Testo

Nel Comune di Civitella si è formato un gruppo di lettura intitolato a Muriel Spark, una scrittrice scozzese che ha vissuto gli ultimi anni qua vicino, a Oliveto. Sono stata a uno dei loro incontri e subito mi sono aggregata per andare insieme a loro a "Testo", una fiera dei libri a Firenze,  alla Leopolda. Questo gruppo di persone appassionate alla lettura è stato molto accogliente da subito, dal primo incontro, ci sono dei giovani che fanno impressione per la preparazione culturale. 

A Firenze ci sono andata con Gaia, che si chiama come mia figlia, con la sua mamma Antonella, con Martina e Anna Maria. Sono troppi anni che non vado a Firenze. Ora c'è un'uscita dell'autostrada, Villa Costanza, dove si può lasciare l'auto e prendere la tramvia per il centro. Tutto nuovo e organizzato, mi è sembrato di arrivare nel futuro, di essere in un film. Il tram ti lascia preciso davanti alla Leopolda, che è una vecchia stazione ferroviaria dove ora organizzano eventi e che per i toscani è collegata all'exploit di ormai molti anni fa di Renzi che faceva da lì i suoi discorsi da scout in maniche di camicia tirate su con le sue slide alle spalle.

Nonostante questo è un posto interessante, benché il pensiero mi torni al Book Festival di Foiano dove tutto si svolge in due sale ovviamente più piccole, ma molto più ricche di fascino. A Firenze tutto si paga, il parcheggio a Villa Costanza, la tramvia e sette euro per l'ingresso a Testo, che già avranno pagato un occhio della testa le case editrici per esser lì. 

Ti danno, per sette euro, la possibilità di comprare libri, come in una libreria, ascoltare conferenze, e una borsa arancione shock con una penna e un quaderno per appunti, che se la potevano risparmiare e far pagare di meno l'ingresso. Insomma tanto per cambiare è un business, come piace dire ora: un affare  e non si riesce a capire il confine fra la manifestazione culturale e il mercato e forse non c'è. Per noi che ora siamo anziani la cultura aveva un aspetto necessario di gratuità che si è perso e mi viene da prenderne atto. 

Appena arrivate Gaia aveva prenotato la partecipazione a una delle tante conferenze che continuamente si svolgevano nelle varie sale laterali ai due immensi corridoi, intitolate a scrittori e personaggi della cultura. Questa prima conferenza era su un libro che è il catalogo di una mostra realizzata nel museo della fondazione Ferragamo. C'era qualcosa che mi stonava: i relatori erano tre, legati alla fondazione in vario modo, perché lavorano stipendiati dalla fondazione oppure hanno prestato opera ricevendone un compenso. Una è la direttrice del museo, o della fondazione, cioè una donna di cultura che vive (bene) grazie alla fondazione e che ha magnificato la figura di Salvatore Ferragamo, che senz'altro è stato un uomo geniale che ha precorso i tempi, ma lei a un certo punto l'ha paragonato a Michelangelo e a me mi si sono rizzati i capelli. Nel frattempo sullo schermo alle loro spalle scorrevano immagini di scarpe, accessori, stanze del museo. Tutto bello e in certa misura vero, ma c'è una misura, appunto, e occorrerebbe riposizionare le cose in rapporto al resto del mondo, che in questo momento è in una situazione estremamente fluida e pericolosa. In ogni modo una persona che vive e guadagna coltivando la memoria di un personaggio noto dovrebbe avere un po' di pudore in questo... invece in questo ambiente dell'alta moda si esagera senza ritegno, ci si parla addosso, si celebra il piatto in cui si mangia. Mi sono venuti in mente i Vestiti nuovi dell'imperatore, di nuovo. Devo riconoscere che sono nata polemica, ma mi pare che si dovrebbe cercare un "mezzo" dignitoso in cui stare. Purtroppo non posso fare a meno di cogliere questi aspetti e esserne infastidita. Un difettaccio, lo so.

Comunque è bello aggirarsi in un vasto ambiente ex industriale dai soffitti altissimi e pieno di libri con tanta gente, anche molti giovani e bambini e cani. Più tardi ho seguito un altro dialogo su Stephen King, fra il suo traduttore, Luca Briasco  e Niccolò Ammaniti. Briasco ha scritto per Salani "Il re di tutti", un ritratto di Stephen King e ne ha parlato con Ammaniti in una conversazione vivace, sincera e molto interessante. Io di Stephen King ho letto solo qualche pezzetto di Misery, e perché l'ha comprato mia figlia grande quando faceva il liceo. Snobbavo questi autori americani che vendono tanto, ma poi la Loredana Lipperini mi ha incuriosito e dovrò mettermi in pari. King è un autore in cui si inciampa per forza nel cinema a partire da Shining, per me. Un film che mi è piaciuto molto è tratto da "The dreamcatcher", l'Acchiappasogni, in italiano. Il dialogo fra i due è stato, per me, come posso dire?, nutriente, nel senso che nessuno dei due ha cercato di autocelebrarsi, hanno parlato di questo scrittore fortunato, ma anche molto bravo raccontando come si sia occupato nei suoi libri dell'adolescenza, del Male, della violenza. Nell'Acchiappasogni ci sono le cose basilari della vita, la merda e il sangue, per cominciare, molto di tutti e due, ma anche l'amicizia e la magia e gli extraterrestri. King oltre a essere un Re è un mago delle storie. 

Briasco ha detto che all'inizio vendeva racconti per pochi soldi e a 27 anni sopravviveva come molti americani, che non sono tutti ricchi, anzi, in una roulotte con la moglie e due o tre figli, in un posto sperduto dove c'era solo uno spaccio. Aveva dato un racconto, "Carrie", a un agente letterario che gli ha telefonato per dirgli che era riuscito a venderlo. 

"Sei seduto?, gli ha detto, Se non sei seduto siediti. L'ho venduto per trecentomila dollari." 

Lui ha capito trentamila, perché trecentomila erano proprio fuori dal suo orizzonte, inimmaginabili. Era già molto contento così. L'agente gli ha dovuto ripetere la cifra e lui ha capito di aver svoltato. Per la felicità è andato a comprare un regalo per la moglie Tabitha, la cosa più costosa dello spaccio, un phon. La moglie rientrando a casa gli ha detto se era scemo a comprare un phon tanto caro che oltretutto un phon ce l'avevano già. E' iniziato tutto così, in un modo che è una fiaba reale. 

Nel gruppo di lettura si erano assegnati un testo da leggere tutti, "Obabakoak" di Bernardo Atxaga, uno scrittore basco. Il basco è una lingua preindoeuropea, e Atxaga scrive in basco, poi con la moglie traduce in spagnolo. Obabakoak significa i racconti di Obaba, un luogo immaginario nei territori baschi. Come ultima cosa il gruppo di lettura ha seguito la conferenza di Atxaga in spagnolo sul proprio lavoro, c'erano le cuffie per la traduzione, ma io non le ho prese e mi sono arrangiata col risultato che ho capito per metà. Atxaga mi è sembrato un uomo autentico e comunicativo.  

Quando siamo tornati a prendere la tramvia io e un'altra persona siamo state derubate. Siamo salite coi borselli e siamo scese senza, e non ci siamo accorte di niente, e io ho avuto la sensazione di aver pagato alla città di Firenze l'ultimo prezzo salato. Mi sono sentita vecchia, stupida e da buttar via. Mi son vista restare per sempre a casa per incapacità. In auto la Martina mi ha aiutato in più di un modo e sono riuscita a bloccare la carta del conto, dove d'altra parte c'erano solo 30 euro e un'altra carta collegata a un libretto di risparmio. Ho fatto non so quante telefonate parlando con assistenti virtuali, ho chiamato i carabinieri e sono arrivata a casa tardissimo col telefono scarico, senza la certezza assoluta di aver rimediato qualcosa e senza avvisare del ritardo. A casa Mauro mi ha trattato malissimo.  Ho passato le 36 ore seguenti in una tempesta interiore, pensando anche a quanto ero stupida, perchè nello stesso giorno che io mi disperavo per un furto c'era tanta gente che moriva o gli veniva bombardata la casa. Tutto questo sabato scorso, il 24 febbraio. Troppe cose in un giorno solo.