I quaderni di San Gersolè.



Il mio babbo amava i libri. Li amava per la loro funzione, non come oggetti in se e per se.Gli piacevano perchè con i libri si poteva viaggiare, conoscere, imparare e sognare. Quando ero malata arrivava con un libro, perché, costretta a stare a letto, non mi annoiassi e imparassi qualcosa. Una di queste volte che ero malata mi portò i "Quaderni di San Gersolè"  un libro di testi e uno di meravigliosi disegni. Pubblicati da Einaudi, mi pare.  Si trattava dei lavori dei bambini di una scuolina  della campagna toscana, e la maestra si chiama Maria Maltoni. Sono andata su Internet per vedere se qualcuno si ricordava di quella scuola e della maestra e ho scoperto che c'è, all'Impruneta, un "Fondo Maria Maltoni" per conservare e valorizzare il suo lavoro e quello dei suoi alunni. Potete cercarlo anche voi digitando il suo nome . Qui di seguito un brano scritto da Maria Maltoni che illustra il concetto di scuola che istruisce e quello di scuola che educa.

«La prima ha per traguardo l’esame; la seconda la vita. La prima mira, come ultima meta, a formare il professionista; la seconda l’uomo. La prima lavora sulla mente e fida sulla memoria; la seconda mira al cuore e confida sulle sue invisibili conquiste. Il maestro che istruisce vuole che gli siano resi subito i resultati del suo operato; quello che educa li affida al tempo e non chiede che alla vita le sue risposte.
Io mi sono scelta la scuola che si propone di educare».

Se andate sul sito del Comune di Impruneta troverete i disegni dei bambini, alcuni rappresentano la città e il paese in cui vivevano, altri le attività della campagna; erano per lo più figli di mezzadri, artigiani, carbonai, sempre coinvolti nel lavoro degli adulti, per aiutare a vendemmiare, cogliere le olive, accudire gli animali. Alcuni disegni sono la riproduzione fedele delle osservazioni di insetti e fiori trovati nei campi e sono bellissimi, degni di un disegnatore naturalista. Il libro che ho io contiene appunto una selezione di disegni di piccoli animali e piante: l'anemone coronaria, la fumaria, la ginestra, la mantide religiosa, il geco, un grosso coleottero. Qui di seguito un altro scritto della maestra che tratta del disegno dal vero :




Il disegno dal vero


«Il suo principale scopo è di avviare e sempre più rafforzare l’osservazione. […] L’educatore deve accettare per buono qualunque sgorbio e vederci egli stesso quello che ci vede il bambino. […] Non è immaginabile quanto questo esercizio influisca sull’educazione del fanciullo al concentrarsi, al pensare, allo stare attento, al divenir preciso, a far tacere, gradualmente, il bisogno il bisogno di continuo movimento e al saper trovare nel lavoro un compenso a questo bisogno. Non mi fermo a discutere nemmeno con me stessa quali siano i rapporti fra l’espressione artistica e questi disegni, non mi pare che sia sotto questo aspetto che si devono considerare, ma bensì sotto l’aspetto dell’essere il disegno un fattore educativo della massima importanza per le abitudini più sopra accennate ed altre ancora».
 Quando le mie bambine erano alle elementari tante volte le ho invitate a tentare di disegnare la realtà, a guardarla per bene, a cogliere i particolari di un paesaggio, di uno dei nostri gatti che riposava acciambellato, di una foglia o di un fiore. Io, bambina, provavo una grande emozione e la sensazione di entrare profondamente in contatto con gli oggetti quando li disegnavo. Era un modo di sentire molto intimo e raffinato, che auguravo alle mie figlie. Non è stato così. La scuola non le ha mai stimolate a fare questo, nemmeno le migliori delle loro maestre, e ne hanno avute di brave! D'altra parte non avevano neanche lo strumento. Loro avevano i pennarelli, grossolani o fini, ma omogenei, impossibile creare chiaroscuri e sfumare. Noi avevamo delle buone matite. Noi avevamo la prima tivù in bianco e nero, loro il colore e tanti cartoni animati. Noi avevamo ancora vicina la campagna e una pratica quotidiana di erba, fiori di campo, galline, oche e conigli . Ed eravamo semplicemente un'altra generazione, ancora abituata ad osservare. Si può trovare il modo di donare ai nostri piccoli, ai piccoli dell'uomo di questa società, il mondo ? E' qui a disposizione, tutt'intorno a loro, e sembrano non vederlo. Con il disegno della realtà ne prendono possesso.
 Questo accadeva a me da piccola, ricordo la concentrazione, l'immersione in un lavoro che non doveva essere giudicato, doveva solo essere fatto. Il libro di San Gersolè era un grande stimolo, lo guardavo e provavo il desiderio di fare anch'io dei disegni così belli.

Si possono anche dire delle cose sulla freschezza dei testi dei bambini , sulla lingua toscana che usano, sul fatto che rappresentano delle testimonianze vive di un mondo rurale che è stato inghiottito dal tempo e ognuna di queste cose ci porterebbe lontano.

L'esperienza di Maria Maltoni mi racconta un'altra cosa, che in Italia abbiamo un tale patrimonio di esperienze didattiche e pedagogiche che non abbiamo da farci insegnare niente da nessuno. Spero che questo scritto serva a qualcuno per conoscere una cosa bella con cui non aveva mai avuto contatto prima.

Le foto sono del gatto Sandro e del Chicco con mia figlia .