l'avrebbero operata. Doveva essere la prima della lista perché ha una leggera intolleranza al lattice; se usano guanti o materiale di lattice durante gli interventi al risveglio le viene l'orticaria, ma quella brutta, da grattarsi in continuazione. Però le hanno fatto passare avanti un signore che si è portato dietro tutti quelli che non hanno il problema del lattice, così lei è scivolata in fondo anche alla lista della mattina. Alle due e mezza è arrivata un'infermiera, o una dottoressa, a dirle che con lei ci si vedeva domani. </span></p><p><span style="font-size: large;">Come domani?- ha detto la mia figliola- quindi non mi operate? Ma sono stata senza mangiare né bere da ieri sera!</span></p><p><span style="font-size: large;">Allora vai a mangiare qualcosa e ci vediamo domattina.</span></p><p><span style="font-size: large;"> E' andata a mangiare un panino al bar e quando è tornata è arrivato un altro infermiere che le ha detto: Sei pronta? Via, che si va in sala operatoria. </span></p><p><span style="font-size: large;">A quel punto mia figlia gli ha detto che ormai aveva mangiato e che si mettessero d'accordo per benino fra di loro su cosa intendevano fare. Più tardi hanno mandato una dottoressa giovane a scusarsi perchè con lei c'era stata un po' di confusione e che l'avrebbero operata il giorno dopo. Cose surreali dell'ospedale di Arezzo. Anche comiche, se non ci fosse la salute di mezzo. L'operazione è andata bene a parte la gestione del dolore post operatorio. La mattina stavamo andando da lei che doveva uscire dalla sala operatoria e io avevo anche il controllo della mia cataratta, quando ci è arrivato un messaggio che diceva: fate qualcosa perché muoio dal dolore e non mi ascolta nessuno. Ci si può immaginare la preoccupazione. Ho fatto il controllo a razzo ascoltando l'oculista con un orecchio solo e Mauro intanto è entrato a vederla. L'antidolorifico, per fortuna, somministrato in ritardo o insufficiente o cosa, stava facendo effetto. E' andata, ma lei ha trovato tanta differenza, in peggio purtroppo, con l'ospedale di Negrar dove di dolore non ne aveva sentito quasi per niente nonostante l'intervento fosse stato più molto importante. Comunque sta superando anche questa e per un po' smetteremo di parlare di operazioni e roba del genere. Spero. </span></p><p><span style="font-size: large;">Il giorno della dimissione aspettavo fuori dal reparto. Insieme a me c'era una signora magrolina, piccolina, più anziana di me, sola, evidentemente in ansia, però molto dignitosa. Mi ha chiesto se avevo visto passare qualcuno di ritorno dalla sala operaoria, ma non era passato nessuno. Mi ha raccontato che il marito era morto da dieci anni e lei vive con questo figlio che era sotto i ferri ora. Anzi: lei ha detto che è il figlio a vivere con lei. Un figlio grande, intorno ai 50 anni, che ha solo lei. Pochissime parole, che trasmettevano solitudine e necessità di fare da sola, di trovare in sé la forza che ci vuole, anche in un'età in cui ci si dovrebbe riposare, ma non si può, perché quello con cui si poteva dividere le cose, fra cui il peso della vita, non c'è più da tanto. Bisogna far da sola, vestita per bene, capelli colorati, quasi come una difesa, come dire "ce la posso fare". Dopo parecchio tempo è passato il lettino col figlio operato, un intervento lungo e complicato. Lei si è avvicinata un attimo, l'ha toccato, poi si è rimessa a sedere. Ha alzato la testa e mi ha chiesto : "E' fidanzata, sua figlia?" Una tenerezza infinita.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">L'estate 2023 sembra non finire mai, mentre scrivo le cimici asiatiche si affollano sulla zanzariera per entrare in casa, ma c'è stata una buona pioggia che ha ravvivato il giardino e ho potuto lavorare l'orto per mettere, in gran ritardo, qualche cavolo e insalata invernale. Ho riaperto il mio B&B e ho avuto qualche ospite. Ho iniziato i primi di agosto e ho potuto mettere a disposizione un po' di pomodori e cetrioli nostri che all'inizio erano bellissimi e buoni. I cetrioli stranamente ci sono ancora ma le cimici hanno rovinato i pomodori. Ho lasciato le piante che sono ancora verdi sperando che un po' di fresco limiti queste bestiacce e si riesca a mangiare ancora qualche frutto decente più avanti. Pungono la buccia dei frutti che diventa legnosa e marrone, e comunque i pomodori restano piccolissimi. Mi chiedo come faremo l'orto nei prossimi anni, visto che anche le zanzare che si alzano a stuoli dalle piante fanno diventare il lavoro nell'orto e in giardino un atto eroico. Ci pensavo stamani mentre, col fresco, quando ancora le assassine non si muovono tanto, tritavo passando col tagliaerba i resti di potatura. In agosto la gente si fermava da me per una notte, facendo tappa per raggiungere località di mare o turistiche. Sorridenti, vestiti come in estate, calzoncini corti, canottiere, mentre parlavano con me cominciavano a saltellare per i pizzichi di zanzara. Io vestita come in inverno, calzoni lunghi stretti alla caviglia, calzini, maglietta a mezze maniche. E anche così mi pizzicavano il sedere attraverso la maglia leggera dei pantaloni. Ho sentito che in Valpadana anche chi ha gli erogatori di pesticidi col timer non si salva. </span></p><p><span style="font-size: large;">Riflettevo su come sia schizoide questo mondo che abbiamo creato. Mi sono impegnata a sorridere e essere accogliente con gli ospiti che ho avuto, a tacere su quanto ero stufa del caldo esagerato, degli insetti molesti, del lottare contro la siccità e i cattivi pensieri. Per non dire della preoccupazione per la salute di questa figlia. Spero di essermi tenuta tutto sufficientemente per me, di non aver esalato pessimismo. Perché poi neanche è pessimismo, è realismo puro. Lungo le coste dove la gente si abbronza pullulano meduse e arrivano barche cariche di disperati. Per non parlare della guerra. L'obbligo di divertirsi e spendere cozza con giornate in cui si starebbe chiusi da qualche parte con l'aria condizionata o almeno il ventilatore. Siamo diventati amici, io e il ventilatore, ci ho dormito insieme tutta l'estate. </span></p><p><span style="font-size: large;">Quindi che faccio? Sorrido, ringrazio gli ospiti per essere venuti, non gli dico che mi sembrano matti per andare in giro con 40 gradi, scambio parole il più possibile gentili, cercando di non essere schizoide come il telegiornale. Sto smettendo di guardarlo. Il regno unito nei TG, esiste solo nelle persone di re Carlo e i suoi parenti. La goletta verde passa a giugno per assegnare bandiere blu e dire che meglio di così non si può, l'Italia è il Paradiso delle vacanze; e ripassa a agosto, quando i disgraziati sono finalmente in ferie, per fare prelievi e dire che è tutto inquinato da ammalarsi a metterci un piede. Tipo Marcovaldo. Non credo di essere l'unica a farci caso. Un servizio sugli spritz sulla riviera adriatica e come ci si sta bene è seguito da un altro su un'alluvione a meno di 100 km da lì con morti portati via dall'acqua. Sull'operato del governo abbasso il sipario direttamente. </span></p><p><span style="font-size: large;">Cambio argomento. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Mi hanno chiesto se volevo fare un piccolo orto alla scuola elementare del paesino. Ho detto di sì, poi mi sono pentita, poi ho pensato che era comunque una cosa bella, poi ho chiesto se trovavano qualcuno che lavorasse il terreno per piantarci qualcosa. Nessuno si è presentato e un pomeriggio sono andata con la vanga, dopo che è piovuto. Non mi piace né elemosinare né rimandare, che poi mi sveglio col pensiero di quello che non ho ancora fatto che mi tormenta... Ho vangato un pezzetto e ho tolto dalla terra un secchio pieno zeppo di gramigna e ancora ce n'era. La mattina dopo sono andata a piantare qualcosa con i bambini e le loro maestre. E maestro, per par condicio. Pensavo di proporre un orto del mondo e intanto ho cominciato con delle piantine di cavolo cinese, oltre a quello broccolo calabrese e al nero toscano. Non so quanto la piccola lezione che ho imbastito sia stata efficace. Un bambino piuttosto piccolo di dimensioni che però emanava un'aria di pericolosa autorità ha detto che gli stavo solo facendo perdere tempo. Per un attimo ho visto sul suo viso di bimbo sovrapporsi quello di un adulto...il babbo? O la mamma? </span></p><p><span style="font-size: large;">Mentre alla fine recuperavo la mia roba si è avvicinato un bambino e mi ha detto: </span></p><p><span style="font-size: large;">"Senta, le volevo chiedere una cosa. Vuole essere la mia amica?" </span></p><p><span style="font-size: large;">Ma certo che voglio! Anche fosse stato solo per te stamani sarebbe valsa la pena! <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">"La lezione- ha concluso- è stata molto interessante"</span></p><p><span style="font-size: large;"> Qui ci vuole un sorriso. Si riceve sempre di più di quello che si dà.</span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-39341450686281637482023-08-27T08:07:00.004-07:002023-10-14T10:26:36.460-07:00<p> <span style="font-size: large;">Lunedì 28 agosto, cioè domani, saremo di nuovo in ospedale, a un anno preciso dall'operazione di mia figlia all'ospedale di Negrar. Qualche giorno fa io sono stata operata alla cataratta, all'occhio sinistro e ora tocca di nuovo a lei che deve togliere la colecisti. Dopo di che spero che per un po' si stia in pace. Dall'anno scorso continuava a non stare bene, non digeriva bene, non mangiava volentieri, aveva spesso la febbre. L'operazione dello scorso anno, nel corso della quale fra le altre cose le hanno raschiato un pezzetto di intestino attaccato dall'endometriosi, le ha lasciato la stitichezza. Il medico aveva rinforzato la parete intestinale con dei punti dove era stata assottigliata e questo ha provocato un restringimento, che in linguaggio medico si chiama stenosi. Così è arrivata la stitichezza che era una delle poche cose che non aveva mai sperimentato. A inizio anno ha avuto un paio di coliche molto forti, ma brevi. Non capiva cos'erano. Ci chiamava perché di corsa la portassimo all'ospedale e arrivati a casa sua ci rimandava indietro perchè era passata. La lasciavano stremata. Una visita dal gastroenterologo ha individuato i calcoli e ora, dopo mezzo anno, dopo altre coliche e dopo la dieta, siamo arrivati anche a questa operazione. La mia mamma, che di operazioni non ne aveva fatte, rideva di quelli che andavano spesso sotto i ferri come se fosse colpa loro o ci fosse una volontà inconscia di attirare l'attenzione. Chissà che direbbe di questa nipote. Ieri e oggi li ha passati al mare e al lago di Bolsena. Ormai la prende sportivamente e mi pare cambiato il suo sguardo, più consapevole, più allegro. </span></p><p><span style="font-size: large;">Domattina alle sette saremo al San Donato e quasi sicuramente pioverà, e anche se la pioggia romperà le scatole sarò molto contenta di tutte e due le cose, che piove e che affrontiamo questo intervento necessario. Incrociamo le dita.<br /></span></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-33880139562104062682023-08-20T06:39:00.005-07:002023-09-22T09:10:39.453-07:00Demetra e Persefone<p> <span style="font-size: large;">Mia figlia abita qui in paese, in una casa che abbiamo potuto comprare per lei dopo la morte della nonna. E' un appartamento al secondo e ultimo piano in un vecchio edificio e a piano terra ha uno spazio esterno che purtroppo è quasi tutto pavimentato. Sulla sinistra ha un muro di mattoni alto quasi due metri, irregolare e brutto e dall'altra ha gli altri piccoli giardini dei vicini. In inverno ho rivestito il muro con del legno creando una finta staccionata per mascherare i mattoni e a primavera ho messo dei vasi abbastanza grandi con dei rampicanti: clematis armandii, rincospermo, lonicera, gelomino e per ultima una bella ipomea blu. Nel piccolo spazio di terra cresceva un alloro che hanno tagliato e che sarà un casino rimuovere, ma intanto ho chiesto il permesso a mia figlia e ci ho piantato un alberino di arancio amaro che mi era cresciuto da seme. Ho chiesto il permesso per ognuna di queste operazioni, perché lo spazio esterno e la casa sono suoi. Qualche giorno fa è venuta un'amica a trovarmi e di nuovo ho chiesto il permesso a mia figlia per farle vedere il giardinino. Si accede da una porta di legno inserita in un arco in muratura e l'ultimo lato dello spazio è un affaccio sulla val di Chiana, che nei giorni limpidi si vede fino al Cetona e all'Amiata. In fila si vedono i paesi: Monte San Savino, che è a 4 km, poi Lucignano, Marciano più a sinistra e dall'altro lato della valle Castiglion Fiorentino e Cortona, sicché con tutto questo panorama bellissimo non sembra di essere in un luogo ristretto. La mia amica ha osservato che le piante non mancavano, e mia figlia ha detto che c'era Demetra, cioè io, a pensarci. </span></p><p><span style="font-size: large;">Il mito greco sembra una serie di raccontini, invece è la raccolta delle varie esperienze che possono capitare nella vita umana. Si può dire che i racconti del mito sono "I ching" dell'Occidente? Forse. Chi poteva dire quando questa figlia nacque che sarei stata per lei Demetra? </span></p><p><span style="font-size: large;">Demetra era la dea greca della terra coltivata e delle messi, figlia di Crono e Rea. Persefone è sua figlia, l'altro nome di Persefone è Kore, e le Korè sono le fanciulle, in generale. Persefone era fanciulla, appunto, quando un giorno, insieme alle sue compagne, figlie di Oceano, raccoglieva fiori sulla piana di Nysa. ( Nysa era una città greco- romana i cui resti si trovano in Turchia). Dal prato spuntò un narciso (sempre lui!) di tale bellezza che lei si sporse a prenderlo. </span><span style="font-size: large;"> </span></p><p><span style="color: #f6b26b; font-size: large;">"Persefone, immersa in un sacro stupore (<span class="polytonic" dir="ltr" lang="grc">θαμβήσας</span>),
protese le mani per raccogliere il meraviglioso fiore</span><span style="color: #f6b26b; font-size: large;">."</span></p><p><span style="font-size: large;"> Ma alla base della piantina si aprì una voragine e emerse Ade, il dio dei morti, che la rapì, ancora fanciulla, contro la sua volontà, per farla sua sposa. Si era innamorato. Persefone nell'Ade piangeva, inconsolabile, voleva tornare alla luce, al sole, da sua madre. Demetra era talmente addolorata che si infuriò e fece morire la terra, la rese fredda e sterile, e non ci furono più raccolti, finché intervenne Zeus e Persefone poté tornare da sua madre. Ma nel regno dei morti Ade aveva insistito perché mangiasse qualcosa, anche se non aveva fame, e lei di malavoglia aveva assaggiato sei chicchi di melagrana. Ade sapeva che se avesse mangiato qualunque cibo sarebbe rimasta legata al suo regno per sempre. E siccome aveva mangiato sei chicchi, ogni anno Persefone torna da sua madre per sei mesi, a inizio primavera, e la terra rinasce e produce frutti, e poi per sei mesi torna nell'oltretomba, dal suo sposo, a cui pure è affezionata. </span></p><p><span style="font-size: large;">E' un racconto simbolico, ricco di significati, e facilmente ci si vede l'alternarsi delle stagioni. Qualcuno dice che i mesi di ritorno nell'aldilà in realtà sono 4, e sono quelli estivi, perché in Grecia l'estate è la morte della terra, caldissima, secca e improduttiva. </span></p><p><span style="font-size: large;">E' una storia di donne, madre e figlia. La figlia che si perde attirata da un'immagine bella, ma che nasconde un pericolo. Non va nell'Ade, la madre, perché Demetra è una dea della vita, e nell'Ade non può scendere, ma può bussare alla porta di quei posti oscuri e chiedere a gran voce a sua figlia di tornare indietro e a chi la trattiene di lasciarla andare. Certe volte una figlia l'Ade ce l'ha dentro di sé, per tanti motivi, per esempio per una malattia, del fisico o dell'anima o di tutti e due. Demetra, finché è viva, finché è necessario, va a cercare la figlia dove si è cacciata, in quel posto buio da cui rischia di non tornare, e la richiama indietro, alla vita. Mi ha commosso mia figlia l'altro giorno, quando mi ha identificato con Demetra, la dea contadina, a volte rozza.</span></p><p><span style="font-size: large;"><br /></span></p><h2><span class="mw-headline" id="Il_mito_di_Persefone"><br /></span></h2><br />lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-57150498739084539022023-07-24T10:00:00.009-07:002023-08-23T08:13:57.389-07:00shining<p><span style="font-size: large;"> "Shining" nel senso del film di Kubrick. </span></p><p><span style="font-size: large;">Era qualche anno fa e perchè niente si possa riconoscere non dirò il posto preciso e altri dettagli. Non sia mai di creare problemi a qualcuno. Era luglio, il periodo delle ferie estive della pizzeria, volevamo andare in vacanza in montagna e avevamo come al solito pochi giorni e meno soldi, sicché Mauro si mise a cercare in internet e trovò un'occasione a un prezzo non basso da suscitare sospetti, ma conveniente. Ma guarda che fortuna, pensò. Telefonò e si accordò con un signore dalla voce brillante e accogliente che alla fine disse che c'era un solo neo, siccome lui era bolognese faceva cucina emiliana e non trentina. Va benissimo ugualmente! disse Mauro. Una volta arrivati nella bella località turistica alpina c'erano tantissime case con scritto vendesi. Sono le conseguenze della crisi economica e anche demografica che vive il nostro paese. Prima, a partire dagli anni sessanta, la costruzione di centinaia e migliaia di edifici che di montanaro hanno solo l'aspetto e certe volte neanche quello, destinati allo svago dei fine settimana e alle vacanza sulla neve, costruiti, riscaldati e pensati come se le risorse a disposizione fossero infinite. Ora che soldi e energia e risorse non ce ne sono più e la gente che li ha costruiti invecchia, non li usa nessuno e vanno in vendita o in rovina, col risultato che è desolante passare in queste località. </span></p><p><span style="font-size: large;">Attivammo Google maps per trovare l'hotel: avevamo le foto di un ridente edificio in stile alpino degli anni settanta, col tetto spiovente, imbiancato di fresco, con cassette di gerani a tutte le balconate, un bel prato rasato e verde davanti con sdraio e tavolini e fiori e perfino un grosso barbecue. Cercavamo questo, proprio questa immagine, con il nome dell'hotel che non scriverei comunque, ma ho provvidenzialmente dimenticato. Google ci disse di girare per una stradina, ma non c'era né un cartello né un'indicazione, niente di niente, e la stradina era sterrata e a una sola corsia, fra gli abeti. Non può essere qui...Proseguimmo lo stesso, fra graziose seconde case circondate dagli alberi quasi tutte chiuse, alcune semi abbandonate e con la scritta vendesi sul cartello. La strada finiva davanti a un edificio più grande immerso nel bosco, che sembrava sovrastarlo, senza insegna, con l'erba del prato alta fino alla vita e tante orchidee selvatiche, bellissime, cresciute indisturbate. Il portone era chiuso e dentro nessuna traccia di presenza umana. Poteva essere stato un albergo? Non può essere questo, ci dicemmo, e tornammo indietro. Lungo la stradina, fuori dall'unica casa abitata un signore ci disse che l'hotel era quello, l'edificio che avevamo visto, ma era chiuso da anni. Avevamo prenotato? Boh. Gli sembrava incredibile. Forse affittava qualche stanza... Ebbi quella sensazione di allarme resa familiare da tutti i film dell'orrore e dissi a Mauro sottovoce, chissà perché sottovoce, che nessuno poteva sentirci, di andare via subito a cercarci un altro posto prima che fosse tardi e dovessimo dormire in auto. Ma lui aveva PRENOTATO, e non sia mai mancare alla parola data. Così tornammo indietro, parcheggiammo nell'erba alta, e andammo a bussare al portone e suonare un campanello e insistere, anche!, benché dopo la prima scampanellata a vuoto saremmo stati giustificati a andarcene. Alla fine si presentò un signore malandato e anziano, ma veramente anziano (poi ci disse di avere 84 anni), che ci accolse vivacemente, per quanto glielo consentivano le condizioni fisiche, e ci fece entrare nell'hotel abbastanza pulito, ma deserto. C'eravamo solo noi due e lui. Aspettava un grosso gruppo di ospiti che sarebbero arrivati l'indomani, intanto mica ci dispiaceva essere soli? Anche se era metà luglio. Cominciò anche a lamentarsi del fatto che non fossero ancora venuti ( chi?) a tagliare l'erba davanti e ci diede le chiavi della nostra camera che era al secondo piano. Non vi accompagno, fate da soli? La stanza era lungo un corridoio, che non ci sarebbe niente di strano, senonchè, vista la situazione, già il giorno dopo ci vedevo apparire le due bambine di "Shining" e la striscia di moquette che si riempiva di sangue. Poi mi veniva da ridere. La camera, </span><span style="font-size: large;">incredibilmente, </span><span style="font-size: large;">era pulita, anche il bagno, benché tutto usurato e invecchiato e fuori moda, e le coperte, sotto il copriletto liso e di gusto antiquato, erano rigide tipo quelle militari. Da qualche parte quella sera uscì fuori una donna dell'est, bionda e carina, gentile, che evidentemente si occupava di tutto, con la quale il signore anziano fu all'inizio gentile e poi, già il giorno dopo, diventò sgarbatissimo e prepotente. L'aveva assunta per la stagione, in nero, e lei era lì da un paio di giorni. Voleva che ripulisse a fondo tutta la struttura da sola, lavasse e stirasse la biancheria di tutte le camere, e lavorasse dall'alba fino dopocena obbedendo senza rifiatare in un rapporto in puro stile fascista, direi. Ma il fascismo in quegli anni era lontano, (ora forse non così tanto), e la signora, stufa di essere trattata da schiava anche se solo da un paio di giorni, il terzo giorno ci disse che se ne voleva andare, che quel vecchio matto si arrangiasse da solo. Ci eravamo accordati per la mezza pensione, e la prima sera mangiammo bene, poche cose ma buone, nella grande sala aperta solo per noi. Il giorno mangiavamo fuori, andavamo per malghe e rifugi. La seconda sera, siccome c'eravamo solo noi e lui non aveva tanta autonomia, ci ripropose lo stesso menù. Il giorno, usciti fuori da quella strana situazione, era una normale vacanza in montagna nel presente. Passavamo fra hotel reali, con ospiti al sole sulle sdraio, bambini che giocavano nel prato, escursionisti che rientravano stanchi e abbronzati e si fermavano a rendere conto della passeggiata. La sera rientravamo, varcando la porta dell'hotel fantasma, in una realtà parallela, in un sogno disturbante. Restammo quattro notti, non le sei che avevamo prenotato. Cominciò a piovere e l'ultima sera fece un freddo cane, immagino che accendere il riscaldamento per un intero hotel vuoto fosse impensabile, mentre l'acqua per lavarsi per fortuna era abbastanza calda. Dalla finestra della camera si vedeva il prato selvaggio, il bosco fitto e scuro e la struttura in rovina, mezza crollata, del barbecue delle foto. Eravamo capitati in quel posto dieci o vent'anni dopo il momento giusto. Bisognava dire: oops, ho sbagliato, mi scusi, torno vent'anni fa. Proprio come in Shining da qualche parte attraverso il tempo riecheggiavano risate e scherzi e sorrisi di ospiti alcuni dei quali probabilmente erano già morti, che capita in qualunque hotel, ma non ti viene da pensarci, e lì invece ci pensavi eccome. Ho un forte senso del reale, sono protetta, ma Mauro era molto turbato e non voleva che ci scherzassi sopra. Io la notte dormivo e lui aveva gli incubi. Era una vacanza schizoide, il giorno belle camminate e la sera il rientro nel delirio privato di questo anziano che pretendeva di gestire il suo hotel fantasma fuori da ogni regola, in una dimensione temporale propria. Ci raccontò qualcosa, e altre cose ci disse la signora tuttofare, molto diverse, di gente dell'est che arriva a lavorare e cercare fortuna e si adatta per forza, di come i figli di quell'uomo non riuscissero a imporsi e lui continuasse a fare quello che gli pareva. La mattina che ce ne andammo in anticipo adducendo una mezza scusa la signora che lavorava lì se ne era già andata lasciandolo solo. Lui ci disse che nel pomeriggio sarebbe arrivato, in ritardo, il grosso gruppo di ospiti che attendeva da giorni. Magari fantasmi anche questi, arrivati dal 1978, chissà. Era un peccato che dovessimo partire in anticipo, eravamo stati degli ospiti squisiti, mi ricordo ancora le parole precise. Ci sarebbe da chiedersi perché a certe persone tipo noi capitano certe cose, perché quando se ne ha l'occasione non ci si tira indietro al momento giusto. Io preferisco pensare che non è stato, alla fine, così sgradevole, è stato solo... strano. Shining.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;"> </span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-67451293229926607642023-05-11T00:41:00.001-07:002023-05-12T02:56:55.245-07:00Cronache dal giardino, la morte, il dolore, l'indifferenza<p><span style="font-size: large;"> Abbiamo iniziato tardissimo a potare gli olivi. Mauro non si sente di salire sulle scale, dopo essere caduto e essersi rotto il gomito. Lo farò io, mi sono detta, ma non trovavo il verso, o il coraggio. Poi ho iniziato, si tratta solo di iniziare. Di continuare, anche. Ho fatto anche tante altre cose, la mano destra è diventata una pinza per strappare erbacce, da quanta erba ho tolto dal giardino. Ho vangato il nostro piccolo orto, ho messo le prime piantine, ho concimato. Ho potato, raccolto la frasca, ricavato il legno buono per la stufa e bruciato il resto. Sono andata a far visita alle piante che ho messo nel campo vicino al bosco. Una lonicera dai fiorellini rosa era tutta fiorita, sembrava quasi per farmi piacere. Il gingko sta bene. Devo andare a togliere l'erba anche lì. Ho lavorato col decespugliatore che mi fa dannare per via del filo che non si allunga, ma l'ho fatto lo stesso. </span></p><p><span style="font-size: large;">Al centro del laghetto, o vasca che dir si voglia, si era formata un'isola di limo nero. Lo scorso anno la guardavo demoralizzata. Una nursery per zanzare. Come potevo metterci le mani? Come arrivare fino là senza entrare nella vasca? La maggior parte delle volte si tratta di volerlo fare e un sistema si trova. Con la zappa più leggera ho tirato l'isola verso di me. Avevo capito che era salito a galla il mastello che avevo messo al centro 14 anni fa o più nel punto più profondo, pieno di terra pesante con la prima pianta di ninfea. L'avevo capito, con sorpresa, perchè avevo visto il manico di plastica. Chi se lo immaginava che venisse su. Era venuto a galla perchè i fusti vecchi di ninfea sono leggeri e cavi e fanno da galleggiante. Sempre con la zappa ho staccato dei pezzi dell'"isola". Grossi pezzi pesanti perché zuppi. Una faticaccia. Erano fusti di ninfea grossi e legnosi con attaccato tanto di questo limo nero e morbidissimo al tatto. Insomma una volta iniziato ho continuato senza troppi problemi. I rizomi vecchi producono ancora dei getti che si possono staccare con un coltello, lasciando solo il nuovo. Se si lasciano sull'acqua in pochi giorni producono nuove radici bianche. Nell'acqua tutto procede più rapidamente. I pesci venivano a curiosare, mentre infilando le mani sotto le grosse piante e intorno al vaso galleggiante tiravo fuori manciate di radici lunghissime da arrotolare come gomitoli elastici e altre manciate di questo limo fertilissimo che però subito si disfa nell'acqua. Ho passato un paio d'ore a fare questo lavoro di pulizia, usando anche un colino da cucina, lavoro necessario sennò la vasca ribolle come una palude. I pesci erano otto. Le gambusie tantissime, ma non si distinguono l'una dall'altra se non per grandezza . Come dire, non c'è un vero rapporto. Invece gli altri pesci sono grandi e pochi e li conosco uno a uno. Dei miei pesci rossi purtroppo ne sono rimasti solo tre, grossi. La "pescia", che chiamo così perchè è la più grossa, ha le pinne morbide che sfumano in bianco, è tutta rossa e ha la pancia sempre grossa e penso sia una femmina con le uova. Tutte ipotesi. Gli altri due pesci rossi sono rosa, uno ha sulla testa una macchia rossa, l'altro comincia a gonfiare la pancia anche lui. Alcuni pesci cambiano sesso durante la vita, chissà se anche questi lo fanno? Boh. Il terzo pesce rosso, quello che comincia a avere la pancia, è Lazzaro, quello resuscitato. Capite che conoscendoli così intimamente, per quanto lo consente il fatto che io sono sulla terra e nell'aria e loro nell'acqua, ci si affeziona molto. Anno scorso ho comprato tre carpe piccole, carpe koj. Avevo resistito per tanti anni poi ho ceduto. In un caccia e pesca c'era un'offerta, le ho pagate "solo" 10 euro l'una. Quando le ha viste l'Antoinette ci ha riso dieci minuti. Ha detto che in pescheria con trenta euro si compra un pesce molto più grosso e si mangia anche. Non ha torto. </span></p><p><span style="font-size: large;">Qualche tempo fa ne ho prese altre due, costavano "solo" 7 euro, erano diminuite. Sono tutte di colori diversi, una è giallo oro, una argentata, due a macchie rosse e nere, eccetera. L'Antoinette ha la vasca piena di pesciolini rossi, da lei si riproducono, penso che succeda perché lo stagno è in ombra e le gambusie ci vivono male, sono loro che sciupano le uova. Sempre ipotesi non verificate. </span></p><p><span style="font-size: large;">Be', l'altro giorno mentre trafficavo con melma e affini, dalla parte opposta a dove lavoravo mi sono affacciata sull'acqua che lì era limpida e sul fondo ho visto uno dei miei pesci, immobile, morto. I girini gli si affollavano intorno. Perchè sì, ci sono anche tanti girini. Ho chiamato Mauro a vedere. Mi dispiaceva tanto, provavo dolore. Più lo guardavo e più mi faceva male il cuore. Ma guarda che scema, ho pensato, è un pesce, solo un pesce. Però sentivo male lo stesso. Mi è venuto un altro pensiero. Sono così abituata all'indifferenza. Vedo la guerra alla televisione e la gente che muore in mare tentando di arrivare qui e certe volte devo sforzarmi di provare qualcosa. Ho mia figlia che sta male e a volte devo ricordarmelo perchè tendo a dimenticare o ridurre. Succede, con le malattie croniche. E ora muore un pesciolino e guarda che roba. Non sono morta, mi sono detta, sono ancora capace di sentire. Se è reale sono capace. Devo ringraziare un pesciolino morto. Il giorno dopo è venuto a galla e l'ho tolto di lì. </span></p><p><span style="font-size: large;">Ho scritto queste cose su facebook, in brevissimo, lì l'attenzione sfuma dopo 15 secondi. Un uomo mi ha scritto che non era opportuno fare queste osservazioni in un post sul giardino. Dopo ho capito che pensava volessi fare un post politico sui migranti. Invece era un pensiero su come rimanere umani. </span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-23324431766566864592023-05-10T05:49:00.009-07:002023-05-12T02:52:33.261-07:00<p><span style="font-size: large;"> Domenica 16 aprile sono stata a visitare il giardino di Luca Bacci e Fabrizio Sintoni a Carpinello, in provincia di Forlì. Sono andata con l'Antonella, che conosco da tanto tempo ma solo ora siamo diventate amiche e quello che ci lega è il giardino, e il vivere in campagna. C'era anche, e da Sansepolcro ci ha portato lui, un altro appassionato del gruppo facebook di giardinaggio, Francesco, che vive a Gubbio. </span></p><p><span style="font-size: large;">Mentre scrivo piove. Che bello sentire il rumore della pioggia fuori della finestra! D'altra parte se non piovesse non sarei qui a scrivere, ma fuori a lavorare</span><span style="font-size: medium;">. </span><span style="font-size: large;">Il giardino beve, e ce ne era bisogno. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Domenica 16 aprile era giorno di "giardino aperto" da Fabrizio e Luca. Che cosa bella poter visitare i giardini degli altri! Me lo posso permettere solo ora che sono in pensione, e a volte pago pegno, come capirete fra poco. </span></p><p><span style="font-size: large;">Ho conosciuto Fabrizio Sintoni e Luca Bacci al "giardino aperto" di Simone Caratozzolo, lo scorso anno, e e erano i primi di giugno, se mi ricordo bene. Simone ha creato un gruppo di giardinaggio su facebook che si chiama "Giardini e piante a bassa gestione e irrigazione" pieno di cose, giardini e persone interessanti, poi c'è un altro gruppo legato a questo che si chiama "psichiatria e giardinaggio" per gli aspetti "psichiatrici" e divertenti. Perché la giardinite, ricordiamocelo, è una patologia! Una patologia che può guarire altre malattie, ma patologia rimane. Simone ha il giardino vicino a Apecchio, nelle Marche, in un ambiente naturale bellissimo, con un panorama da levare il fiato, ma difficile per la natura del terreno. Conoscevo diversi partecipanti al gruppo per le interazioni su facebook, ma non di persona. Entrando nel giardino, all'ombra di un albero, su una stuoia, c'erano due persone, uno mi pareva di riconoscerlo, e l'altro era un adulto disabile. Erano Fabrizio Sintoni e Sergio. Di Sergio non sapevo nulla. Le persone non scrivono nel gruppo di giardinaggio: ho un figlio disabile di trent'otto anni che vive con me. Non lo scrivono soprattutto quando per loro è un pezzo della vita normale. Quando Fabrizio era ragazzo e faceva il servizio civile conobbe in un istituto un bambino disabile, Sergio, e in seguito lo prese in affido. Questo trent'anni fa. Vent'anni fa Fabrizio conobbe Luca, il suo compagno. Fabrizio e Luca sono la famiglia di Sergio, e sono anche, fra tante cose meravigliose viste quella domenica da Simone, la cosa più bella. </span></p><p><span style="font-size: large;">C'è tutta questa polemica sulla famiglia di fatto, le famiglie arcobaleno, quelle monogenitoriali. Io farei vedere a parecchia gente la realtà di questa famiglia fatta da tre maschi, di cui due si occupano attivamente di questo adulto disabile e se lo portano in giro come un figlio a casa degli amici. Farei vedere l'affetto e i gesti d'amore. Sergio è ancora in affido, perché due omosessuali non possono adottare. O un omosessuale che ha un compagno, ma non è sposato e anche se lo fosse...o in ogni modo un maschio celibe. Non conosco come funziona la legge: certo, se succedesse qualcosa alla famiglia, Sergio non ha grandi tutele, come invece un figlio adottato. Tornerebbe a sparire, un caso fra centinaia nel grande vortice degli istituti dove le persone spesso sono numeri e problemi. Per il resto, detto brutalmente, chi vuoi che se lo voglia riprendere indietro un adulto in buona salute che però non parla, cammina con difficoltà e deve essere assistito ancora come un bambino? Come sarebbe bello se invece di tante regole idiote ci fosse più elasticità che rendesse possibili molte altre storie come questa, in cui un umano con un serio handicap trova gente che lo ama? Quanta falsità e ipocrisia dietro certe posizioni politiche. <br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Domenica scorsa Fabrizio e Luca hanno aperto il loro spazio privato, labirintico, fitto di piante interessanti e di esemplari di succulente, disseminato di mastelli in plastica pieni di acquatiche. Sergio era stato affidato a un amico Sergiositter e stava seduto in una zona appena più tranquilla, mentre loro due sfrecciavano da una parte all'altra accogliendo gente e dando spiegazioni. Luca e Fabrizio seminano peonie arbustive. Chi ci ha provato sa come è lungo il processo per ottenere nuove piante da semina e farle arrivare a fioritura, nel caso delle peonie. Infatti normalmente si trovano in vendita piante ottenute dall'innesto di porzione verde di arbustiva su porzione di radice di erbacea, quelle prodotte in gran quantità dai cinesi. Luca e Fabrizio vendono piante ottenute da seme ibride di peonia Rockii e chi le compra le chiama peonie "Baccintoni". Ormai è un marchio.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">E io? In tutto questo ero frastornata, ero partita da casa con mia figlia che aveva i dolori dei calcoli alla cistifellea e nel pomeriggio era andata al prontosoccorso con Lorenzo. Ci ha passato l'intera giornata, poi quando sono arrivata ho sostituito Lorenzo in sala d'attesa e l'ho riportata a casa dopo ancora più di un'ora. La visita al giardino l'ho vissuta con un occhio ai messaggi del cellulare e non ho fatto neanche una foto. Però ho rivisto la Silvana e la Donatella, conosciute anno scorso da Simone, giardiniere malate come me e persone così accoglienti e calde che sembra di conoscerle da sempre. Ho conosciuto di persona Alberto e infine ho rivisto la Loretta, cara amica di blog (Un roseto in via Cerreto) che mi ha portato una pianta di rosa Astronomia. Giornate così, con un piede di qua e uno di là, con la testa divisa a metà. Però belle lo stesso. <br /></span></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-9450819079382581022023-02-27T01:52:00.002-08:002023-02-27T07:56:01.689-08:00la sedia a dondolo, Elly Schlein, il capitalismo<p><span style="font-size: large;"> Abbiamo in casa una sedia a dondolo. E' una graziosa Thonet autentica, lo testimonia il marchio impresso a fuoco sotto il telaio. Il caratteristico intreccio in paglia è ancora in ottime condizioni. La sedia è un oggetto armonioso e a suo modo perfetto, testimone dell'epoca <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Biedermeier">Biedermaier</a>, un brevissimo periodo di pace fra la prima e la seconda guerra mondiale. La sedia a dondolo ha una sua storia, di cui conosco una piccola parte. C'era in centro a Arezzo un restauratore che lavorava col suocero, ce n'erano tanti, per via della fiera antiquaria che si tiene la prima domenica e sabato del mese, ma questi erano gentili, educati e anche competenti, restaurarono per la mia mamma delle porte antichissime di una casa di campagna dove abitavamo, graziose ma piccole, tanto che per usarle toccò snaturarle un po', aggiungendo un pezzo in basso. Questo restauratore aveva sempre delle cose in vendita e un giorno aveva questa Thonet di cui mi innamorai all'istante. Aveva fatto un lavoro per una famiglia nobile del centro che però non aveva più il becco di un quattrino e la signora anziana che l'aveva incaricato rimandava il pagamento. L'artigiano chiese se poteva prendere la sedia a dondolo che era nella soffitta dell'antico palazzo e un altro paio di cose. La vecchia signora disse che prendesse quello che gli pareva. Non sapeva neanche cosa aveva in soffitta e era sempre meglio che tirar fuori del denaro. Così noi comprammo la sedia, che però è stata trattata sempre con troppo rispetto, l'abbiamo usata pochissimo, per timore di rovinarla. Delle Thonet così graziose non si trovano facilmente. Diversi anni fa stava qui, in quella che era la camera di mia figlia, dove tengo il computer, poi ho dovuto metterci una poltrona più grande arrivata da casa della mia mamma. Poi la poltrona è stata venduta, sono state vendute altre cose, e spostate e girate tutte le altre nel tentativo di fare un ordine decente per vivere meglio la casa e alla fine la Thonet che impicciava in soggiorno ieri l'ho riportata qui. Ha fatto un giro quasi completo delle stanze della casa per tornare al punto di partenza. Quando me ne sono resa conto mi è venuto da ridere e ho avuto la sensazione che il mio lavoro di riordine stia quasi per finire. Tutto questo in un periodo ancora non facile per la famiglia in cui il tentativo di mettere a posto non riguarda solo l'aspetto materiale.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Avevo tolto tutti i libri dalla libreria, l'avevo smontata e rimontata con l'aiuto di un giovane rumeno del paese che si presta a fare questi lavoretti. Chi ha smontato una libreria sa di che parlo, non so quanta polvere ho mangiato. Ho pulito e diviso i libri per argomento e anche per paesi del mondo: fantascienza, psicologia, saggistica, autori europei, americani, italiani e resto del mondo. Ho dato una forma accettabile a una parte del soggiorno che usavamo sempre poco e ora invece ci passiamo del tempo, tutto senza comprare nuovi mobili e spendendo pochissimo, usando anche parte di quel materiale, viti ecc, ma anche assi di legno ancora del mio negozio, di cui parlavo in un post recente. Ho buttato via più di un quintale di carta in varia forma, ho portato dei libri a un negozio dell'usato. Ora si sta meglio, ma devo dire che nel tempo mi sono accorta che le case mi piacciono di più mezze vuote. Ho buttato roba che le mie figlie, alla mia dipartita, si sarebbero trovate a dover esaminare e buttare loro: cartelle mediche dei miei suoceri (!!!!), denunce dei redditi di tanti anni fa, bollette. Ora sembra di essere più leggeri. Ieri sera ha vinto le primarie del partito democratico Elly Schlein e ho subito pensato a Sari, che mi aveva parlato di lei. Ciao Sari, spero che tutto proceda al meglio. Vada coma vada la scelta di Elly è un buon segnale. Si dice che abbiamo bisogno di una sinistra. Sicuro al cento per cento. Se non avessimo svenduto la nostra anima alla "cultura" di Berlusconi una sinistra ci sarebbe. Il danno che ha fatto non aver affrontato il conflitto di interessi è enorme e sottovalutato ma ormai è inutile parlarne. Il momento presente è tanto per cambiare difficilissimo, fra il dopo Covid e la guerra mondiale in corso. Il Papa in questo ha proprio ragione. Avevo una domanda in testa da anni: come mai le varie dottrine economiche sono scadute superate e morte e sepolte e l'unico che resta in piedi è il capitalismo? Sembra immortale. Leggendo Eckhart Tolle mi è sembrato di capire. Il capitalismo non muore perché è quello che riflette esattamente l'ego umano, il narcisismo. Nasce da lì, trova sempre nuove espressioni, rinasce dalle ceneri, digerisce sé stesso e si rigenera come una mostruosa ameba. Qualcuno ha detto che in città alcuni condomini affittano la stanza comune del condominio come "sala per le esequie". Ci ho riso mezz'ora. Un po' di anni fa non avrebbero avuto questo "coraggio". O mancanza di pudore. Somiglia un po' alla faccenda di Zelensky a Sanremo, che poi non c'è andato, valutando le reazioni della parte di popolazione italiana a cui ancora in questi casi viene la pelle d'oca. A me viene sapendo che c'è chi si è fatto i selfie davanti alla bara di Costanzo, con la Maria De Filippi. Che si è messa in posa. Forse neanche in questo caso estremo può deludere il suo pubblico.</span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-34160170390860559302023-01-04T10:54:00.012-08:002023-01-06T10:29:20.160-08:00IRRIDUCIBILE di Federico Faggin<p><span style="font-size: large;"> Il film Contact, degli anni novanta, è tratto dal romanzo omonimo di Carl Sagan, che s</span><span style="font-size: x-large;"><span style="font-size: large;">i era inventato un diverso finale, poi cambiato nel lavoro di stesura della prima sceneggiatura del film, a cui ha lavorato. Per il finale del libro aveva fatto ricorso al calcolo del Pi greco.</span> </span></p><p><span style="font-size: large;">Il Pi greco è il numero che si usa per calcolare la circonferenza, la superficie e il volume rispettivamente del cerchio e della sfera. La formula per calcolare la circonferenza, cioè il perimetro, del cerchio la conoscono tutti e è :</span></p><p><b><span style="font-size: large;">C= 2Pi greco r</span></b></p><p><span style="font-size: large;"> dove <b>C</b> è la circonferenza e <b>r</b> è il raggio della stessa. Se ci si pensa un attimo sembra una magia, è uno dei numeri cardine dell'universo (sempre che qualcuno una mattina non si svegli e dimostri il contrario😜. È capitato!). Qualunque sia la circonferenza di un cerchio e il raggio corrispondente il valore del Pi greco è sempre lo stesso, e approssimativamente è 3,14. E' il rapporto fra qualunque valore della circonferenza e il raggio che gli corrisponde. E' un numero del tutto speciale, i matematici dicono che è reale, <b>irrazionale</b>, e <b>trascendente</b>. Ora mi ci vorrebbe l'aiuto del mio babbo per far capire queste cose. Irrazionale significa, in matematica, che non è esprimibile come la frazione di due numeri interi. Trascendente significa che è un decimale illimitato e non periodico. Si può continuare a calcolarlo indefinitamente e non trovare gruppi di numeri che si ripetono. Finora l'ultimo supercomputer che ci ha provato ha calcolato circa 9 trilioni di cifre dopo la virgola, e non ha finito, quando noi usiamo normalmente solo le prime due (3,14) che erano state calcolate già dai babilonesi (3,125) dagli egizi e da chiunque avesse bisogno di misurare il perimetro di un cerchio o la sua superficie o il volume di una sfera. Il pi greco è affascinante e gli stessi studiosi lo considerano in certo modo magico. E' uno dei numeri che definiscono la natura dell'universo. </span></p><p><span style="font-size: large;">Carl Sagan aveva inventato questa conclusione di Contact: quando a un certo punto si addentravano nel calcolo del pi greco, non ricordo più per quale motivo, nella sequenza di decimali per ora infinita individuavano il disegno del cerchio e questa per lui era la prova che un'intelligenza aveva creato il mondo e lasciato queste tracce. Ricordo che quando lo lessi mi commosse, non so bene perché. Forse perché anche lui testimoniava una ricerca comune a tutti gli uomini. O quasi.<br /></span></p><p><span style="font-size: large;">Tutto questo si lega per me ad un <a href="https://www.youtube.com/watch?v=ZnZkX9qfi8A">libro in uscita del prof. Faggin</a> di cui ho visto la presentazione in televisione. In che senso si lega? Carl Sagan cercava un segno della presenza di un'intelligenza o di un progetto ordinatore nei decimali del pi greco. Il prof. Faggin che ha lavorato tutta la vita con l'intelligenza artificiale dice che non c'è bisogno di uscire da noi stessi per trovarlo. La coscienza umana e anche animale, (o, secondo Eckart Tolle anche quella che esiste nell'acqua, aria, nella materia inerte, rocce, minerali) non è una funzione del cervello, come dicevano le scienze finora, ma ne precede l'esistenza, è un'informazione quantistica e non si annulla con la morte. Dopo Fritjof Capra e tanti altri la ricerca continua e siamo al punto in cui scienza e spiritualità si toccano ...Suggerisco la lettura di "Irriducibile". Io lo leggerò presto e speriamo di capirci qualcosa. <br /></span></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-76866303380896627332022-12-26T03:42:00.003-08:002022-12-26T03:45:51.475-08:00GHIRLANDE<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBdc7CqyUNG_c-98P8qa2QHM2XcGSHuIco7JJDYDiDrtGxq9FQ8-USJZuV7UaqMkC7NnVFNDJbFv_JkigGRSUrS_Bn5m2iMAkzRBnsQ3Uty2TJguCTkNrhmuWfxgV9PV3EDmjh3p-KZC8EIux2pkjd9jXRYaJHarfHnA_x6fNuUH2K-OA8-9h-bXOEGw/s3968/IMG_20221220_155333.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3968" data-original-width="2976" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBdc7CqyUNG_c-98P8qa2QHM2XcGSHuIco7JJDYDiDrtGxq9FQ8-USJZuV7UaqMkC7NnVFNDJbFv_JkigGRSUrS_Bn5m2iMAkzRBnsQ3Uty2TJguCTkNrhmuWfxgV9PV3EDmjh3p-KZC8EIux2pkjd9jXRYaJHarfHnA_x6fNuUH2K-OA8-9h-bXOEGw/w480-h640/IMG_20221220_155333.jpg" width="480" /></a></div><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidxQpqpi4oogkz-7eZ2Ob0BS8yozJqtyatke5rJMmj9BjFHgxgYNdix7TK5fRZOblfeQ1uRpTpPSPJj6EZFNI2jc9Grkx2_ROkwMrh7-cgJ8HkCH2qAQUTFT-_acqmrsy7OmIFnDuJl6cNKygmlqMD7tLC_Aexm9CBBoPJF_Ee2F4A6wYjOYXHKRKiog/s3417/IMG_20221222_154429.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3417" data-original-width="2937" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidxQpqpi4oogkz-7eZ2Ob0BS8yozJqtyatke5rJMmj9BjFHgxgYNdix7TK5fRZOblfeQ1uRpTpPSPJj6EZFNI2jc9Grkx2_ROkwMrh7-cgJ8HkCH2qAQUTFT-_acqmrsy7OmIFnDuJl6cNKygmlqMD7tLC_Aexm9CBBoPJF_Ee2F4A6wYjOYXHKRKiog/w550-h640/IMG_20221222_154429.jpg" width="550" /></a></div><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2RSALEGdKxpZL7Rmry88gZ2AQTMGHj8dxvFzfcK9zsKmeL2f3LcUsdfcvQJUWpuHh8xJhtURe1fhmTaiB4dqjN4pmCBlg116q4-P9RcRt0HIBzPILljNJTA8q_wC6XKfIfGpTNJCFxqxblvrFL7Vl_R0FFaCVGE4Ef73Q3bNvHxLoMLbkAkNkcu4FZA/s2976/IMG_20221222_234307.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2966" data-original-width="2976" height="319" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2RSALEGdKxpZL7Rmry88gZ2AQTMGHj8dxvFzfcK9zsKmeL2f3LcUsdfcvQJUWpuHh8xJhtURe1fhmTaiB4dqjN4pmCBlg116q4-P9RcRt0HIBzPILljNJTA8q_wC6XKfIfGpTNJCFxqxblvrFL7Vl_R0FFaCVGE4Ef73Q3bNvHxLoMLbkAkNkcu4FZA/s320/IMG_20221222_234307.jpg" width="320" /></a></div><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlDUKaYhXDeGZmHLiBpiHBDUuZRsnKsHC26boezKVehSIWEq_2qKLuHpITZAgtPLnZQJ0YH7TPdAheqx0EWhSQWIeQJnfMs1MXGRjVZonzthJi0NzxXRKZfMLeBfqdW0q9zYZ6e5S6D8fpyeP5XuiUaUEltSzRN_h2PsyWP1arLhK-9OXFS8a0uVLiGA/s3968/IMG_20221224_110631.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3968" data-original-width="2976" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlDUKaYhXDeGZmHLiBpiHBDUuZRsnKsHC26boezKVehSIWEq_2qKLuHpITZAgtPLnZQJ0YH7TPdAheqx0EWhSQWIeQJnfMs1MXGRjVZonzthJi0NzxXRKZfMLeBfqdW0q9zYZ6e5S6D8fpyeP5XuiUaUEltSzRN_h2PsyWP1arLhK-9OXFS8a0uVLiGA/w480-h640/IMG_20221224_110631.jpg" width="480" /></a></div><p><br /><span style="font-size: large;"> In questi giorni ho fatto queste ghirlande. Da qualche anno mi è presa questa frenesia ghirlandesca. Si pensa di non essere capaci e poi si inizia e una tira l'altra. Queste hanno una base di fronde leggere di bambù. L'ultima è stata ispirata da una pianta di rapacciola, credo sia la sinapis arvensis o simile, carica di questi graziosi fruttini che vedete in alto a sinistra. Purtroppo ho poco rosso, pochi frutti e bacche rosse, l'estate qui ha bruciato quasi tutto. Per cambiare ho fatto quella cupa sui toni del marrone che mi piace molto. Bisogna adattarsi a quello che c'é e vedere con occhi nuovi... Fare ghirlande è un'attività che dà dipendenza. Non si riesce mica a smettere! Il cerchio, il giro dell'anno, l'ouroboros... simbologie semplici e profonde a cui non si riesce a sfuggire che intanto che lavori sembra nutrano qualcosa dentro di te che ha fame. Se qualcuno ha Facebook può andare a vedere la pagina di Mattia Godio o il suo Jay Blue House Garden. Ghirlande meravigliose fitte e piene o lievi, con molti materiali diversi ma tutti presi dal giardino, senza oro e niente di artificiale. </span></p><p><span style="font-size: large;">Stamani ho avuto un regalo, ho ritrovato la lista dei blog che seguivo e ho letto un po', che bello! ora spero di ritrovarli, li avevo persi perché ho dovuto cambiare l'impostazione del blog e mi ha aiutato la Laura, un'amica giovane troppo carina. Intanto, in attesa della concentrazione necessaria per certe riflessioni appena affiorate, auguri a tutti!</span><br /></p><p></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6546453024388767649.post-4988591495264594882022-12-18T09:31:00.001-08:002022-12-18T09:42:47.177-08:00Buona fortuna<p><span style="font-size: large;"> In questi giorni, non so se ci avete fatto caso, ma i nostri mezzi di informazione parlano del Regno Unito soprattutto per le liti in seno alla famiglia reale. Il povero principino Henry lamenta di essere stato trattato non bene, lui e la moglie americana. Hanno fatto un matrimonio da favola, ma c'è stato un atteggiamento razzista nei confronti di Megan che, anche se sbiadita, è di colore. Intanto mia figlia, che vive là, racconta di un paese dove queste ultime notti il termometro è sceso parecchio sotto zero, ha fatto meno nove, a Wokingham, dove era lei e scaldarsi è un problema serio, 10 ore di riscaldamento nella casa in affitto dove abitava costano trenta sterline. Il Regno Unito non è abituato a costi elevati dell'energia, le abitazioni non sono coibentate, tanto finora ci si scaldava con poco. Nella buona stagione contavano sul fresco e sulle piogge frequenti, ma le ultime estati ha fatto molto caldo, quasi come qui, perché l'anticiclone è salito fino da loro. Ora mia figlia racconta di 4 milioni di bambini sotto la soglia di povertà, e di famiglie dove bisogna scegliere, questo inverno, se scaldarsi o mangiare. Ne deduco che i media ci stiano offrendo una visione quanto meno parziale, come per molte altre cose. Ieri mia figlia ha fatto il trasloco numero 5. Da Wokingham, cittadina nei dintorni di Reading che a sua volta è nell'interland di Londra, si sposta di nuovo in Galles, a Conwy, per seguire il compagno che ora lavora là. Ci teniamo in contatto su whatsapp. Era contenta di tornare a Conwy, ci aveva vissuto, ci aveva conosciuto Dave, si era affezionata e in effetti è un posticino molto bello sul mare d'Irlanda. Eppure quando ha lasciato la casa di Wokingham ha provato una brutta sensazione. "I traslochi sono gli eventi più stressanti dopo la morte di qualcuno" le ho scritto io, consapevole di non poter fare molto più di questo. Arrivata dopo 4 ore e mezza di viaggio su strade gelate ha mandato una foto in cui è trionfante: la casa che aveva visto solo in foto le piace e i proprietari hanno lasciato un biglietto di benvenuto e una bottiglia di prosecco. Ora spacchetta le sue piante. Le aveva avvolte in tnt per fargli superare il viaggio con temperature intorno allo zero anche di giorno Non ha figli, ma si è appassionata alle piante, solo quelle di appartamento. Si potrebbe dire che è banale, con una mamma che si occupa del suo giardino, ma non è così: finora non distingueva il prezzemolo da una quercia, per modo di dire. Coraggio, si ricomincia. Buona fortuna, figliola. </span><br /></p>lorenzahttp://www.blogger.com/profile/10649319339093279261noreply@blogger.com0