Suad Amiry, Susan Abulhawa e israeliani vicini di casa
Una sera di queste io e la Milly eravamo in giro per la passeggiata quotidiana. Sono passeggiate solitarie, difficile incontrare qualcuno, ma quella sera abbiamo incrociato un giovane con un altro cane, molto ben disposto, il cane. Il giovane era un bel ragazzo non molto alto con lo sguardo severo in cui con fatica si è affacciato un sorriso tirato. Un italiano stentato, accento di chi parla inglese e sensazione (mia) di respingimento e chiusura con un tentativo di necessaria cortesia. Da giovane non davo retta alle mie sensazioni. Mia madre mi aveva insegnato a controllarmi e far riferimento a lei per sapere chi andava bene e chi no. Mio marito ha sempre detto che quello intuitivo e femminile fra noi era lui e io maschile e non capivo niente di chi avevo davanti. Adesso, io, ho cambiato opinione su me stessa e faccio attenzione alle sensazioni che mi arrivano dagli altri anche perché al 90% sono giuste. Comunque è stato un incontro brevissimo, lui ha sciolto il cane, io pure e per un minuto si sono annusati hanno accennato a un gioco poi lui ha richiamato il suo, solo un cenno col capo e si è avviato in direzione opposta alla mia. Giusto il tempo per me che si affacciasse un pensiero. Se fosse israeliano? Così chiuso e poco disponibile. Se avessimo parlato meglio non esprimersi su questioni brucianti attuali. Meglio non avere vicino di casa un israeliano visto come si comportano all'estero oltre che in patria. A Cipro stanno comprando proprietà, magari le comprano da persone anziane, come succede da noi. Tanti vecchi e pochi giovani a rimpiazzarli, vendono volentieri, basta vedere i soldi, anche pochi. A Cipro hanno già creato quartieri chiusi, come fanno in Israele, con tutti i servizi e scuole proprie. Se li contraddici o ti opponi in una qualunque controversia da vicini di casa è facile che si coalizzino, che aggrediscano, come hanno fatto in tanti casi l'estate appena trascorsa da turisti. Gente che pensa di esserti superiore per diritto divino, di aver ragione sempre e poterti fare del male senza un minimo rimorso. Non è bello aver in casa gente del genere. Questo mi è venuto da pensare. Questo è uno dei risultati dell'operazione di sterminio di Netanhiahu, moltissimi non vorrebbero avere israeliani vicini di casa. O ebrei? Un momento, non è la stessa cosa, ci invitano giustamente a distinguere fra ebrei, che vivono in tutto il mondo, anche pacificamente, israeliani, cittadini di Israele, e sionisti, quelli che pensano di essere il popolo eletto e che Dio protegga solo loro. Ma mica c'è scritto sui documenti "sono un ebreo sionista" oppure "sono ebreo, ma non sono un fanatico e non penso di essere migliore di te per diritto divino"? Come la pensano e chi sono si capisce dai comportamenti e avere vicino di casa un esaltato violento non piace a nessuno, meglio non rischiare. Mi vergogno di questi pensieri? Neanche un po'. Sono frutto dei tempi, li osservo e rifletto sul fatto che forse fra un anno non penserò più così, anche se finché campo non dimenticherò.
Un video del prof. Barbero in questi mesi è diventato "virale", nel senso che viene ripetutamente condiviso. Il video è questo, parte di una conferenza più lunga. E' sorprendente, perché dice che tutto quello che ci hanno insegnato sul grande regno di Israele dalla dottrina in là, (la dottrina come periodo di insegnamento che precedeva il sacramento della comunione e della cresima) è falso. Di questo regno non solo non hanno trovato traccia gli archeologi israeliani, ma non restano segni rilevanti neanche nelle testimonianze delle altre importanti civiltà confinanti, a parte il muro del pianto a Gerusalemme che è un resto della distruzione del secondo tempio a opera dei Romani durante la seconda guerra giudaica nel 70 dopo Cristo. Per noi qui in Italia Gerusalemme è famosa perchè è la città della cristianità: ci hanno ucciso Gesù e ci sono tanti luoghi rilevanti della tradizione ebraica, visto che noi diamo per libro sacro la Bibbia e di essa il vecchio testamento che abbiamo in comune con gli ebrei. "Fratelli maggiori" li chiamavano a un certo punto le gerarchie cattoliche dopo averli riabilitati. Perché durante la mia infanzia gli ebrei erano ancora quelli che avevano ammazzato Gesù. L'incontro fra il rabbino Toaf, grand'uomo, e Papa Giovanni Paolo secondo è solo del 13 aprile 1986, nella sinagoga di Roma, e segna un significativo cambio di rapporti, che prima evidentemente non erano granché.
Ma Gerusalemme è piena di luoghi sacri per l'Islam che noi non conosciamo per niente e dovremmo davvero. A proposito, se cercate Islam in rete vi dicono che è l'insieme di tutti i paesi di religione musulmana, però Islam letteralmente significa: abbandono alla, o accettazione della, volontà di Dio. Fare la volontà di Dio. In Palestina, dove si trovano tracce minime dell'antico regno di Israele che giustifica oggi il genocidio, c'erano invece tantissimi monumenti e reperti delle varie popolazioni che lì hanno convissuto e gli israeliani non hanno mai pensato di custodirle o portargli rispetto, ci sono passati sopra con carri armati e bombe. Giusto ieri hanno avvisato che dopo un'ora precisa, e si sa che son precisi, venendo principalmente da Germania e paesi dell'est Europa, avrebbero distrutto un museo importante archeologico palestinese. Il personale ha dovuto di corsa mettere in salvo cosa gli riusciva e il resto lasciare alla distruzione. Ognuno di questi atti dell'esercito israeliano è mostruoso. Ogni giorno ci sono dichiarazioni e soprattutto fatti che giustificano quei miei pensieri di quel tardo pomeriggio riguardo a avere israeliani vicini di casa.
Suad Amiry in suo racconto riferito al periodo fra il 2001 e il 2003 dice che era stata bombardata una antica fabbrica di sapone e erano morte nell'occasione diverse persone. Si era accorta con sgomento che provava tanto dolore per la distruzione dell'edificio ancora in uso da aver inizialmente quasi ignorato la morte dei suoi concittadini. Sud Amiry è architetto e si è occupata degli edifici storici e tradizionali della Palestina.
Se penso a come mi ponevo rispetto alla questione palestinese fino a due anni fa mi accorgo di aver ignorato un po' tutto della Palestina: la sua storia se non per alcuni tratti generali, la situazione attuale, il fatto che ci fossero delle università, dei letterati, dei poeti. In Italia c'è tanta gente che segue da anni la questione palestinese, io no, come tanti l'ho seguita in modo vago da lontano. D'altra parte ci sono tante realtà che meritano la nostra attenzione, forse non ci si può sentire colpevoli per aver ignorato e sottovalutato? La Palestina era per me Israele.
Sempre Suad Amiry in un altro racconto da "Sharon e mia suocera" dice che a un certo punto aveva voluto andare a rivedere la casa della sua famiglia che avevano dovuto lasciare nel 1948, con la Nakba. Era andata accompagnata da quello che poi sarebbe diventato suo marito, ma quando si era trovata vicina aveva capito di non volerlo più fare. Si era ricordata di quando suo padre aveva fatto la stessa cosa, ma lui a bussare alla porta della sua casa, nel 1967, dopo quasi 20 anni da quando aveva dovuto lasciarla, ci era andato davvero. Ora era occupata, "di proprietà", di una famiglia ebrea. Da notare che secondo un qualunque codice giuridico la proprietà si trasferisce con un atto giuridicamente valido, non con un furto. Ma in Israele sono innumerevoli le case e le terre che hanno cambiato proprietario semplicemente cacciando via quello precedente. I nuovi abitanti di casa sua, senza titolo per vivere lì, gli avevano aperto la porta e appena capito di che si trattava l'avevano subito richiusa e non avevano più risposto alle ripetute scampanellate. "Mi ero preparato, aveva detto alla figlia, non volevo avanzare nessuna pretesa, volevo solo rivedere la casa, e chiedere se c'erano ancora i miei libri. Mi ero preparato a contenere le mie emozioni, a non farmi sopraffare."
Quando si studia la storia si legge che i romani o qualunque altro esercito avevano distrutto un villaggio, dato fuoco alle case e ammazzato stuprato e fatto schiava la popolazione. Ma è roba di tanto tempo fa e non si riesce a mettersi nei panni dei vinti. Si pensa: che brutta cosa. Poi magari per effetto di quell'evento tragico quello che era un villaggio è diventato una grande città importante e quella tragedia antica ci pare giustificata. Ora però stiamo vedendo questa cosa in diretta. E l'avrebbero potuta vedere anche nel 1948, se solo avessero voluto. Gli arabi allora non lasciarono solo capanne, furono costretti a abbandonare case importanti, piene di oggetti di valore che testimoniavano una vita prospera e ricca e una storia lunghissima. Comunque anche le capanne o l'orto con alberi di limoni, olivi e fichi per chi ci abitava erano una grande ricchezza. Posso dirlo io che ho dovuto lasciare una casa di famiglia in modo meno cruento ma altrettanto doloroso. Una volta ne ho parlato con al Maria che aveva lasciato in modo traumatico casa sua e il giardino, mi sorprese l'espressione che usò per descrivere l'emozione provata, perché era la stessa che avevo usato io: "Come strapparsi un braccio da soli". Moltiplichiamo per mille questo e ci avviciniamo a quello che hanno vissuto le famiglie palestinesi. Quella per il padre di Suad era la sua casa e lui pensava di poter fare forse una civile conversazione bevendo un té nel soggiorno della sua antica abitazione, antica in tutti i sensi, per poi tornare alla vita nuova che aveva costruito. Costruito per forza. Nel 1948 dicono che 700000 palestinesi furono cacciati dai paesi e dalle proprie case e messi in campi che negli anni divennero piccole poverissime città come il campo di Jenin. "Ogni mattina a Jenin" di Susan Abulhawa racconta questo. Lo sto leggendo ora con molto colpevole ritardo. In rete si trova la testimonianza di una donna ebrea: nel 48 sua madre o sua nonna arrivata da fuori in una delle ondate di migrazione verso Israele si vide offrire una villa araba con tutte le cose della famiglia appena cacciata. Inorridita si rifiutò di accettarla. Si può scegliere. E forse una vita nuova che inizia con un furto o con un atto di avidità che ignora i precedenti non può essere una buona vita?
Il padre di Suad era rimasto malissimo. Se lo poteva aspettare, ma era rimasto male lo stesso. Soprattutto voleva sapere se c'erano ancora i suoi libri. In questi giorni un uomo palestinese che aveva custodito finora una biblioteca a Gaza ha fatto una richiesta pubblica: qualcuno voleva o poteva andare a prendere i suoi libri, tutti o in parte, visto che lui doveva andarsene in gran fretta su ordine dello stato di Israele e non riusciva a portarsi niente? Qualcuno aveva i mezzi per farlo? Si sa cosa significano i libri per tante persone.
Per gli israeliani i palestinesi non esistono. Per loro è vera la frase famosa "Una terra senza popolo per un popolo senza terra". Non per tutti gli israeliani, sempre Suad ci racconta delle sue amiche israeliane. Di come, durante il funerale del leader Arafat una di loro fosse andata a assistere dalla terrazza di casa della suocera di Suad, che abitava vicinissimo al quartier generale di Arafat, la Muqata'a. "Non dire che sei israeliana sennò mia suocera si agita."- Le aveva detto Suad. Gli anziani si preoccupano, basta nominare Israele. I giovani possono essere amici. Non è tanto questione di Stato quanto di persone. Se però le persone costruiscono legami i popoli possono essere amici. Però adesso al governo in Israele ci sono quelli per cui i palestinesi non esistono, ma bisogna cancellarli dalla terra. Non esistono e lo stato palestinese autoproclamato nel 1988, il 15 novembre, non esiste neanche lui, però il numero dei morti palestinesi dopo il 7 ottobre lo fornisce il ministero della salute palestinese. Israele non ci crede e contesta quel numero di morti, ma dovrebbe sapere quanti sono perchè i documenti personali di questa gente inesistente sono dello stato di Israele.