Avevo fatto un post su facebook sullo sterminio in Palestina e in particolare sugli israeliani, molto critico, arrabbiato e breve, riassumeva le ultime notizie e concludeva che questa grande intelligenza degli israeliani, non tutti gli israeliani, quelli al governo ora, che sono la maggioranza, è priva di cuore. Una persona amica ha lasciato un commento molto brutto. Ha scritto che era stufa dei miei pipponi e mi lasciava sguazzare o rotolare nel trogolo del mio odio, paragonandomi dunque a un maiale. Ci sono rimasta male, più che altro per la violenza verbale, come se mi avesse picchiato. Attraverso le parole è arrivato un vento di odio, quello di cui mi accusava. Come si sa su facebook si possono bloccare le persone che non ti piacciono e questa persona mi aveva bloccato, escludendo ogni interazione con me, ma ho risposto lo stesso, per lei se cambiasse idea, per gli altri che leggessero. Ho risposto un po' come un cane bastonato, senza raccogliere l'offesa. Facebook è una pubblica piazza, non utile come una piazza vera. Alcuni che conosco sono rimasti impressionati per la maleducazione e la violenza delle parole, e per la mia risposta blanda. Mi dispiaceva, capivo che si era sentita ferita. Questa persona ha parenti acquisiti in Israele, e pure lei, o lui, lascio l'incertezza perché non si sappia chi é, non è per niente d'accordo con Netaniahu. Eppure non ha tollerato la critica che ovviamente non era rivolta a questi suoi parenti, che non conosco, che pure loro sono ebrei dissenzienti. Un'amica giovane a cui ho raccontato la cosa ovviamente senza fare nomi, ha detto che le persone su facebook sbagliano, prendendo tutto sul personale. Certamente è andata così, non intendevo riferirmi a gente che oltretutto non conosco, ma neppure mi pare il caso di non esprimermi, almeno esprimermi, su una cosa così immensa e orrenda solo perché un amico ha parenti acquisiti in Israele. Capisco che questa persona possa essere amareggiata e preoccupata per questi suoi parenti che se viaggiano potranno incorrere in problemi provenendo da uno stato che sta attuando un genocidio. Ma questo succederà indipendemente da quelle poche parole che ho scritto io. Capisco anche che forse vorrebbe che tutti tenessero toni pacati e rasserenanti per evitare di danneggiare di più l'immagine di Israele nel mondo, che poi comporta conseguenze per i singoli e le famiglie. Ma in questo momento è un po' difficile.L'immagine se la danneggiano da soli. Molti ebrei si esprimono con toni e analisi assai più dure e motivate delle mie. Non si può ignorare e neanche parlarne bene. I toni rasserenanti sono complicità e nonostante tutti i soldi che Israele immette nei media per creare campagne che ripuliscano la sua immagine e raccontino falsità il risultato è scarso. Capisco anche che forse pensava che tacessi su tutto, tanti lo fanno, continuano a postare gattini e santini e stupidaggini tenendosi lontanissimi da ogni questione reale. Si va su facebook come in passeggiata a parlare del tempo. Per me invece è occasione di parlare mettere foto e scambiare opinioni su cose vitali. Avrei dovuto tacere per rispetto di questi suoi parenti israeliani e per il fatto che pure lei avrebbe potuto leggere il post. Mi potrebbe accusare di mancanza di rispetto e di delicatezza e mi dispiace che si sia sentita ferita, vorrei consolarla per il dolore e la paura che è evidente che prova, ma non sono io il problema. Questa cosa sarà un peso sulle coscienze di tutti per generazioni. Si può anche provare a ribaltare la cosa: se un palestinese su instagram mi accusa, in quanto italiana, di essere inerte rispetto a quello che succede e perfino mi minaccia io incasso. Capisco. Capisco come si può sentire qualcuno che ha visto uccidere mamma e babbo, o tutta la famiglia, distruggere casa e vita. Capisco. Lo racconta molto bene "Ogni mattina a Jenin".
Non ho fatto niente di concreto per contrastare questa cosa. Non sono sulla Global Sumud Flotilla, non ho partecipato a manifestazioni, non sono finita in galera per le mie idee, sono cittadina di uno stato complice di Israele, dunque non posso lamentarmi se mi dicono che non ho fatto niente oltre a cercare di capire che succede nel mondo e nella mia testa con qualche post disperato. Stare in silenzio non mi riesce, in modo forse confuso e incerto provo a capire, perché questa cosa mi riguarda. Netaniahu è uno di noi, Israele è su questo pianeta. Certo si rischia di offendere gli israeliani, ma per la maggior parte che votano Netaboia, come dice Scanzi, che si offendano pure, e credo che tutti quelli intelligenti, israeliani e ebrei che vivono in giro per il mondo, capiscano perché molte persone sono arrabbiate, molto arrabbiate. Tutta questa vicenda supera le nostre questioni personali e manifestare almeno in modo critico il proprio dissenso senza tenersi sul vago mi pare il minimo.
Quando è partita la prima barca per forzare il blocco di Gaza, tempo fa, avevo pensato di andarci anch'io nonostante i 70 anni. Cittadini comuni, senza bandiere, per portare cibo e andare a dire che siamo solidali, indignati e tanto addolorati. Ne ho parlato con un'amica; lei mi ha detto che non pensava più a fare cose del genere, le scappa la pipì ogni mezzora, e non sarebbe riuscita a dormire, io anche ho problemi simili e non sopporto il caldo, sarei stata un impiccio e basta. Un'anziana traballante che dà più problemi che altro. Per poi essere arrestati e rimandati indietro. Ora ci sono queste barche della Flottiglia in viaggio. Chissà che succederà? Devono muoversi gli stati e qualche debole segno c'è, ma quanti morti ci son voluti? Tante persone sono arrabbiate per l'ingiustizia e per la disumanità. Non considerando umani i palestinesi questi sionisti non sono più umani nemmeno loro. Quando i sionisti parlano, si vede nei filmati, che siano israeliani, italiani o da dovunque provengano hanno una freddezza nella voce e una fissità negli occhi che fanno paura. Togliendo umanità e diritto di esistere a altri esseri umani hanno rinunciato alla propria umanità, hanno scollegato l'intelligenza, la grande intelligenza per cui gli ebrei sono famosi, dal cuore. Così gli riesce di pensare e dire la frase che fa infuriare: definisci bambino.