Francesca Marzotto Caotorta e il Ponte Buriano.
Per me fare il giardino è lavorare in uno spazio libero in cui succedono cose che si ripetono di anno in anno, ma quando succedono devi dire OH!! con diversi punti esclamativi, come un bambino sorpreso. Iris e peonie servono a questo: stupirsi e sorprendersi da soli. Si può fare con molti altri fiori e ti viene una sensazione di onnipotenza quando ammucchi meraviglie una sull'altra, fai visitare il giardino, 5 minuti in tutto, e le persone spalancano occhi e bocca e dicono : "OOH!!" Mi viene da ridere , per la felicità e il divertimento. E' la sensazione che si prova quando in cielo appaiono i fuochi artificiali, suono e luce
, grande confusione e gioia.
Sto leggendo "All'ombra delle farfalle " di Francesca Marzotto Caotorta, un bel libro scritto da questa signora che è stata per molti anni direttrice di Gardenia ed è una paesaggista. Me l'hanno regalato le mie figliole per il compleanno.
Qui devo aprire una parentesi : se posso, nel mio piccolo ,avanzare una critica, vorrei dire che all'ombra delle farfalle è un titolo un pò strambo. Stare all'ombra , di queste stagioni, fa proprio piacere, se si trova un'ombra anche rada, oppure piccola, ci si stringe lì sotto e si gode, magari, un filino di vento che ci asciuga il sudore addosso. Che bellezza! Ma stare all'ombra delle farfalle mi sembra un'impresa. Le farfalle quando stanno ferme fanno pochissima ombra, con le ali chiuse; per il resto volano, e stare alla loro ombra significa corrergli dietro. Inoltre, per fare un'ombra decente dovrebbero essere moltissime farfalle, come in quelle migrazioni descritte nei documentari, grandi eventi naturali. Non mi pare sensato questo titolo, poetico forse, ma sensato per niente. Naturalmente un pochino scherzo, lo dico perchè a volte gli italiani del nord a noi toscani, rischiano di prenderci troppo sul serio. Può darsi che continuando a leggere il libro troverò un motivo saggio per questo titolo, in tal caso sono disposta a rimangiarmi la critica.
Dicevo: un libro sul come e perchè fare un giardino, complicato scriverlo, perchè si tratta di una pratica che accompagna l'essere umano dall'inizio ed ha, secondo me, motivazioni così profonde che diventa quasi impossibile descriverle tutte, si deve passare continuamente da un piano all'altro, piano estetico, piano culturale, storico, psicologico, psicoanalitico, religioso..Il giardino, anche se fosse un quadratino di terra, è un contenitore enorme della psiche, perché ci accompagna da sempre, abbiamo fatto, come genere umano, giardini per i motivi più diversi, per far colpo sugli avversari, per mostrare il potere, per far vedere che possiamo circondarci di bellezza, per circondarci davvero di bellezza ed usarla per star meglio, per curarci, per nutrirci, per avere uno spazio sicuro e pulito, controllabile. E ognuno aggiunga i suoi motivi.
Ancora più complicato il discorso sul paesaggio, che l'autrice apre e non chiude, apre cento finestre sui paesaggi italiani, quelli belli e armoniosi, che ci vengono dal passato pari pari, sembra che in mezzo ci siano passati secoli in punta di piedi, che l'essere umano si sia comportato come in una chiesa, con rispetto e attenzione. Qui da noi c'è un posto così sull'Arno, dove il fiume ci volta il muso (come disse Dante), che si chiama Ponte Buriano, per la presenza di un antico bellissimo ponte romanico ancora perfettamente funzionante. C'è un cartello che avverte che, guardando verso i monti del Casentino , il paesaggio è quello dei quadri di Leonardo , quello alle spalle della Gioconda, per capirsi. E qui torno all'ultimo post di Grazia " Senza dedica" ( è il nome del blog). Da leggere per capire di più sul paesaggio.
Di solito noi aretini non siamo così acuti , ma in questo caso l'intento è un pò di monetizzare il paesaggio, renderlo parte, perchè lo è, di tutto il patrimonio artistico che non sta assolutamente chiuso solo nei musei, ma è vivo tutt'intorno a noi . A Ponte Buriano insegnava , gli ultimi anni di lavoro, una mia zia maestra, che aveva lavorato in moltissimi paesini dispersi nei monti della Toscana, in tempi in cui molti piccoli centri erano raggiungibili solo a piedi o sul mulo. A Ponte Buriano si sentiva quasi in città e qualche volta andavo a scuola con lei, la aiutavo e stavo con i bambini, cosa che mi rendeva felice.
Mi piaceva tanto quel posto di campagna col ponte e il fiume, un paesaggio inconsueto nelle nostre terre di solito povere d'acqua.
E qui forse si può fare un parallelo fra il paesaggio e l'antico ponte. Il ponte è costruito tanto bene e tanto solido che viene ancora usato, c'è un semaforo che alterna il transito delle auto, una volta in un senso una volta nell'altro. Chi lo costruì non immaginava neanche lontanamente che un giorno lontano ci sarebbero passati sopra veicoli a motore e sarebbe stata necessaria una carreggiata doppia. Sopra, il ponte, se non sbaglio è asfaltato, se si volesse solo "conservare" forse si dovrebbe eliminare il traffico delle auto e rifare il manto stradale come era all'inizio. Ma allora sarebbe necessario costruire un altro ponte più sopra, perchè più sotto il fiume si allarga nella diga. Se si facesse più sopra si snaturerebbe il paesaggio, con una costruzione che non era possibile ai tempi di Leonardo. Sono solo ipotesi, per dire quanto, sempre, si intreccino le due questioni, della gestione e della conservazione, con intenti e scopi spesso opposti. Io preferisco che il ponte Buriano venga usato, mi piace che la vecchia roba si usi, mi fa sentire il passato vivo, e non che sto camminando in un museo e cerco di venderlo ai turisti, ma che al contrario i turisti vengono a vedere come si vive in un luogo ricco di storia dove le persone continuano a svolgere la propria vita per intero amando quel territorio e usandolo con rispetto. Ma è davvero così?
Ho aperto una finestra e non l'ho chiusa, sul paesaggio e su come esso faccia parte del "bello da vedere" in un luogo che si visita, e di più, su come quel bello faccia capire la vita delle persone in quel luogo .
Le altre foto, quelle della vasca, sono sempre della mia figliola fotografa .
, grande confusione e gioia.
Il Ponte Buriano. |
Qui devo aprire una parentesi : se posso, nel mio piccolo ,avanzare una critica, vorrei dire che all'ombra delle farfalle è un titolo un pò strambo. Stare all'ombra , di queste stagioni, fa proprio piacere, se si trova un'ombra anche rada, oppure piccola, ci si stringe lì sotto e si gode, magari, un filino di vento che ci asciuga il sudore addosso. Che bellezza! Ma stare all'ombra delle farfalle mi sembra un'impresa. Le farfalle quando stanno ferme fanno pochissima ombra, con le ali chiuse; per il resto volano, e stare alla loro ombra significa corrergli dietro. Inoltre, per fare un'ombra decente dovrebbero essere moltissime farfalle, come in quelle migrazioni descritte nei documentari, grandi eventi naturali. Non mi pare sensato questo titolo, poetico forse, ma sensato per niente. Naturalmente un pochino scherzo, lo dico perchè a volte gli italiani del nord a noi toscani, rischiano di prenderci troppo sul serio. Può darsi che continuando a leggere il libro troverò un motivo saggio per questo titolo, in tal caso sono disposta a rimangiarmi la critica.
Dicevo: un libro sul come e perchè fare un giardino, complicato scriverlo, perchè si tratta di una pratica che accompagna l'essere umano dall'inizio ed ha, secondo me, motivazioni così profonde che diventa quasi impossibile descriverle tutte, si deve passare continuamente da un piano all'altro, piano estetico, piano culturale, storico, psicologico, psicoanalitico, religioso..Il giardino, anche se fosse un quadratino di terra, è un contenitore enorme della psiche, perché ci accompagna da sempre, abbiamo fatto, come genere umano, giardini per i motivi più diversi, per far colpo sugli avversari, per mostrare il potere, per far vedere che possiamo circondarci di bellezza, per circondarci davvero di bellezza ed usarla per star meglio, per curarci, per nutrirci, per avere uno spazio sicuro e pulito, controllabile. E ognuno aggiunga i suoi motivi.
Di solito noi aretini non siamo così acuti , ma in questo caso l'intento è un pò di monetizzare il paesaggio, renderlo parte, perchè lo è, di tutto il patrimonio artistico che non sta assolutamente chiuso solo nei musei, ma è vivo tutt'intorno a noi . A Ponte Buriano insegnava , gli ultimi anni di lavoro, una mia zia maestra, che aveva lavorato in moltissimi paesini dispersi nei monti della Toscana, in tempi in cui molti piccoli centri erano raggiungibili solo a piedi o sul mulo. A Ponte Buriano si sentiva quasi in città e qualche volta andavo a scuola con lei, la aiutavo e stavo con i bambini, cosa che mi rendeva felice.
La foto è di Andrea Lisi, dal blog Il fotografo dilettante . |
Questa foto è |
Mi piaceva tanto quel posto di campagna col ponte e il fiume, un paesaggio inconsueto nelle nostre terre di solito povere d'acqua.
E qui forse si può fare un parallelo fra il paesaggio e l'antico ponte. Il ponte è costruito tanto bene e tanto solido che viene ancora usato, c'è un semaforo che alterna il transito delle auto, una volta in un senso una volta nell'altro. Chi lo costruì non immaginava neanche lontanamente che un giorno lontano ci sarebbero passati sopra veicoli a motore e sarebbe stata necessaria una carreggiata doppia. Sopra, il ponte, se non sbaglio è asfaltato, se si volesse solo "conservare" forse si dovrebbe eliminare il traffico delle auto e rifare il manto stradale come era all'inizio. Ma allora sarebbe necessario costruire un altro ponte più sopra, perchè più sotto il fiume si allarga nella diga. Se si facesse più sopra si snaturerebbe il paesaggio, con una costruzione che non era possibile ai tempi di Leonardo. Sono solo ipotesi, per dire quanto, sempre, si intreccino le due questioni, della gestione e della conservazione, con intenti e scopi spesso opposti. Io preferisco che il ponte Buriano venga usato, mi piace che la vecchia roba si usi, mi fa sentire il passato vivo, e non che sto camminando in un museo e cerco di venderlo ai turisti, ma che al contrario i turisti vengono a vedere come si vive in un luogo ricco di storia dove le persone continuano a svolgere la propria vita per intero amando quel territorio e usandolo con rispetto. Ma è davvero così?
Ho aperto una finestra e non l'ho chiusa, sul paesaggio e su come esso faccia parte del "bello da vedere" in un luogo che si visita, e di più, su come quel bello faccia capire la vita delle persone in quel luogo .
Le altre foto, quelle della vasca, sono sempre della mia figliola fotografa .