the wife
"The wife", "La moglie". Diretto da Björn Runge, che bravo! E' lui che estrae i personaggi dagli attori, li fa emergere sui loro volti e i loro corpi. Usa gli attori come una materia viva, è impressionante, Glenn Close non mi è mai sembrata così brava. Il film inizia a letto con i due protagonisti, moglie e marito, anziani. Ci si ritrova subito nella loro intimità e ci vengono raccontate alcune cose, forse il succo, la sostanza dei loro rapporti e di tutto il film. Si tratta di uno scrittore molto famoso e molto letto in tutto il mondo (Jonathan Pryce) al quale una mattina arriva una telefonata: qualcuno gli annuncia che ha vinto il Nobel per la letteratura. Lui non ci crede, pensa che sia uno scherzo, ma la voce al telefono dice che può verificare, abbassare la cornetta e richiamare lui stesso, per rendersi conto che è tutto vero. Aspetti, dice lo scrittore, mi dia il tempo di permettere a mia moglie di ascoltare la conversazione all'altro apparecchio. La moglie si mette all'ascolto ed è felice, sul suo viso, il viso di Glenn Close, si legge questa felicità e lo stupore. Poi insieme si mettono a saltare sul letto, come bambini. La storia inizia così.
Ogni tanto c'è un ritorno al passato, quando si conobbero, lui insegnante all'università e autore agli esordi, che tiene un corso di scrittura e conosce una studentessa molto seria e riservata, molto dotata. Per questa studentessa lascerà la prima moglie. Lui prova a presentare un proprio testo agli editori ma lei, un critico molto severo, dice per prima che non è buono, che i personaggi sono di "legno". Un'espressione che mi ha colpito, perché è una cosa che ho detto anch'io riguardo al libro di uno scrittore italiano molto noto, tempo fa. Personaggi legnosi, sbozzati, senza vita, senza profondità. Il libro verrà accettato solo dopo che sarà stata lei a lavorarci. Glielo chiede lei, quasi lo implora, posso lavorarci, me lo permetti? E' arrivata a questa conclusione dopo aver parlato con una scrittrice anche lei piuttosto famosa, nel film interpretata da Elisabeth Mac Govern. Durante una festa lei fa i complimenti alla scrittrice per il suo lavoro e quella ride con amarezza, le mette in mano un proprio libro preso dalla biblioteca dell'ospite e dice, facendo scorrere le pagine con le dita: "Senta questo rumore...è il rumore che fa la carta nuova, appena stampata, questo libro nessuno l'ha mai aperto, mai letto. I libri sono fatti per essere letti, non per stare in una biblioteca. I libri scritti dalla donne non li legge nessuno, in questo paese." Questo episodio ci viene raccontato come la giustificazione di quello che succede poi durante la storia. Perchè affannarsi a lavorare tanto se poi è una battaglia persa e non ti legge nessuno? Comincia così la segreta collaborazione dei due coniugi, lui risulta essere l'autore, ma tutti i libri li scrive lei, lui non ricorda nemmeno i nomi dei suoi personaggi. E' una storia che si svolge tutta in interni, in una camera da letto di casa, sull'aereo che li porterà a Stoccolma, nella camera dell'hotel, in un bar, in un'auto..e in questo senso, visto che il regista è svedese, ricorda un pò Bergman, in questo voler indagare l'intimità, i pensieri, perfino l'inconscio, entrando attraverso lo sguardo nella testa delle persone. C'è un giornalista che li segue a Stoccolma, vuole scrivere la biografia del premio Nobel, ma ha anche intuito la verità, gli è bastato andare a cercare vecchi testi, confrontare cose scritte dai due molti anni prima, per capire. Ora tenta di scalfire il muro costruito intorno al segreto.
C'è anche un figlio grande, aspirante scrittore anche lui, incoraggiato dalla madre, ma non è sua l'approvazione che desidera, vuole quella del padre famoso, del premio Nobel. Ci si può chiedere come faccia questo figlio a non aver capito niente di quello che è successo in casa, eppure io lo comprendo perfettamente. I figli prendono per verità ciò che gli viene dato per vero dai genitori, che sono i primi referenti, i primi filtri della realtà, e anche i più intelligenti fanno terribilmente fatica a cambiare il proprio punto di vista, perchè sono coinvolti, perché le cose su cui dovrebbero cambiare opinione sono quelle fondanti le loro vite. La domanda è: "Se tutto questo che ho creduto finora riguardo la mia famiglia e la mia vita non è vero, io, chi sono?"
Quindi questo è anche un film sui rapporti famigliari e sui segreti nelle famiglie.
Nella prima parte non succede quasi niente, ma io sono rimasta incollata alla faccia di Glenn Close, brava, bravissima, e anche dopo le sono rimasta incollata, quando finalmente la tensione esplode. E' un film da vedere, uno dei più belli che ho visto negli ultimi anni. La scrittrice non è una vittima, si è scelta questa strada, credendo che sarebbe stato più facile realizzare il suo talento dietro la facciata del marito, un inguaribile narciso che ama stare sotto i riflettori. In questo modo si sono legati con un vincolo che non è più libero, è una specie di contratto segreto, una catena invisibile. La passione per la scrittura o per qualunque altra arte può essere divorante e può spingere a fare cose di questo tipo. E c'è il carattere di una persona, ci può essere l'urgenza di scrivere, ma poi può essere difficile accettare le conseguenze della notorietà, inoltre chi scrive si espone, si mette a nudo e non sempre è in grado di sopportarlo, di sopportare lo sguardo critico di chi ha letto e ora sa. Oppure chi scrive preferisce evitare, mi viene in mente la scrittrice che si cela dietro il nome di Elena Ferrante. La faccia di Glenn Close alla lettura delle motivazioni dell'assegnazione del Nobel, e tutte le sfumature della sua gioia, non le dimenticherò. E' capitato anche a me, ovviamente in dimensioni molto ridotte, di avere momenti simili: dopo un esame andato molto bene all'università, dopo un lavoro ben fatto. Un senso di completezza e soddisfazione e anche gratitudine che ti riempie fino all'orlo, non c'è bisogno di altro e tutte le altre buone cose della vita trovano in questi momenti il loro senso.
Ogni tanto c'è un ritorno al passato, quando si conobbero, lui insegnante all'università e autore agli esordi, che tiene un corso di scrittura e conosce una studentessa molto seria e riservata, molto dotata. Per questa studentessa lascerà la prima moglie. Lui prova a presentare un proprio testo agli editori ma lei, un critico molto severo, dice per prima che non è buono, che i personaggi sono di "legno". Un'espressione che mi ha colpito, perché è una cosa che ho detto anch'io riguardo al libro di uno scrittore italiano molto noto, tempo fa. Personaggi legnosi, sbozzati, senza vita, senza profondità. Il libro verrà accettato solo dopo che sarà stata lei a lavorarci. Glielo chiede lei, quasi lo implora, posso lavorarci, me lo permetti? E' arrivata a questa conclusione dopo aver parlato con una scrittrice anche lei piuttosto famosa, nel film interpretata da Elisabeth Mac Govern. Durante una festa lei fa i complimenti alla scrittrice per il suo lavoro e quella ride con amarezza, le mette in mano un proprio libro preso dalla biblioteca dell'ospite e dice, facendo scorrere le pagine con le dita: "Senta questo rumore...è il rumore che fa la carta nuova, appena stampata, questo libro nessuno l'ha mai aperto, mai letto. I libri sono fatti per essere letti, non per stare in una biblioteca. I libri scritti dalla donne non li legge nessuno, in questo paese." Questo episodio ci viene raccontato come la giustificazione di quello che succede poi durante la storia. Perchè affannarsi a lavorare tanto se poi è una battaglia persa e non ti legge nessuno? Comincia così la segreta collaborazione dei due coniugi, lui risulta essere l'autore, ma tutti i libri li scrive lei, lui non ricorda nemmeno i nomi dei suoi personaggi. E' una storia che si svolge tutta in interni, in una camera da letto di casa, sull'aereo che li porterà a Stoccolma, nella camera dell'hotel, in un bar, in un'auto..e in questo senso, visto che il regista è svedese, ricorda un pò Bergman, in questo voler indagare l'intimità, i pensieri, perfino l'inconscio, entrando attraverso lo sguardo nella testa delle persone. C'è un giornalista che li segue a Stoccolma, vuole scrivere la biografia del premio Nobel, ma ha anche intuito la verità, gli è bastato andare a cercare vecchi testi, confrontare cose scritte dai due molti anni prima, per capire. Ora tenta di scalfire il muro costruito intorno al segreto.
C'è anche un figlio grande, aspirante scrittore anche lui, incoraggiato dalla madre, ma non è sua l'approvazione che desidera, vuole quella del padre famoso, del premio Nobel. Ci si può chiedere come faccia questo figlio a non aver capito niente di quello che è successo in casa, eppure io lo comprendo perfettamente. I figli prendono per verità ciò che gli viene dato per vero dai genitori, che sono i primi referenti, i primi filtri della realtà, e anche i più intelligenti fanno terribilmente fatica a cambiare il proprio punto di vista, perchè sono coinvolti, perché le cose su cui dovrebbero cambiare opinione sono quelle fondanti le loro vite. La domanda è: "Se tutto questo che ho creduto finora riguardo la mia famiglia e la mia vita non è vero, io, chi sono?"
Quindi questo è anche un film sui rapporti famigliari e sui segreti nelle famiglie.
Nella prima parte non succede quasi niente, ma io sono rimasta incollata alla faccia di Glenn Close, brava, bravissima, e anche dopo le sono rimasta incollata, quando finalmente la tensione esplode. E' un film da vedere, uno dei più belli che ho visto negli ultimi anni. La scrittrice non è una vittima, si è scelta questa strada, credendo che sarebbe stato più facile realizzare il suo talento dietro la facciata del marito, un inguaribile narciso che ama stare sotto i riflettori. In questo modo si sono legati con un vincolo che non è più libero, è una specie di contratto segreto, una catena invisibile. La passione per la scrittura o per qualunque altra arte può essere divorante e può spingere a fare cose di questo tipo. E c'è il carattere di una persona, ci può essere l'urgenza di scrivere, ma poi può essere difficile accettare le conseguenze della notorietà, inoltre chi scrive si espone, si mette a nudo e non sempre è in grado di sopportarlo, di sopportare lo sguardo critico di chi ha letto e ora sa. Oppure chi scrive preferisce evitare, mi viene in mente la scrittrice che si cela dietro il nome di Elena Ferrante. La faccia di Glenn Close alla lettura delle motivazioni dell'assegnazione del Nobel, e tutte le sfumature della sua gioia, non le dimenticherò. E' capitato anche a me, ovviamente in dimensioni molto ridotte, di avere momenti simili: dopo un esame andato molto bene all'università, dopo un lavoro ben fatto. Un senso di completezza e soddisfazione e anche gratitudine che ti riempie fino all'orlo, non c'è bisogno di altro e tutte le altre buone cose della vita trovano in questi momenti il loro senso.