infrastrutture

Infrastrutture 

Non molti giorni fa, nella seconda metà di luglio, siamo passati dal ponte Morandi per andare in val d'Aosta. Tutti dovevano passare di lì, se erano su quel tratto di autostrada. Siamo andati e tornati e al ritorno, mentre si imboccava il ponte, ho pensato che prima si usciva di lì, da quella strada sospesa in aria ingombra di enormi camion surriscaldati sotto un sole estivo implacabile, meglio era. Un ponte certamente sicurissimo, supercontrollato, mi sono detta, ma chissà? 
Non che avessi una premonizione, direi piuttosto quel primitivo senso di allarme che provoca la vertigine dell'altezza anche su un sentiero di alta montagna dove su un lato hai lo strapiombo. 
Poi non ci si crede che un ponte su cui passano ogni giorno migliaia di mezzi non abbia controlli sufficienti,  o che controlli ci siano, e documenti che attestano un danno, ma nessuno si prenda la responsabilità di chiuderlo. 
La responsabilità di bloccare l'intensissimo traffico quotidiano per un tempo imprecisato, un traffico per cui non ci sono alternative, e tutto per un rischio probabile di crollo...mi immagino le proteste inferocite. Ora però ci sono 40 morti, oltre al danno. 
Il ponte Morandi era un passaggio obbligato per chi vuole andare oltre, in Valle d'Aosta, o in Francia, o in Piemonte, e ora non c'è più. 
Questo il significato della parola infrastruttura. E' una parola che usano i politici, che è sempre inserita negli spot elettorali, normalmente mi richiama vaghe immagini di strade, ponti, ferrovie disegnati a china su fogli bianchi, e ora acquisisce un senso così reale, ora che su quel ponte ci eravamo passati anche noi parecchie volte in pochi mesi, non solo per andare in vacanza, ma anche Mauro per accompagnare la figlia maggiore a Torino dove si trasferiva per lavoro. 
Un significato vivo che non ha bisogno di altre spiegazioni, di là non ci si può più andare o si deve fare una strada assai più lunga e complicata. La Liguria lunga e stretta, una striscia limitata a nord da montagne abbastanza elevate da meritarsi il nome di Alpi marittime, è una terra di passo più di altre, dove le strade acquistano importanza strategica essendo specialmente difficili da realizzare e soggette a frequenti alluvioni e frane, proprio per come la Liguria è fatta e per il cambiamento del clima in atto. Un'altra volta che andavamo in montagna, negli anni novanta, dal ponte Morandi vedemmo una tromba d'aria sul mare lì davanti. Non ne avevamo mai viste dal vivo e quel filo che danzava e si spostava sulla superficie dell'acqua, innocuo a vederlo e perfino bello, ci impressionò abbastanza e si pensò anche quella volta che era meglio togliersi presto di lì. 

Aosta

Ad Aosta ho visitato il museo archeologico, i resti del teatro e il criptoportico forense. Aosta, il cui nome era Augusta Pretoria, era stata creata dal nulla dai romani come città infrastruttura, come punto d'arrivo e ripartenza delle strade che valicavano le Alpi al piccolo e gran San Bernardo, alla convergenza della Dora Baltea col torrente Buthier. Era stata costruita quasi come un trampolino per prepararsi ad andare oltre, per invadere? O per coltivare rapporti, commerciare, scambiare cose e idee con la Gallia transalpina? I ponti e le strade servono a questo e i romani erano grandi costruttori, avevano ingegneri e maestranze formidabili. Hanno lasciato monumenti ma, più di tutto, le strade. C'è da immaginare i Salassi, gli abitanti della valle, che si vedono arrivare un esercito più o meno straniero che si accampa e comincia a costruire, non invitato, una città cintata. I romani non erano estranei, avevano già costruito cittadelle fortificate a difesa della valle da cui frequentemente entravano i "barbari" in territorio romano, inoltre c'erano all'epoca un traffico e dei commerci che risulta difficile immaginare, che ora affiorano nelle ricerche scientifiche più disparate. 

Il ferro di Oetzi.

Per esempio hanno scoperto che il ferro (FE) della mummia di Similaun, l'uomo vissuto  3000 anni prima di Cristo, ritrovato quasi intatto sempre sulle Alpi ma in Trentino, quel ferro proveniva dall'isola d'Elba. E così un mondo in cui gli spostamenti avvenivano, prima dei romani e degli Etruschi, prevalentemente a piedi, in cui ci si immagina che le comunità umane fossero isolate e facessero una vita complicata, improvvisamente appare diverso, con collegamenti e ramificazioni impensabili. 

Le vie romane di montagna

Aosta fu fondata all'epoca di Augusto, dopo una breve guerra in cui i Salassi vennero uccisi o deportati ad Ivrea (Augusta Eporedia il suo nome latino) dove venivano venduti come schiavi, e per il resto assoggettati e mescolati ai romani invasori. C'è una stele che testimonia l'assoggettamento.
Un cartello racconta delle strade extraurbane. Extramoenia, fuori dalle mura, c'erano queste vie difficilissime, riporto il testo:
...dure e aspre fin dalla loro costruzione: tagliate nella roccia viva, con lavori in trincea o con percorsi a mezza costa. La più spettacolare via romana tra tutte le vie dell'Impero è il tratto della via danubiana in Romania, presso il ponte Turnu Severin, ma un secondo esempio è proprio in val d'Aosta, nei tratti di Donnas e Pierre Taillée (pietra tagliata). Strabone, storico dell'epoca, offre descrizioni terrificanti dei passi alpini anche dopo la conquista romana che aveva trasformato i sentieri in strade vere e proprie.

 "Attraverso il territorio dei Salassi le vie di transito,che erano un tempo aspre e difficilmente accessibili, esistono oggi da molte parti, sono al sicuro dagli abitanti (!) e risultano praticabili, nei limiti del possibile. Cesare Augusto provvide all'eliminazione dei briganti con la costruzione delle strade, quanto e come era consentito: non era, del resto, possibile forzare ovunque la natura attraverso le rupi e dirupi smisurati che ora incombono sulla strada, ora si spalancano al di sotto, in modo che anche un piccolo passo falso è un pericolo inevitabile, perchè la caduta avviene su precipizi di profondità abissale. La strada è poi in certi tratti così stretta da causare le vertigini a coloro che la percorrono a piedi e alle bestie da soma che non siano avvezze, mentre quelle del posto trasportano i loro carichi in sicurezza. A queste difficoltà è impossibile porre rimedio, nè agli enormi lastroni di ghiaccio che si staccano dalle pareti e scivolano in basso, capaci di trascinare con sè e far precipitare nei baratri un'intera carovana." 
Queste strade impressionanti, ancora esistenti soprattutto nei punti dove furono scavate nella roccia, di cui comunque si riconosce il tracciato quando non è coperto da una strada moderna, sono piene di fascino. Le incrociamo o ne percorriamo dei tratti quando in vacanza camminiamo per i sentieri alpini in una bella giornata soleggiata in cui i pendii scoscesi coperti di fiorellini non fanno paura, ma basta che il cielo rapidamente si rannuvoli e si cominci a sentire il tuono, che lassù irrompe immenso come non accade in città, per aver subito un pò di timore. Allora pensare ai viaggiatori d'un tempo e mettersi nei loro panni e nelle loro scarpe e perfino nei loro pensieri è più facile...e le strade percorse ora per "diletto" tornano ad essere infrastrutture, mezzi per collegare, vitali, necessari.

Sulle spalle dei giganti

Quando il ponte Morandi è crollato mi è venuto un pensiero, che stiamo usando manufatti costruiti nel dopoguerra, negli anni cnquanta sessanta e settanta. Sono manufatti vitali per la nostra società. C'è quest'espressione, stare sulle spalle dei giganti, e questo sembra che abbiamo fatto per molti anni fino ad ora. 
 « Diceva Bernardo di Chartres che noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l'acume della vista o l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti. » 
Abbiamo usato oggetti costruiti dalla generazione che ci ha preceduto, che pensava che il mondo fosse immenso e le risorse infinite, e la scienza potesse risolvere ogni problema. Mio padre era uno di quegli ingegneri, un ingegnere del cemento armato, che a volte progettava oggetti che sembravano sospesi nell'aria, volanti, e che stavano in piedi ed erano sicuri. Dobbiamo scendere dalle spalle dei giganti e camminare con le nostre gambe con l'aiuto di quello che abbiamo visto da quella posizione privilegiata. Gli anni sessanta con la loro lunga eredità sono finiti e costringono non tanto e non solo alla conservazione e manutenzione, ma a nuovi modelli, completamente diversi, questo mi pare di intravedere davanti.