Vivere con cento cose 3: su come possedere cose influisca sulla felicità.
Possedere cose è in rapporto con la felicità personale. Quelli della mia età lo sanno bene, figli del dopoguerra, per noi era un sogno possedere oggetti, la casa, gli elettrodomestici, l'auto, la pelliccia, i gioielli, dei bei mobili, bei tappeti, oggetti d'arte... un elenco infinito, se si vuole, secondo la cultura e le propensioni personali. Si veniva da periodi di povertà assoluta e possedere cose utili migliorava tanto la vita, pensiamo al frigorifero per conservare il cibo, alla lavatrice, alle coperte per i letti, alle scarpe! Al tempo dell'infanzia dei miei genitori tantissimi camminavano scalzi. Poi però gli oggetti sono diventati status symbol , e girava la testa a vedere, per esempio qui ad Arezzo, che gli orafi, adesso in declino, compravano per i loro bagni rubinetti d'oro e pietre dure. Non c'è fine all'ostentazione del lusso. Ma rende felici? No, non è certo che una persona molto ricca sia anche molto felice. Comunque anche quelli che non sono ricchi hanno visto aumentare nelle loro case il numero degli oggetti, abiti, scarpe, lascio a voi l'elenco.
Credo che si potrebbe usare una funzione matematica per descrivere questo rapporto fra il "benessere" e il "possedere cose" . Sarà una funzione che ha sull'asse delle ascisse (x) il numero delle cose in possesso e sull'asse delle ordinate(Y) il benessere . Si vedrebbe subito che all'inizio i due valori crescono in proporzione ma c'è un valore critico delle x superato il quale la y decresce quasi a picco. Mi diverte parlare così, ma credo di scocciare parecchi lettori, quindi traduco. Quando le cose possedute sono troppe non sono più gestibili, diventano solo fonte di lavoro e di preoccupazione. Per scendere terra terra per me è quasi impossibile gestire, per esempio, gli abiti di tutti i componenti della famiglia . Invito continuamente tutti a scartare le cose che non mettono. Il criterio di utilità di un oggetto è semplicissimo: se non lo usi, qualunque cosa sia, da più di due anni vuol dire che non ti serve più. Allora li invito a fare un primo passo, parliamone e vediamo cosa farne . Se abbiamo posto possiamo metterlo via: ricordate le soffitte di una volta? Ma ora avere una soffitta è un vero lusso. Comunque se la "soffitta" (che può essere una cantina asciutta o un ripostiglio o quello che vi pare) è già piena abbiamo un'altra scelta: dare l'oggetto a qualcuno che può ancora usarlo. Un negozio dell'usato , una raccolta di beneficenza, un parente che lo accetta volentieri .. Solo alla fine c'è il bidone della spazzatura.
Tuttavia nelle case gli oggetti proliferano con velocità evidentemente maggiore di quella con cui vengono eliminati.C'è una resistenza , un'attaccamento profondo che impedisce di liberarsi del superfluo. Come se ci si identificasse con l'oggetto stesso , gli si affidasse una parte di sè , il che è quanto meno inquietante. Potrei descrivervi la trama del film comico che si svolge in casa mia, e dirvi che mio marito ha, per fare un solo esempio, qualcosa come una trentacinquina di paia di mutande e a niente vale che io gli dica di astenersi dal comprarne di nuove, perché ce ne sono alcune che sicuramente non mette, l'elastico si imporrisce e si buttano via che sono state usate forse tre volte . E' chiarissimo che mio marito considera queste osservazioni il parto di una mente nevrotica e comunque argomenti degni di nessuna attenzione, non così elevati da interessare la sua mente maschile. La sua mamma non ha mai fatto osservazioni del genere. Ma in casa sua era la sua mamma a comprare le mutande, solo quando servivano.Ho detto qualche volta che se arriverò a chiedere la separazione da mio marito e si andrà davanti al giudice, quando mi chiederà il perchè mi voglio separare dirò che è per via delle mutande.
Sicuramente qualcuno ride . Ma l'argomento è serio . In una situazione critica come l'attuale dovremmo riflettere su tutte queste cose : in un negozio si evita di fare "magazzino" , perchè si tengono soldi fermi in forma di merce invenduta , perchè non si deve fare in una casa , dove oltretutto entra uno stipendio solo? Se si fosse meno compulsivi nell'acquisto si avrebbero semplicemente più soldi a disposizione. La stessa cosa vale per i giornalini di fumetti , le scarpe di mia figlia, i CD dell'altra figlia ecc. Sono disposta a tenere quello che si usa . Per il resto chiedo perentoriamente che mi aiutino a trovare soluzioni . In fondo liberandosi di oggetti non usati si libera uno spazio , certamente prezioso in casa , e si rende disponibile una quota di felicità.
Gli oggetti non stanno solo lì. Se stanno lì il minimo che fanno è coprirsi di polvere e i CD, per esempio, non si riesce a spolverarli. Gli abiti invecchiano, devono essere comunque lavati e sistemati, altri tipi di oggetti devono essere tenuti in ordine ( es. : viti, chiodi , cacciaviti ecc.) altrimenti quando ti servono non li trovi e non li puoi usar . In casa mia ci sono moltissimi oggetti "tecnici", ma non sappiamo dove sono, così il più delle volte li compriamo nuovi . Ora tutto questo influisce sulla felicità, intesa come benessere . Sulla mia di sicuro, per me sarebbe molto semplice gestire meno cose, visto che tocca a me. Semplificare è essenziale perchè io riesca a svolgere tutti i compiti che mi vengono attribuiti, a maggior ragione ora che non ho un lavoro fuori casa e tutti pensano che debba far tutto io, tanto non lavoro. Ma un giorno riguarderà anche le mie figlie e chissà se ricorderanno queste cose che scrivo. Semplificare, possedere meno cose, non significa per niente impoverirsi. Anzi è un arricchimento in tempo (grande ricchezza) libertà mentale e miglioramento della qualità del lavoro. Il lavoro della casalinga , o del casalingo, merita una maggiore considerazione, non deve esser svolto come un'attività "tradizionale" immutabile, ma con senso critico e volontà di migliorarlo, da esso dipende una porzione grande della nostra vita.
Credo di aver sollevato un argomento comune a tante famiglie, che se correttamente affrontato renderebbe la vita migliore a tutti. E' uno sviluppo di "vivere con cento cose " e altri ce ne saranno, perché io non faccio che pensare alla storia della DECRESCITA FELICE e cerco nuove strade e soluzioni .
Credo che si potrebbe usare una funzione matematica per descrivere questo rapporto fra il "benessere" e il "possedere cose" . Sarà una funzione che ha sull'asse delle ascisse (x) il numero delle cose in possesso e sull'asse delle ordinate(Y) il benessere . Si vedrebbe subito che all'inizio i due valori crescono in proporzione ma c'è un valore critico delle x superato il quale la y decresce quasi a picco. Mi diverte parlare così, ma credo di scocciare parecchi lettori, quindi traduco. Quando le cose possedute sono troppe non sono più gestibili, diventano solo fonte di lavoro e di preoccupazione. Per scendere terra terra per me è quasi impossibile gestire, per esempio, gli abiti di tutti i componenti della famiglia . Invito continuamente tutti a scartare le cose che non mettono. Il criterio di utilità di un oggetto è semplicissimo: se non lo usi, qualunque cosa sia, da più di due anni vuol dire che non ti serve più. Allora li invito a fare un primo passo, parliamone e vediamo cosa farne . Se abbiamo posto possiamo metterlo via: ricordate le soffitte di una volta? Ma ora avere una soffitta è un vero lusso. Comunque se la "soffitta" (che può essere una cantina asciutta o un ripostiglio o quello che vi pare) è già piena abbiamo un'altra scelta: dare l'oggetto a qualcuno che può ancora usarlo. Un negozio dell'usato , una raccolta di beneficenza, un parente che lo accetta volentieri .. Solo alla fine c'è il bidone della spazzatura.
Tuttavia nelle case gli oggetti proliferano con velocità evidentemente maggiore di quella con cui vengono eliminati.C'è una resistenza , un'attaccamento profondo che impedisce di liberarsi del superfluo. Come se ci si identificasse con l'oggetto stesso , gli si affidasse una parte di sè , il che è quanto meno inquietante. Potrei descrivervi la trama del film comico che si svolge in casa mia, e dirvi che mio marito ha, per fare un solo esempio, qualcosa come una trentacinquina di paia di mutande e a niente vale che io gli dica di astenersi dal comprarne di nuove, perché ce ne sono alcune che sicuramente non mette, l'elastico si imporrisce e si buttano via che sono state usate forse tre volte . E' chiarissimo che mio marito considera queste osservazioni il parto di una mente nevrotica e comunque argomenti degni di nessuna attenzione, non così elevati da interessare la sua mente maschile. La sua mamma non ha mai fatto osservazioni del genere. Ma in casa sua era la sua mamma a comprare le mutande, solo quando servivano.Ho detto qualche volta che se arriverò a chiedere la separazione da mio marito e si andrà davanti al giudice, quando mi chiederà il perchè mi voglio separare dirò che è per via delle mutande.
Sicuramente qualcuno ride . Ma l'argomento è serio . In una situazione critica come l'attuale dovremmo riflettere su tutte queste cose : in un negozio si evita di fare "magazzino" , perchè si tengono soldi fermi in forma di merce invenduta , perchè non si deve fare in una casa , dove oltretutto entra uno stipendio solo? Se si fosse meno compulsivi nell'acquisto si avrebbero semplicemente più soldi a disposizione. La stessa cosa vale per i giornalini di fumetti , le scarpe di mia figlia, i CD dell'altra figlia ecc. Sono disposta a tenere quello che si usa . Per il resto chiedo perentoriamente che mi aiutino a trovare soluzioni . In fondo liberandosi di oggetti non usati si libera uno spazio , certamente prezioso in casa , e si rende disponibile una quota di felicità.
Gli oggetti non stanno solo lì. Se stanno lì il minimo che fanno è coprirsi di polvere e i CD, per esempio, non si riesce a spolverarli. Gli abiti invecchiano, devono essere comunque lavati e sistemati, altri tipi di oggetti devono essere tenuti in ordine ( es. : viti, chiodi , cacciaviti ecc.) altrimenti quando ti servono non li trovi e non li puoi usar . In casa mia ci sono moltissimi oggetti "tecnici", ma non sappiamo dove sono, così il più delle volte li compriamo nuovi . Ora tutto questo influisce sulla felicità, intesa come benessere . Sulla mia di sicuro, per me sarebbe molto semplice gestire meno cose, visto che tocca a me. Semplificare è essenziale perchè io riesca a svolgere tutti i compiti che mi vengono attribuiti, a maggior ragione ora che non ho un lavoro fuori casa e tutti pensano che debba far tutto io, tanto non lavoro. Ma un giorno riguarderà anche le mie figlie e chissà se ricorderanno queste cose che scrivo. Semplificare, possedere meno cose, non significa per niente impoverirsi. Anzi è un arricchimento in tempo (grande ricchezza) libertà mentale e miglioramento della qualità del lavoro. Il lavoro della casalinga , o del casalingo, merita una maggiore considerazione, non deve esser svolto come un'attività "tradizionale" immutabile, ma con senso critico e volontà di migliorarlo, da esso dipende una porzione grande della nostra vita.
Credo di aver sollevato un argomento comune a tante famiglie, che se correttamente affrontato renderebbe la vita migliore a tutti. E' uno sviluppo di "vivere con cento cose " e altri ce ne saranno, perché io non faccio che pensare alla storia della DECRESCITA FELICE e cerco nuove strade e soluzioni .