INTRUGLI MAGICI E OLIO EXTRAVERGINE.
Il grano saraceno non è una graminacea, ma una poligonacea, cioè una pianta con un normale fiore, e il suo seme è secco e leggero, con la bella forma geometrica di un prisma, i macrobiotici lo considerano molto Yang, forte e concentrato, adatto per l'inverno. C'è un bel librino, che si intitola "i cereali e i giorni della settimana ", autrice Emma Graf, che sviscera tutta questa cosa, con suggestioni davvero interessanti. Ogni cereale si lega ad un giorno della settimana e al suo pianeta, il lunedì alla Luna e al riso, il martedì a Marte e all'orzo, il mercoledì a Mercurio e al miglio, e così via.
Mi piaceva vendere buon cibo, ed insegnare, a chi lo chiedeva o ne aveva bisogno, a cucinare e consumare nuove cose e scoprire le proprietà degli alimenti, la storia e i contenuti simbolici. Finisce che si mangia con più soddisfazione e ci si nutre per intero, anima e corpo, per tornare alla vecchia dicotomia. Si mangia un cibo e si è coscienti del suo significato, tutto si amplifica e acquista valore, anche se si mangia un piatto di cereale condito con del buon olio extravergine e qualche pomodorino crudo.
Non mi piaceva per niente, invece, essere il braccio di un'operazione puramente commerciale in cui si attribuivano ad alimenti, ma più spesso ad integratori, qualità semimagiche. C'è stato il periodo dell'erba di grano, poi dell'aloe, poi della papaia. Ognuna di queste cose doveva essere un toccasana per ogni genere di malattie. Se fosse stato vero non ci sarebbero più ammalati. All'inizio ci ho creduto, con tutta la mia buonafede. Poi ho cominciato a ridimensionare e a dare il giusto significato alle cose, l'erba di grano, ad esempio, può essere usata come un buon depurativo ed energetico e in gravidanza è una fonte di acido folico. In ogni modo noi che eravamo in negozio non abbiamo mai proposto questi integratori come magiche medicine, avevamo un certo senso del pudore e della misura che si è completamente perso per strada.
Ormai il mio negozio è chiuso da tanti anni e posso permettermi di dire quello che penso senza che si pensi, scusate il bisticcio, che faccio pubblicità o che faccio la guerra a qualche ditta produttrice. Mi è capitato di entusiasmarmi per qualche prodotto e di riuscire facilmente a comunicare entusiasmo e convinzione ai clienti, ma mi è successo di sentirmi manipolata, di dover imparare a memoria le parole di una brochure e di non crederci per niente. Questo quando ho lavorato in un negozio che non era mio, per un anno.
In questi giorni sono capitata in casa di una vecchia signora che aveva in frigorifero una bottiglia dell'ultimo magico intruglio, una bevanda miracolosa ricavata da un frutto tropicale. Per venderla all'anziana signora non so come abbiano fatto ad agganciarla, ma ci sono andati in due, di cui uno medico. Un medico deve essere proprio disperato, mi vien da dire, per mettersi in un pasticcio simile. La bevanda, un succo di frutta da consumare poco diluito, viene dichiarato ricco di vitamina C e adatto per curare 40 sintomatologie diverse. A 26 o 27 euro la bottiglia.
Non credo che riporterà la vecchietta indietro nel tempo. Che sarebbe l'unica cosa in grado di migliorare il suo stato di salute, visto che ha quasi 90 anni.
In negozio accadeva un'altra cosa curiosa, con scadenze quasi regolari, ogni due o tre anni, arrivava, attraverso un cliente, una medicina magica gratuita. Me ne ricordo un paio, il kefir, che di solito è il nome di una bevanda simile allo yogurt, fatta con il latte, era invece un fermento, che doveva essere messo in una preparazione di tè, zucchero e limone; era una massa granulosa e trasparente che viveva in questo liquido, che poi si doveva filtrare e bere. Era accompagnata da un foglio fotocopiato su cui erano scritte alcune caratteristiche e proprietà. Di solito i fogli, fotocopiati più volte, erano quasi illeggibili, ma chi lo usava sembrava non avesse bisogno di sapere, aveva FEDE.
Un'altra cosa era un fungo?, alga?, un organismo che viveva anche questo nel tè, si metteva sulla superficie del liquido e in poco tempo, un giorno o poco più, copriva tutta la superficie esposta all'aria. Anche di questo si beveva il liquido di coltura, che risultava, secondo me, leggermente alcolico. Io li ho avuti tutti e due ma poi non sono riuscita a consumarli, ero diffidente e non avevo abbastanza fede. Mi facevano impressione queste creature aliene di provenienza incerta, mai trovate sui libri di scuola, che proliferavano velocemente, inesorabili, dentro una caraffa di vetro, in casa mia. Mi stupivo anche di questo traffico spontaneo, gratuito e sottratto a qualunque controllo, di roba alimentare. Mi stupivo e in fondo mi rallegravo, c'erano cose che sfuggivano al Mostro Mercato, che si diffondevano con la rapidità delle notizie su Internet, più veloci, considerando che non si trattava di uno scambio virtuale. Questo dà l'idea di una società che si muove, che è viva, che ha bisogno di sognare ed è disposta a credere di poter star meglio, di poter guarire e di poterlo fare gratis senza interventi della medicina ufficiale. In questo c'è del buono e del cattivo, ma è un fenomeno interessante.
Torno all'ultimo intruglio magico. Questo qui non è gratuito.
Xango, si chiama e lo trovate digitandone il nome su Internet . Si vede che la sensazione non l'ho avuta solo io, perchè anche Altroconsumo la definisce l'ultima bevanda miracolosa, proposta come uno pseudo farmaco, come una panacea per 40 malattie gravi diverse. Non è la prima volta che lo incontro, ad Arezzo in certi ambienti spopola, fra gente che magari si fa di cocaina e poi si depura con lo Xango. Dicono che fa benissimo, meraviglie dell'autoconvincimento. Portentoso farmaco della natura per gente che la natura la vede col cannocchiale, che vive una vita tutt'altro che naturale. La brochure non è neanche indirizzata ad un pubblico colto, è piuttosto banale, quattro cavolate sui radicali liberi e poi le proprietà antiossidanti del succo di mangostano. Ripeto: a 26 o 27 euro la bottiglia. Confezione base, 4 bottiglie, 115 euro e spiccioli. Di questi 115 euro c'è da pensare che una fetta buona vada a chi si prende la briga di acchiappare il cliente, un'altra fetta molto grossa a chi la commercializza e il costo all'origine deve essere ridicolo.
Lo Xango, chissà come mai, mi ricorda tutto il paradigma dell'era Berlusconi, ma ora, che è l'una di notte, sono troppo stanca per indagare il perché .