Il trattore se ne va
Mia figlia grande aveva detto di liberarsi del trattore che "se voi non ci siete più poi per noi è un problema". Se non guardasse continuamente avanti a vedere i problemi prima che si presentino camperebbe meglio. Non che sia sbagliato, anzi. L'uomo come specie programma troppo poco, ha uno sguardo che non va oltre i prossimi 5 anni, ma qui si eccede. In ogni modo: avevo chiesto a uno del mestiere di spargere la voce in giro. Era venuto a vedere la macchina ma non aveva fatto foto perché era "troppo brutto".
Quando eravamo nel primo podere, nell'immediata periferia di Arezzo, avevamo comprato questo trattore usato, FIAT, del 1967, a cingoli. Era un mezzo già vecchiotto, ma ben funzionante, e soprattutto era quello che potevamo permetterci, lo pagammo circa 4 milioni di lire e mia madre si innervosì perché le sembrò un modo di prendere possesso del podere, invece che un aiuto. Lei si sa, era così. Per quei terreni come per questo dove siamo ora ci vuole un cingolo, per affrontare le pendenze. Era il 1988 e la nostra seconda bambina era nata da due o tre mesi. La mia mamma chiamava sempre qualcuno a lavorare il podere, arrivavano con trattori grossi a ruote, coltravano il terreno tanto che poi quasi non lo riconoscevi, venivano quando pareva a loro e si facevano pagare caro. Il trattore lo comprammo noi, Mauro e io, per renderci autonomi. Ha fatto con noi due traslochi, e qui Mauro l'ha usato per 22 anni, ha smesso dopo essersi rotto il gomito cadendo dalla scala per andare sul tetto. Era fermo sotto la tettoia che avevamo costruito per lui con il Marzotti, che faceva il ferroviere ma anche lavoretti da fabbro, un uomo generoso e simpaticissimo che manca già da diversi anni. Un amico. Se si parla del trattore si parla per forza di tante cose, fatti e gente, e di un pezzo lungo di vite, la mia e di Mauro, che stanno arrivando al termine.
I primi tempi che l'avevamo Gaia era piccolissima. Aveva tanta difficoltà a dormire, quando era stanca piangeva senza riuscire a addormentarsi. Un giorno che Mauro era intorno a casa col trattore gliela misi in collo. Il rumore forte del motore e le vibrazioni invece di disturbarla la fecero addormentare subito. La ripresi per portarla a dormire comoda in casa, ma appena presa in braccio si svegliò e ricominciò a piangere. Successe altre volte, ci faceva ridere questa bambina che come ninna nanna aveva il trattore. Mauro non l'ha mai trattato tanto bene, io avrei voluto ridipingere certe parti, rifare il sedile, ma ho sempre troppe cose da fare e certi progetti non riesco a realizzarli. Nel corso degli anni quando Mauro lo usava, tribolando sempre un po' per metterlo in moto, da casa o dal giardino sentivo il ruggito del vecchio motore, un suono rassicurante, familiare. Si lavora, si puliscono i campi, pensavo, e mi faceva piacere. Ci abbiamo portato a casa la legna delle potature degli olivi, ci è servito, con la botticella, per dare il rame agli olivi nelle annate più umide. Avevo chiesto a Mauro di insegnarmi a usarlo, ma non l'aveva mai fatto e io avevo smesso di insistere, d'altra parte un po' di divisione dei compiti bisogna accettarla. Ora da un po' non sentivo più il suo suono amico e era diventata una preoccupazione quel grande affare di ferro che prendeva la ruggine. Chi passa di qui sa come ogni tanto mi liberi della roba vecchia, faccia piazza pulita. Gli oggetti inutilizzati mi mettono un po' di ansia, finiscono per morire, e ci si fermano i pensieri sopra, ristagnano come in una pozza.
Uno di questi giorni è venuto un signore, un uomo piccolo, ma per me tanti sono piccoli, sono abituata al metro e novanta di Mauro. Mi è rimasto subito simpatico, a pelle, anche perché viene dalla zona da cui arrivò, nel 1963, la Pellegrina, che ha lavorato in casa nostra per 19 anni come donna di servizio ma siccome ci dormiva anche, era una persona di famiglia. Questa gente della provincia di Benevento ha un timbro di autenticità speciale. A questo signore il trattore interessava e siccome è uno che ha avuto il primo trattore, comprato dal suo babbo, a 8 anni, e subito ha imparato come funzionava, si può dire che è un esperto. Ha provato con Mauro a metterlo in moto, ma non ci sono riusciti. Il motore funzionava ma in moto non ci andava, ci sono volute diverse visite "mediche" e vari interventi finché stamani ho risentito dopo qualche anno il ruggito familiare per la stradina. Il trattore andava via con un altro padrone sopra. Non so dire l'emozione, mi è venuto da piangere e sono andata a salutarlo. Come se portassero via un vecchio animale, un bue dalla stalla di casa, che ci aveva tanto servito. Anche gli oggetti, dopo tanti anni con noi, acquistano un'anima, non lo sappiamo finché non se ne vanno. Non sono pentita, abbiamo fatto bene, un pensiero in meno, una cosa in meno a ingombrare la mente, una soluzione trovata, ma il vecchio trattore era un pezzo di noi. Come per la mia amica Antonella che a casa ha visto disfare ora una vigna che aveva impiantato il suo babbo e quando ci passa davanti le si stringe il cuore.
Intanto mia figlia ha detto che abbiamo fatto bene. Ho osservato che è una cosa risolta, non voglio star qui fino a 90 anni con un gran casino intorno casa. E lei, come quando mi disse del montascale che fra poco mi sarebbe servito, ha aggiunto che forse dobbiamo andar via di qui e prepararsi alla vecchiaia. Penso che si sentirebbe più tranquilla se sapesse che siamo in casa di riposo. Forse stiamo troppo bene.. per quanto ora Mauro abbia un altro problemino. Certe volte davvero...