Covid 19 e io, post 3

 

Provare a interpretare cosa succede a tutti è una sfida, ma raccontare cosa succede a me è una sfida più grande. Abbiamo una chat con delle amiche carissime con cui sono stata in classe al liceo. A gennaio una di loro ha mandato un messaggio che diceva quanto era iniziato male il 2020, e elencava, in modo ironico,  una serie di avvenimenti: avevamo  già rischiato la terza guerra mondiale, (con l'assassinio del generale iraniano), il papa aveva picchiato una cinese, i reali britannici si sfasciavano, bruciava l'Australia,  era morto Kobe Briant e c'era un virus letale in giro. Ma neanche le persone più fantasiose avrebbero potuto immaginare cosa sarebbe stato questo Covid 19. Ci ha preso alla sprovvista. Chissà quante storie verranno scritte. Io avrei la mia, senonchè è legata a filo d'acciaio con quelle di altre persone e posso parlarne fino a un certo punto e scriverne meno. Però posso descrivere un po' la situazione in cui il Covid è arrivato nella mia vita. Chi viene qui spesso, gli amici di blog, sanno più o meno chi sono, quindi questo qui di seguito è per gli altri, tutti benvenuti.

Ho 65 anni e lavoro in una pizzeria.  Parto da casa alle 17,10  e torno a mezzanotte quando va bene o più tardi. Ogni tanto mi lamento, perchè lavorare mi pesa, ma è necessario arrivare alla pensione di anzianità. Altre volte mi sento fortunata perché ho un lavoro e soprattutto uno stipendio, con tutta la gente che non ce l'ha. Da quando ho questo lavoro ho pubblicato due libri, e senza non l'avrei fatto. Però è molto pesante e gli ultimi due anni, soprattutto le estati, sono stati tutti in salita.

L'estate scorsa, il 10 agosto, abbiamo portato a vivere qui a casa nostra la mia suocera. Ha 91 anni e ha la demenza senile, o meglio questo aveva detto il neurologo quando la seguivo io, perché mio marito lavorava. Adesso mio marito è in pensione già da alcuni anni e ci sta dietro lui. Prima di venire qui stava in casa sua in città e mia figlia minore stava con lei ma di questa cosa adesso è inutile  parlare. Ora la diagnosi è Alzheimer, ma cambia poco. A ottobre si è rotta il femore e è stata un mese in ospedale. Quando è tornata ha ripreso un pochino a camminare, si alza per andare al bagno, fa un giro intorno al tavolo, mangia seduta, ma poi sta praticamente sempre a letto e dorme molto. Ha avuto con la caduta un peggioramento significativo e poi altri. Ogni tanto vede gente che non c'è più, dice che ha parlato con parenti e amici morti da tanto. Dice che deve scendere dal letto (con le sbarre) perchè deve andare a comprare il pane. Il pane è una vera fissazione. Dice: "O perchè so' qui, che è capitato, fatemi scendere, perché so' chiusa qua dentro?" Se tenessimo le sbarre abbassate probabile che scenderebbe, cadrebbe di nuovo o si farebbe male. Non sempre ricorda che il marito è morto nel 2010, certe volte si spaventa se glielo diciamo, altre volte dice che si deve vestire perchè la viene a prendere per portarla a casa sua.  Ogni volta sembra che costruisca istantaneamente una intera realtà falsa ma abbastanza credibile.

 La casa è cambiata per farle spazio. E' arrivato il letto con le sbarre e il materasso a acqua. Sono arrivati sedia a rotelle e deambulatore e scatoloni con traverse e pannoloni. Un armadio è stato riempito con vestiti suoi che probabilmente non metterà più. Il divano letto che era nella camera è stato spostato,  anche un tavolo e delle sedie e ora la casa sembra un magazzino dell'usato. Succede, con un malato in casa.

Da quando si è rotta il femore ha il pannolone ma raramente lo buttiamo via sporco. Vuole andare a fare i suoi bisogni in bagno. Ma quando è lì vuole fare la pipì in piedi, col risultato che la fa sulla seggetta e per terra. La cacca è diventata problematica anche quella. Secondo me fare la pipì in piedi è una cosa che faceva da bambina o ragazzina, e ora è tornata lì, a quegli anni. Parla del tempo di guerra quando pativa la fame, e io all'inizio le davo ragione, ma ora ogni tanto mi innervosisco stupidamente e le dico che sono almeno 70 anni che mangia quel che le pare. E' molto forte e è difficile farla sedere sul water; convincerla, poi, diciamo con la diplomazia, è un'impresa, a volte ci riesce il suo figliolo. Si vuole pulire con la carta igienica ma poi lavare le mani le sembra esagerato. 
"E che so', infetta, che me devo lavare?"
Era una persona pulitissima, ma sono una decina d'anni, da quando è morto il marito, che si lava malvolentieri e a casa sua veniva una persona che le faceva fare la doccia. Anche qui abbiamo avuto un aiuto per un po', ma ora con il virus questa signora si è spaventata e non sappiamo se e quando tornerà.  Quindi degli aspetti igienici mi occupo io, e faccio piuttosto fatica. Per vari motivi non ho fatto cose del genere con i miei genitori. L'ho fatto però col mio suocero quando anche lui si ruppe il femore. Ma lui stette due mesi in ospedale, due mesi a casa e poi morì. 
Ora sono arrivata al punto che gli odori corporali e di escrementi, anche miei, mi disturbano molto. Non sono schizzinosa, ho sempre pulito cacche e vomito dei nostri gatti e cani, quando c'è stato bisogno, ferite di tutti, animali e umani, ma ora si può dire che ho superato il troppo pieno. Però faccio quello che va fatto.

Stamattina è nevicato. Siamo andati a svegliarla, io la porto in bagno e mio marito sta con lei per la colazione. 

Dialogo.
Mio marito: "Mamma vedi, stanotte è nevicato!"
Lei: "Enti ( forma dialettale per dire senti), ora ce voleva anche la neve!"
 Mio marito: "Eh sì, poi fa anche freddo!"
L'ho accompagnata in bagno, che è nella camera, a due metri di distanza, ha guardato fuori della finestra e ha detto: "O che è quella roba bianca?"
"Neve, è nevicato."
"Per davero? Enti! Anche la neve ce voleva."
E' buffo, ma anche un po' strano e spiazzante. Anche tragico, ma quello facciamo finta di ignorarlo. Praticamente si parla con l'aria, quasi. Poi a me chiede di gente che conosceva 50 anni fa che non ho mai sentito nominare, se la Beppa de Pippo s'era sposata e chi aveva preso, e io non lo so e non ho argomenti comuni. Ci sono questi aspetti e c'è l'effetto specchio che è da tenere sotto controllo. Anche perché ce lo ricorda continuamente: "Quande toccherà a voi!"

Ho lavorato fino all'8 marzo. Poi visto che i clienti di solito numerosi erano calati a picco ho chiesto due giorni liberi, lunedì e martedì, in cui di solito la mia assenza scomoda meno. Erano mesi che per motivi interni all'azienda non potevo prendere un giorno a parte quello unico di riposo settimanale, e sempre da mesi avevo una tallonite che mi dava molto fastidio. Avevo evitato di chiedere la malattia perchè sapevo che li avrei messi in difficoltà. Però negli ultimi tempi ero tanto stanca e ho dato di fuori un paio di volte. Il 9 marzo in seguito alle decisioni del governo mi hanno comunicato che la pizzeria chiudeva. Per noi, fra il mio lavoro e la presenza della mia suocera, allontanarsi da casa è stato difficile comunque, qualcuno qui ci deve essere sempre. Per cui il corona virus non ha cambiato tanto le cose. Abitiamo in un paesino carino della Valdichiana e abbiamo un pezzetto di terra con un centinaio di olivi di cui ci occupiamo e io ho un giardino e un piccolo orto. Del giardino mi occupo io per intero, nei limiti del lavoro e delle energie che non sono più quelle di qualche anno fa.  
A volte mi sembra sia vero che "la vita è un sogno, soltanto un sogno. Il sogno, di un sogno." 
Certe volte metto dei fiori nella stanza della mia suocera e lei mi dice "N'do' l'hai presi, al campo?. "
Per lei il giardino è un campo, neanche la sfiora l'idea che si possa fare un giardino per il piacere di farlo. Poi alla fine è una suocera e questo significa qualcosa. Ci sarebbero molte cose che riguardano il passato che potrei dire, spiegherebbero meglio, ma si capisce anche con queste informazioni ridotte. Non ce la faremmo economicamente a tenerla in una struttura per anziani, lei non ci starebbe volentieri e non ci sembra opportuno per ora avere una badante a tempo pieno, che sarebbe una presenza in casa con tutti i suoi problemi. Poi tanto ora è tutto immobile. A volte mi pongo anche il problema della qualità della sua vita, ma poi mi rendo conto che non posso fare più di così, per non peggiorare troppo la qualità della mia e della nostra. Sta al caldo, pulita, mangia come noi, molto e volentieri, cucino io, variato e abbastanza sano. 

Vedo che sto parlando di questa cosa e per niente del virus. Infatti fin dai primi giorni ho pensato che il virus era secondario rispetto a quello che vivevamo in casa. Ho vissuto la presenza della mia suocera in casa come un'invasione, però necessaria. Nessuno me l'ha imposta, anzi sono stata io a imporla quasi a mio marito che non si decideva e era molto preoccupato. Arriva un momento in cui le cose vanno affrontate per quanto difficili siano. Certo, non è il lager o la miniera, ma è un'occupazione di spazi privati...non so come spiegarlo meglio. Sono anche terrorizzata che possa durare tanto, e sono spaventata di quello che provo, di certe cose che ho scoperto su me stessa. Per un pò sono stata tanto spaventata, non si guarda volentieri la realtà. Io poi sono anche molto severa con me stessa. I rogersiani direbbero che ho in me un forte "genitore normativo". Ne parlo con queste amiche della chat con cui ci incontriamo ogni tanto davvero, in carne e ossa. Loro mi consolano e mi aiutano. Ogni tanto scrivo in chat che ho preso dei punti per l'inferno. Inferno aspettami, scrivo, e rido. Passi avanti sulla via dell'inferno e passi indietro. Ma esagero, non sono così male. Solo vorrei fare certe cose con più adesione, se non con amore, ma non mi riesce tanto bene. Non ho avuto in famiglia un'educazione cattolica, i miei non erano credenti, ma mi fecero frequentare la chiesa per i sacramenti, la dottrina ecc. Però ho avuto un'educazione solida in cui erano importanti alcuni valori. Poi i miei amici erano cattolici e ho frequentato un gruppo religioso, e per questo carattere da integralista, o integrale, che mi ritrovo, tutto d'un pezzo, rigida, ho partecipato con vera convinzione, perchè non mi riesce fare altrimenti. Ho smesso di andare in chiesa da anni, non credo più nel Credo, se mai l'ho fatto, ma ho continuato a coltivare il progetto di essere una persona perbene. Una persona buona. Non mi riesce bene ma ci provo. Da vecchia, quasi, ho conosciuto pressoché tutti i miei limiti con dolore e ribellione, e ora sono nella fase in cui provo a accettarli e ricomincio daccapo ogni giorno. 
Quando stava male il mio suocero alla fine ero riuscita con grande stupore a occuparmene, ma era in casa sua e lì c'erano le mie figlie, che hanno vissuto quell'esperienza piuttosto male.  A me sembrava di aver fatto moltissimo io e poi ho scoperto che anche loro pensavano lo stesso.  Erano molto giovani e non ancora pronte. 

Ho queste due figlie. Grandi tutte e due. Una è in città in casa di questa nonna che abbiamo qui, ed è chiusa dentro come tutti, adesso. L'altra è nel Regno Unito dove lavora, chiusa in casa anche lei, ma da pochi giorni, due, mi pare. Per queste figlie sono un po' in pena, per la salute di tutte e due, che in questo periodo non stanno benissimo, e per il futuro. Molte cose da anni per noi sono sospese, per tanti motivi. Il lavoro che è difficile trovare, e altre cose. La figlia che è nel Regno Unito ha già avuto problemi indirettamente per il coronavirus. I suoi coinquilini avevano deciso di fare una vacanza in Piemonte a febbraio e nonostante si sapesse già dell'epidemia non hanno voluto annullare.  Tornando sapevano già di dover stare in quarantena, per le regole dell'azienda, così anche lei avrebbe dovuto farla con loro, essendoci venuta in contatto. Così ha dovuto andarsene di casa, perché loro non volevano farlo, e ha trascorso le due settimane da un'amica, anche perchè in quei giorni aveva da fare un esame clinico importante e non lo voleva rimandare. Quando è tornata a casa sua ha scoperto che uno dei coinquilini si era ammalato e non si sa se era coronavirus, perché si era ancora nella fase del menefreghismo e di Johnson che diceva "Morirà un sacco di gente, rassegnatevi" e lei ha dovuto tornare lì senza alcuna certezza che lui fosse o meno stato ammalato di CV e quindi ancora contagioso. Ora è chiusa in casa con queste due persone non tanto bendisposte e se dovesse ammalarsi pare che solo se sarà in condizioni gravi verrà curata. Ieri ci ho parlato e le ho raccomandato di abbozzare un po', che chiusa lì altrimenti diventa una guerra, ma si è arrabbiata e questo mi ha addolorato molto. 

Uso questi giorni cercando di tenermi in equilibrio, non preoccuparmi troppo e lavoro in giardino ogni volta che posso. Ho ripulito bene la zona dove facciamo l'orto e ho vangato. Ho anche seminato per avere presto insalata e cavolo cinese, Pak Choi, guarda un po', sembra una presa in giro, ma avevo comprato le bustine in Galles quando a luglio eravamo stati qualche giorno a trovare la figlia grande.  Potrebbe durare anche un anno avrei sempre lavoro e sarebbe bello se non fosse così brutto, e preoccupante la situazione economica quando l'isolamento finirà. Il mondo sarà diverso, ma io ero già cambiata senza tanto bisogno di questa batosta. Come ha scritto su facebook Alberto Cane,  queste non sono settimane, sono decenni. Cambiamenti che erano maturati e ora ci cadono addosso come una valanga. E' una svolta enorme, richiede un cambiamento di comportamenti, e le cose che cambieranno proverò a immaginarle in un prossimo post. Finita la confessione.