raccontarsi storie

Oltre che leggere, scrivo. Esco dalla mia vita un po' difficile e entro in quella di Marta, la mia nuova protagonista. Ci siamo conosciute qualche mese fa. Fra poco la farò partire per un viaggio di un mese in Nuova Zelanda, isola del Sud, credo. Ci vive un suo fratello emigrato da ragazzo, in una zona di fiordi, molto bella, ma forse potrei cambiare posto, si vede in corso d'opera... Lui fa la guida turistica e ha una struttura ricettiva, con una compagna, la seconda della sua vita, che non so ancora come si chiama. Marta ha volato solo un'altra volta, per andare a trovare il marito che lavorava in Germania, ma poi il marito all'improvviso l'ha lasciata. E' un po' preoccupata dal viaggio molto lungo, ma ultimamente le sono capitate queste cose che l'hanno disorientata, la fine del matrimonio e altro, e è diventata fatalista. Parte con Giulio, suo figlio di quasi diciott'anni. Vanno in estate, ma nell'isola del Sud è inverno, pochi turisti, almeno lì dove vive suo fratello.

Raccontarsi storie serve, almeno a me, per rendere più accettabile il presente. Mi ricordo un film con Jack Lemmon anziano, c'è lui e il suo unico figlio che arriva a occuparsi del padre che è alla fine della vita. A un certo punto chiede al figlio "C'è qualche probabilità che io abbia un'azienda agricola nel Vermont, abbia tre figli, di cui una femina molto affettuosa, e allevi vitelli..." Qualcosa del genere, non mi ricordo di preciso il dialogo, solo che questo anziano signore si era inventato una vita parallela alla propria e ci trascorreva buone parte delle sue giornate, e l'aveva inventata così bene che alla fine era convinto che era vera, solo l'arrivo del figlio gliela distrugge.
"No, papà, non hai mai fatto queste cose." Gli dice il figlio, pensando che sia demenza, poi si accorge che proprio demenza non è, piuttosto una via di fuga abbastanza innocua. Questo figlio che è stato sempre lontano, ed è un uomo di successo, per un po', per il tempo che serve, si occuperà del vecchio babbo, accompagnandolo alla fine della sua vita che non gli piace più e riconciliandolo un pochino con se stesso. Trovate qui le informazioni e il titolo del film, in inglese Dad, papà. Lo consiglio vivamente.

Fra poco andrò a ritirare dei plantari per una cosa che mi è venuta a un piede e mi provoca un dolore che alla fine delle serate di lavoro è veramente insopportabile, come camminare su un coltello, e vedremo se andrà meglio, oltre al resto. Due sere fa è entrata una persona nella mia zona di lavoro, nel posto dove lavoro. Ha parlato con me per qualche minuto, due o tre. Mi rendo conto che scrivere questa cosa forse non è "politicamente corretto", e di sicuro è imprudente. Pazienza. Subito dopo il mio datore di lavoro mi ha chiesto chi era. E' quella signora che fa i trattamenti per i dolori, ho detto io, calmissima, pensando che fosse finita lì. Invece lui ha cominciato a dire che era roba da matti che io facessi venire gente in cucina, che era vietato, che come mi ero permessa, che quel posto è casa sua e comanda lui, e alzava sempre di più la voce. Io ero calma, all'inizio, ma poi, dolore al piede che mi fa zoppicare, intensità del lavoro della serata e tutto il resto a casa, mi sono arrabbiata parecchio e ho urlato anch'io. Che sono otto anni che lavoro lì e è forse la seconda volta che una persona viene a salutarmi in cucina, che è una sua cliente e non mia, che è venuta lei e io non l'ho chiamata, che lavoro come un ciuco e vengo anche se non sto bene, che  dovrebbe ringraziarmi, e che se non gli sta bene mi licenzia lui. Urli da una parte all'altra mentre io continuavo a lavorare e sbattevo roba in giro. Non ho rotto niente, però. E neanche parolacce. Il mio collega filippino mi faceva segno di stare zitta, che gli passava, ma io ho detto che qualche volta le palle bisogna tirarle fuori, chi ce l'ha, tutto a altissima voce e dalla sala si sentiva benissimo. Non avevo mai fatto, fin qui, una cosa simile. Mi dispiace sia stato necessario, ma ora sinceramente mi sento meglio. Lo racconto e un pochino mi viene da ridere. Non ho sentito tutto quello che ha detto lui, gridavo troppo e non ho ascoltato un granché, il filippino ha detto che avevo le labbra bianche. Dalla rabbia, si vede. Di solito sto zitta, anche perché è veramente inutile parlarci, ma stavolta ne avevo troppe addosso. Pare che abbia detto, come minaccia, che mi manda una lettera. Vediamo. Non so di cosa può accusarmi, sono venuta a lavorare ubriaca?, no, mai. Sotto effetto di stupefacenti? no. Rubare, no, semmai porto qualcosa. Poi c'è il fatto che anno nuovo avrò sessantacinque anni e da ora in poi mi importa veramente poco di molte cose, una pensioncina a sessantasette mi tocca, me la sono guadagnata. Sarebbe veramente da ridere raccontare come sono andate le cose. Buon Natale 2019, me lo ricorderò, ho l'impressione.