Primavera con merlo, frassino e abete bianco.

Avevo preparato questo post e volevo metterci delle foto, ma per ora non è possibile, quindi: senza foto, pensieri e parole sulla primavera. Chi legge dovrà molto immaginare.

Primavera: prima fredda, poi moolto calda, ora di nuovo fredda, abbastanza asciutta, almeno qui, perché non sta piovendo abbastanza per sostenere le fioriture e la nuova vegetazione. Sempre bellissima, per i fiori, ma anche per le foglie.

Le foglie, a primavera, hanno l'aspetto e il colore delle cose nuove. Vengono dalla fabbrica direttamente, come i neonati dell'uomo e degli animali; sono buffi, tutti, i neonati e le gemme che si aprono. Buffi e fragili, pieni di forza e indifesi, portatori di un progetto che in un attimo può essere annullato.
Guardavo le gemme di un piccolo frassino: sembravano musi di cammello, pelose e di un colore simile. Questo frassino (fraxinus excelsior ) viene dal mio primo giardino e me lo sono portato dietro, in vaso, per almeno sei anni, ad un certo punto un rodilegno gli ha fatto seccare il ramo principale e lui è diventato come un bonsai, poi ha raddrizzato uno dei rami laterali ed è ripartito, sempre in vaso. Qualche anno fa l'ho messo in terra. Se un albero è stato tanto in vaso ha radici adattate al vaso e ci mette tanto tempo per ricominciare a pensarsi albero, libero nella terra. 
Lui ricomincia ora, dopo due anni almeno dalla sua definitiva piantagione. Ora ha aperto le gemme e le foglie nuove sono lucide, grandi, composte e di un verde rossastro, come quelle del noce. Questo alternarsi di verdi sfumati lo fa solo la primavera, perchè anche l'autunno porta molti bei fiori, ma i suoi verdi sono più stabili, di vegetazione invecchiata, passata in mezzo alle arsure estive e declinante verso toni appassiti.


Questa primavera ci ha portato in regalo il merlo. C'era stato in altri giardini, ma qui mai, e il nostro vicino mi ha confermato che i merli hanno avuto delle avversità nell'ultimo decennio, e solo ora tornano ad aumentare di numero e a ripopolare la campagna. Merli ce n'erano in città, nel giardino condominiale dei miei suoceri, senza nessuna paura ti svolazzavano accanto. Ora ne abbiamo uno anche noi, spero sia tanto furbo da non farsi prendere dai gatti . Canta che è una meraviglia con un fischio modulato più basso, seguito da una serie di cinguettii, gli fischio imitandolo e mi risponde. Per ora va a cantare sul punto più alto in assoluto, il rametto di cima del grande abete.

L'abete non è che un albero di Natale, piantato piccolo da chi ha abitato la casa qualche anno prima di noi su un cumulo di macerie lasciate dai muratori. Non un abete qualunque, ma un bel "abies alba", un abete bianco, che mi piace moltissimo. Per lui costruii un muretto di pietre grandi e cemento, ma è diventato tanto alto e grande che l'ha spaccato. Il giardino è abitato da creature vive, che continuamente lo cambiano, soprattutto in uno spazio piccolo e terrazzato come questo.


Adesso l'abete è protagonista della  parte di fondo del giardino, insieme alla rosa Banksiae e quando vado a lavorare con la vanga il terreno trovo le sue radici rossastre, fragili e intelligenti, che percorrono ed esplorano lo spazio anche lontano dai limiti della sua chioma. Nei libri di biodinamica si dice che l'albero è come un essere umano rivoltato: la parte che sta sotto terra, le radici, sia grosse e legnose che tenere e capillari, sono equivalenti alla testa dell'uomo. I fiori sono l'apparato sessuale, le foglie sono i polmoni e gli organi di ricambio. Mi pareva una descrizione macchinosa e un pò falsa, ma poi , su Gardenia, trovai il risultato di alcune ricerche che dicevano che le radici hanno in cima degli organi di senso per esplorare il terreno.
( Insomma questo Steiner era un pò strambo , una volta disse che nel corso di questa vita alcune cose non era riuscito a farle, ma avrebbe rimediato nella prossima, dando per scontato che sarebbe rinato, però le cose che ha scritto piano piano si verificano tutte. )

Da allora ho guardato le radici con occhi nuovi e quelle dell'abete sono proprio così, in cima sono scoperte, hanno tessuto vivo, più chiaro e rosato, come piccole dita, che cercano, cieche  ma sensibili, di capire che succede intorno a loro; doverle tagliare con la vanga è sicuramente fare un dispetto all'abete, ma qualche volta devo farlo. Si aprono anche le gemme dell'abete, oggi le guardavo, quelle dei rami più bassi, le uniche ormai accessibili per me, sono piccole e vestite di un "cellofan" trasparente, quando c'è abbastanza forza nei piccoli aghi nuovi essi forzano e rompono l'involucro.
L'abete è diventato più alto del colmo del tetto  e forse fra un pò dovremo tagliarlo, perchè è una pianta con radici superficiali che con venti forti rischia di cadere addosso alla casa. Non si piantano giganti in piccoli giardini, ma non l'ho piantato io e lo taglierò solo se costretta.


Insomma: devo lavorare, ma starei tutto il giorno a guardare che succede e imparerei comunque un sacco di cose. Anche questa è vita, interessante, silenziosa, oppure che si esprime con suoni e canti non invasivi, lavora con impegno, anche in inverno quando sembra che dorma, ed ora, che tutto esce e si fa vedere.