Suad Amiry, Susan Abulhawa e israeliani vicini di casa

19 settembre 2025 

Una sera di queste io e la Milly eravamo in giro per la passeggiata quotidiana. Sono passeggiate solitarie, difficile incontrare qualcuno, ma quella sera abbiamo incrociato un giovane con un altro cane, molto ben disposto, il cane. Il giovane era un bel ragazzo non molto alto con lo sguardo duro in cui con fatica si è affacciato un sorriso tirato. Un italiano stentato, accento di chi parla inglese e sensazione (mia) di respingimento e chiusura con un tentativo di necessaria cortesia. Da giovane non davo retta alle mie sensazioni. Mia madre mi aveva insegnato a controllarmi e far riferimento a lei per sapere chi andava bene e chi no. Mio marito ha sempre detto che quello intuitivo e femminile fra noi era lui e io maschile e rigida e non capivo niente di chi avevo davanti. Adesso, io, ho cambiato opinione su me stessa e faccio attenzione alle sensazioni che mi arrivano dagli altri anche perché al 90%, alla verifica dei fatti, sono giuste. Comunque è stato un incontro brevissimo, lui ha sciolto il cane, io pure e per un minuto si sono annusati, hanno accennato a un gioco poi lui ha richiamato il suo, solo un cenno col capo e si è avviato in direzione opposta alla mia. Giusto il tempo per me che si affacciasse un pensiero. Se fosse israeliano? Così chiuso e poco disponibile. Un israeliano in vacanza in Toscana. Se avessimo parlato, meglio non esprimersi su questioni brucianti attuali. Meglio non avere vicino di casa un israeliano visto come si comportano all'estero oltre che in patria. A Cipro stanno comprando proprietà, magari le comprano da persone anziane, come succede da noi.  Hanno già creato quartieri chiusi, blindati, come fanno in Israele, con tutti i servizi e le scuole. Per evitare che i figli si mescolino ai locali. L'inizio di un'invasione? si leggeva in alcuni articoli in questo periodo. Discreta, silenziosa, senza armi, col denaro. I ciprioti son preoccupati. Se contraddici questi israeliani o ti opponi in una banale controversia da vicini di casa è facile che si coalizzino, che aggrediscano, come hanno fatto in tanti casi l'estate appena trascorsa da turisti. Gente che pensa di esserti superiore per diritto divino, di aver sempre ragione e poterti fare del male senza un minimo rimorso. Non è bello aver vicini di casa gente del genere. Fa paura. Questo mi è venuto da pensare. Poi magari questo giovane incontrato era solo uno che gli giravano per conto suo. Quello che conta è che un incontro ti suggerisca pensieri che 4 anni fa non avresti avuto. Questo è uno dei risultati dell'operazione di sterminio di Netanhiahu, moltissimi non vorrebbero avere israeliani vicini di casa. O ebrei? Un momento, non è la stessa cosa, ci invitano giustamente a distinguere fra: 1) ebrei, che vivono in tutto il mondo, pacificamente, 2) israeliani, cioè cittadini di Israele, 3) israeliani però, diciamo così, progressisti, e infine 4) sionisti, che vivono in Israele e fuori, e pensano di essere il popolo eletto e che Dio protegga solo loro. Tutti, ma proprio tutti gli altri, noi compresi, esistono per servirli. Ma mica c'è scritto sui documenti "sono un ebreo sionista" oppure "sono ebreo, non israeliano, ma sionista" oppure "sono ebreo, ma non sono un fanatico e non penso di essere migliore di te per diritto divino"? Come la pensano e chi sono si capisce dai comportamenti e avere vicino di casa un tipo potenzialmente violento che fa del male senza rimorso  non piace a nessuno, anzi fa paura. Mi vergogno di questi pensieri? Neanche un po'. Arrivano, sono frutto dei tempi, li osservo e rifletto sul fatto che forse fra un anno non penserò più così, anche se finché campo non dimenticherò lo sterminio di Palestina.

Un video del prof. Barbero in questi mesi è diventato "virale", nel senso che viene ripetutamente condiviso. Il video è questo, parte di una conferenza più lunga. E' sorprendente, perché dice che tutto quello che ci hanno insegnato sul grande regno di Israele dalla dottrina in là, (la dottrina come periodo di insegnamento che precedeva il sacramento della comunione e della cresima) è falso. Di questo regno del periodo mille anni prima di Cristo non solo non hanno trovato traccia gli archeologi israeliani, ma non restano segni rilevanti neanche nelle testimonianze delle altre importanti civiltà confinanti, a parte il muro del pianto a Gerusalemme che è molto più recente, un resto della distruzione del secondo tempio a opera dei Romani durante la seconda guerra giudaica nel 70 dopo Cristo. Per noi italiani Gerusalemme è la città della cristianità: ci hanno ucciso Gesù e ci sono tanti luoghi rilevanti della tradizione ebraica, visto che diamo per libro sacro la Bibbia e di essa il vecchio testamento che abbiamo in comune con gli ebrei. "Fratelli maggiori" li chiamavano a un certo punto le gerarchie cattoliche dopo averli riabilitati. Perché durante la mia infanzia gli ebrei erano ancora quelli che avevano ammazzato Gesù. L'incontro fra il rabbino Toaf, grand'uomo ricco di umanità e molto simpatico, oltre che coltissimo e saggio, e Papa Giovanni Paolo secondo è solo del 13 aprile 1986, nella sinagoga di Roma, e segna una significativa evoluzione nei rapporti, che prima evidentemente non erano granché.

In Palestina si trovano tracce minime non dell'antico regno di Israele, che secondo la leadership attuale giustifica oggi il genocidio, "perché Dio ha dato al popolo eletto quella terra",  ma di abitazioni primitive che appartenevano agli abitanti di quella zona, tante diverse popolazioni fra cui gli ebrei. Se qualcuno possa affermare con cetezza che i resti di quelle mura siano certamente di insediamenti ebrei e non di qualche altra etnia sinceramente non lo so. C'erano invece tantissimi monumenti e reperti delle varie popolazioni che lì hanno convissuto nel corso dei secoli successivi, quando gli ebrei stavano da altre parti. Gli israeliani non hanno mai pensato di custodirle o portargli rispetto, ci sono passati sopra con carri armati e bombe. In questi giorni Netahniahu ha inaugurato un tunnel costruito sotto la spianata delle Moschee, sacra ai musulmani, che ospita i maggiori monumenti islamici di Gerusalemme, mettendoli a rischio. Come se a Roma avessero fatto gallerie nuove sotto San Pietro, o a Firenze sotto Santa Maria del Fiore. Giusto ieri poi hanno avvisato che dopo un'ora precisa, e si sa che son precisi, venendo principalmente da Germania e paesi dell'est Europa, avrebbero distrutto fra l'altro un importante museo archeologico palestinese. Il personale ha dovuto di corsa mettere in salvo quello che potevano e il resto abbandonarlo alla distruzione. Ognuno di questi atti dell'esercito israeliano è mostruoso. Ognuno contiene conferma del disprezzo e forse?, o certamente, dell'odio per la popolazione coabitante ma pure per quelle confinanti, visti i bombardamenti di Libano, Siria, Jemen. La motivazione è che in tutti paesi ci sono terroristi da eliminare. Ogni giorno ci sono dichiarazioni e soprattutto fatti mostruosi che giustificano i miei pensieri di quel tardo pomeriggio riguardo a avere israeliani vicini di casa. 

Suad Amiry in suo racconto riferito al periodo fra il 2001 e il 2003 dice che era stata bombardata un'antica fabbrica di sapone e erano morte nell'occasione diverse persone. Si era accorta con sgomento che provava tanto dolore per la distruzione dell'edificio ancora in uso da aver inizialmente quasi ignorato la morte dei suoi concittadini. Suad Amiry è architetto e si è occupata degli edifici storici e tradizionali della Palestina. 

Se penso a come mi ponevo rispetto alla questione palestinese fino a due anni fa mi accorgo di aver ignorato un po' tutto della Palestina: la sua storia se non per alcuni tratti generali, la situazione attuale, il fatto che ci fossero delle università, dei letterati, dei poeti. In Italia c'è tanta gente che segue da anni la questione palestinese, io no, come tanti l'ho seguita in modo vago da lontano. D'altra parte ci sono tante realtà che meritano la nostra attenzione, e ognuno di noi è piccolo e preso da tante piccole questioni famigliari, personali...forse ci si può sentire non colpevoli per aver ignorato e sottovalutato? La Palestina era per me Israele come secondo la "narrazione" ufficiale. 

Sempre Suad Amiry in un altro racconto da "Sharon e mia suocera" dice che a un certo punto aveva voluto andare a rivedere la casa della sua famiglia che avevano dovuto lasciare nel 1948, con la Nakba. Era andata accompagnata da quello che poi sarebbe diventato suo marito, ma quando si era trovata vicina aveva capito di non volerlo più fare. Si era ricordata di quando suo padre aveva fatto la stessa cosa, ma lui a bussare alla porta della sua casa, nel 1967, dopo quasi 20 anni da quando aveva dovuto lasciarla, ci era andato davvero. Ora era occupata, "di proprietà", di una famiglia ebrea. Da notare che secondo un qualunque codice di diritto di un qualunque stato la proprietà si trasferisce con un atto giuridicamente valido, non con un furto, ma in Israele sono innumerevoli le case e le terre che hanno cambiato proprietario semplicemente cacciando via quello precedente perchè palestinese. I nuovi abitanti della casa del padre di Suad, senza titolo per vivere lì, gli avevano aperto la porta e appena capito di che si trattava l'avevano subito richiusa e non avevano più risposto alle ripetute scampanellate. "Mi ero preparato, aveva detto alla figlia, non volevo avanzare nessuna pretesa, volevo solo rivedere la casa, e chiedere se c'erano ancora i miei libri. Mi ero preparato a contenere le mie emozioni, a non farmi sopraffare." 

Quando si studia la storia si legge che in un certo luogo i soldati di un esercito avevano distrutto un villaggio, dato fuoco alle case e ammazzato, stuprato e fatto schiava la popolazione. Ma è roba di tanto tempo fa e non si riesce a mettersi nei panni dei vinti. Si pensa: che brutta cosa. Poi magari per effetto di quell'evento tragico quello che era un villaggio è diventato una grande città importante e quella tragedia antica ci pare giustificata. Ora però stiamo vedendo questa cosa in diretta. E l'avrebbero potuta vedere anche nel 1948, se solo avessero voluto. Gli arabi allora non lasciarono solo capanne, furono costretti a abbandonare case importanti e bellissime, piene di oggetti di valore che testimoniavano una vita prospera e ricca e una storia lunghissima, senza poter portare via niente. Comunque anche le case contadine e l'orto con alberi di limoni e fichi e gli oliveti per chi ci abitava erano una grande ricchezza. Posso dirlo io che ho dovuto venir via da una casa di famiglia in modo meno cruento ma altrettanto doloroso. Una volta ne ho parlato con la Marzia, un'amica che aveva lasciato anche lei in modo traumatico casa sua e il giardino, e mi sorprese l'espressione che usò per descrivere l'emozione provata, perché era la stessa che avevo usato io: "Come strapparsi un braccio da soli". Moltiplichiamo per mille questo e ci avviciniamo a quello che hanno vissuto le  famiglie palestinesi. Quella, per il padre di Suad, era la sua casa e lui pensava di poter fare forse una civile conversazione con gli occupanti/nuovi proprietari bevendo un té nel soggiorno della sua antica abitazione, per poi tornare alla vita nuova che aveva costruito. Costruito per forza. Nel 1948 dicono che 700000 palestinesi furono cacciati dai paesi e dalle proprie case e messi in campi che negli anni divennero  poverissime città di fango come il campo di Jenin. "Ogni mattina a Jenin" di Susan Abulhawa racconta questo. Lo sto leggendo ora con molto colpevole ritardo. In rete si trova la testimonianza della regista israeliana Hadar Morag, intervistata dal "manifesto":

 "Non riesco a dormire ma devo vedere tutti i video di ciò che sta accadendo, anche se è molto doloroso sento di dover essere presente in qualche modo. Gli ultimi anni sono stati durissimi, Netanyahu ha incluso nel governo questi estremisti sionisti, dei veri terroristi, sono loro a legittimare tutto quello che accade a Gaza e in Cisgiordania. E sono al governo solo perché Bibi aveva bisogno di loro per non finire in prigione. Israele è il mio Paese, ma in qualche modo non lo è. Quando mia nonna arrivò qui, dopo l’Olocausto, la Jewish Agency le promise una casa. Non aveva niente, tutta la sua famiglia era stata sterminata. È rimasta in attesa per lungo tempo in una tenda, in una situazione estremamente precaria. La portarono quindi ad Ajami, a Jaffa, in una stupenda casa sulla spiaggia. Vide che sul tavolo c’erano ancora i piatti degli arabi che ci abitavano e che erano stati cacciati via. Allora lei tornò all’agenzia e disse: riportatemi nella tenda, non farò mai a qualcun altro ciò che è stato fatto a me. Questa è la mia eredità, ma non tutti hanno fatto quella scelta. Come possiamo essere diventati ciò che avversavamo? Questa è la grande domanda. " Si può scegliere. E forse una vita nuova che inizia con un furto o con un atto di avidità che ignora i precedenti non può essere una buona vita? 

Il padre di Suad era rimasto malissimo. Se lo poteva aspettare, ma era rimasto male lo stesso. Soprattutto voleva sapere se c'erano ancora i suoi libri. In questi giorni un uomo palestinese che aveva custodito finora una biblioteca a Gaza ha fatto una richiesta pubblica: qualcuno voleva o poteva andare a prendere i suoi libri, tutti o in parte, salvarli dalla distruzione, visto che lui doveva andarsene in gran fretta su ordine dello stato di Israele e non riusciva a portarsi niente? Qualcuno aveva i mezzi per farlo? Si sa cosa significano i libri per tante persone. 

Per gli israeliani i palestinesi non esistono. Per loro è vera la frase famosa "Una terra senza popolo per un popolo senza terra" all'origine della fondazione del loro stato. Non per tutti gli israeliani, sempre Suad ci racconta delle sue amiche israeliane. Di come, durante il funerale del leader Arafat una di loro fosse andata a assistere dalla terrazza di casa della suocera di Suad, che abitava vicinissimo al quartier generale di Arafat, la Muqata'a. "Non dire a mia suocera che sei israeliana sennò si agita."- Le aveva detto Suad. Gli anziani si preoccupano, basta nominare Israele. La parola Israele fa paura. I giovani possono essere amici. Non è tanto questione di Stati quanto di persone. Se le persone costruiscono legami i popoli possono essere amici. Adesso e già da tanti anni al governo in Israele ci sono quelli per cui i palestinesi non esistono, ma anche se non esistono bisogna cancellarli dalla terra. Non esistono e lo stato palestinese autoproclamato nel 1988, il 15 novembre, non esiste neanche lui, però il numero dei morti palestinesi dopo il 7 ottobre lo fornisce il ministero della salute palestinese. Ministero della salute, nominato in documenti e in tutti i media, di uno stato che si dice che non esiste. Israele non ci crede e contesta quel numero di morti, ma dovrebbe sapere quanti sono perchè i documenti personali di questa gente inesistente sono dello stato di Israele.