Canto piano (Plain song) e la Maria Luisa Cucinelli

  




Il 26 luglio abbiamo perso una delle amiche più care, la Maria Luisa Cucinelli. Riesco a scriverne solo ora. Se ne è andata nel sonno e tutte noi speriamo che non se ne sia accorta. Era malata da parecchio e piano piano era diventata quasi del tutto dipendente dagli altri. Nonostante questo andava a lavorare al mattino accompagnata in auto e spesso restava anche nel pomeriggio. Arrivata a casa andava a dormire, perché stare tante ore in carrozzina con una limitata capacità di muoversi era molto faticoso. Quando chiedevo se non era il momento di andare in pensione, che nel suo caso ce l'avrebbero mandata subito, diceva che almeno aveva una buona ragione per alzarsi dal letto, la mattina, visto che si occupava, come medico, di dipendenze. Si appassionava ai pazienti e alle loro storie e cercava di fare il possibile per essere d'aiuto. L'ha fatto fino alla fine.
Le volevo, le voglio, molto bene. Quando ebbe il primo segnale della malattia  capii di che si trattava e vidi cosa l'aspettava: mi sembrò impossibile il futuro senza di lei, e provai un grande dolore che mi accompagnò per molto tempo.  Negli anni c'è stato questo lungo declino del corpo, ma non della mente. Leggeva tanto e una volta mi suggerì un libro: "Apnea", la storia vera di un giovane che diventa tetraplegico dopo un incidente con gli sci. Leggendolo capii che stava cercando di comprendere, e far comprendere anche a me, cosa l'aspettava negli anni a venire, cosa significava farsi fare tutto dagli altri, essere dipendente, se la vita poteva conservare un gusto da assaporare, se poteva valere la fatica, come ci si poteva attrezzare. Lo faceva con gli occhi aperti, con grande razionalità. Gli ultimi tempi non riusciva nemmeno a leggere perché non vedeva più bene. 

Quando già usava le stampelle da un pò feci un sogno. Eravamo in una pineta ed era una notte luminosa, camminavamo su un sentiero per arrivare al mare e lei mi precedeva con le stampelle, molto più veloce di me. Arrivate alla spiaggia, dove c'erano altre persone allegre e alcune facevano il bagno, ci sedemmo insieme sotto le stelle a guardare il mare, che era scuro, calmo e luccicante: bellissimo e vivo. Lei era felice di esser lì e anche io. Al risveglio mi sembrò di aver sognato un'immagine della fine della vita...

 Eravamo, siamo, un gruppetto di donne rimaste amiche dal liceo. Le altre da prima, un paio erano state insieme dalle elementari. Ad un certo punto abbiamo fatto uno sforzo per ritrovarci, quello sforzo che si fa all'inizio per una cosa che ci fa bene, ma anche un pò fatica, per via dei ritmi e degli impegni di tutte, poi è tornato ad essere solo un piacere e un bisogno. 
Quest'estate ho letto "Plain song" di Kent Haruf. Il traduttore dice della difficoltà di rendere il titolo in italiano, tradotto alla fine con "Canto della pianura". Certamente una scelta ottima, eppure, come succede con l'inglese, Plain song, dice il traduttore, suggerisce molte cose ed è difficile renderle tutte. L'idea di un canto della pianura, e la vastità, la solitudine, la libertà della pianura e insieme la difficoltà, ma anche il dono di incontrarsi,  in spazi grandi ( la vita?) dove ci si trova a essere sempre in qualche modo distanti. Suggerisce anche l'idea del canto piano, o canto a cappella, senza strumenti d'accompagnamento, spesso polifonico. Plain song è tutto questo e si capisce che l'italiano rispetto a queste immagini è riduttivo. Il nostro "plain song" è ciò su cui mi fermo oggi. Eravamo come un coro di voci, tutte diverse, alcune a volte dissonanti. Ci eravamo trovate a scuola, per caso, si può dire, ma alcuni negano che esista il caso. Io lo ringrazio per avermi fatto incontrare queste amiche, queste anime affini, ma neanche troppo, queste persone disposte a volermi bene. C'è chi resta solo una vita intera. Insieme veniva fuori un  canto armonico, per l'affetto che ci lega, ed ora una voce manca. Incontrarsi era sempre consolatorio, sempre utile, tornavi sempre a casa con il cuore caldo. Eri stata accettata, compresa anche solo col silenzio, perdonata per gli errori se c'era bisogno, aiutata a capire. Come faremo senza la Luisa? Come si trasformerà il nostro canto piano, il nostro plain song? Davvero non so. In questi giorni, parlando fra noi di tutte le cose di cui parliamo, figli, mariti, libri, cani e gatti, il lavoro, i colleghi, il mondo, ogni tanto abbiamo parlato della Luisa come se fosse ancora con noi, viva. "Questo bisognerebbe chiederlo alla Luisa." "Questo libro ( o film) piacerebbe alla Luisa."

Poi una di noi l'ha sognata.
 Mi ha chiamato per dirmelo. Ha sognato che la Luisa le ha telefonato dall'aldilà, o da dove si trova ora, e che lei era sospettosa e le ha fatto delle domande su cose accadute quando erano piccole: se avesse risposto correttamente sarebbe stata certa che era proprio lei. Ma non ha voluto rispondere; invece, un pò scocciata per essere stata messa alla prova, le ha dato una serie di indicazioni, col tono direttivo che ricordiamo bene. Infine ha detto che avrebbe richiamato. Io e quest'altra amica chiedevamo spesso il parere della Luisa, ma ne eravamo anche intimorite, per il rigore, e anche perché non ce ne lasciava passare mezza. D'altra parte un parere è interessante se te lo da una persona capace di esercitare il senso critico. In me si era come saldata col mio giudice interiore. L'altra, quella che l'ha sognata, mi aveva chiesto in questi giorni "Tu credi che ci giudicasse?"
"Ma no!-ho detto io- Era solo che voleva il meglio per noi, e che non ci mettessimo nei guai, che non facessimo cose di cui ci saremmo pentite."
Quando la mia amica si è svegliata non ricordava niente degli "ordini" che la Luisa le aveva dato, solo il tono della voce e una specie di impazienza, perché tutti sappiamo che è complicato telefonare dall'aldilà. Abbiamo riso finalmente e io ho detto che ero contenta che la Luisa si fosse "fatta viva". Poi mi sono resa conto di quello che avevo detto. Dico ancora cavolate senza accorgermi. Ho capito che non l'avevamo persa, se è capace di arrivare nei nostri sogni.

Tutto qui. Le foto le ha fatte Mauro al Cervino e ad alcuni suoi fiori.