La Fierucola dei ceramisti, Villa Costanza, i borseggi. Insomma: Firenze nei giorni festivi. Ma anche stranieri in Italia.

 Siamo stati a Firenze per la Fierucola annuale della ceramica o dei Cocciai. Bella! La Fierucola è un'associazione nata ormai moltissimi anni fa ad opera di alcuni intellettuali fiorentini che non disdegnavano i lavori manuali e orbitavano in vario modo intorno alla cultura verde. Fra tutti ricordo Giannozzo Pucci. Si può seguire la sua pagina facebook, sempre interessante.

le Fierucole

Ci sono fierucole mensili dei produttori bio locali che si tengono di solito in piazza Santo Spirito o in quella del Carmine, e fierucole speciali:

Ogni 3° domenica del mese dalle 9 alle 19

Piazza S. Spirito

Programma 2024:

21 gennaio / Fierucolina d’inverno

18 febbraio / Fierucolina dei semi

17 marzo / Fierucolina di San Giuseppe
21 aprile / Fierucolina della Casa
19 maggio / Fierucolina di Maggio
16 giugno / Fierucolina delle api d'estate
21 luglio / Fierucolina del grano
15 settembre / Fierucolina di San Michele
20 ottobre / Fierucolina d'autunno

17 novembre / Fierucolina dell'olio novo

Trovate tutto nel link iniziale, anche quelle speciali come questa della ceramica  che avevo vista altre volte in piazza della Santissima Annunziata, dove c'è lo Spedale degli Innocenti, ma questa volta l'hanno fatta in piazza Santa Croce, forse perché hanno aumentato gli espositori e lì c'è più spazio. Una giornata limpida e fresca, anche se poi alle due si poteva stare in mezze maniche, e un'edizione di questa fiera molto più bella e ricca di quelle che ricordavo. In quelle passate certi banchi li superavo senza soffermarmi, in questa fiera tutti erano attrattivi, allestiti molto bene, tutti degni di una sosta, nessuno banale. Mi sono fermata a parlare con un ceramista e anche lui ha detto che hanno riconosciuto in tanti come fosse bella e ricca quest'anno, e quanto azzurro e blu e colori di terra. E' bello che in un periodo oscuro come questo, così pieno di dolore e con tante minacce, ci sia voglia di celebrare la vita attraverso queste cose: suona come una rivalsa, una sfida gioiosa.

Gli espositori vengono selezionati per la qualità del lavoro, ce ne sono tanti italiani, molti toscani, stranieri che fanno ceramica e vivono qui, e anche molti dall'estero. Alcuni fanno opere che raccontano fiabe: la ragazza e il principe azzurro, il Piccolo Principe e la Volpe, Mangiafuoco di Pinocchio, don Chisciotte e Sancho Panza. Altri si concentrano sulle forme eleganti che la ceramica può assumere, altri fanno raku e altri lavorano esaltando certe qualità dei materiali...insomma: una meraviglia. 

Firenze

Vedere Firenze dopo anni che non tornavo, a parte in inverno il passaggio alla Leopolda, che ho raccontato qui, è stato proprio bello. Solo rivedere Santa Maria Novella, Santa Croce, il Duomo e Piazza della Signoria è bellissimo, anche se invase dalla folla. Molti anni fa un amico argentino ma mezzo italiano, Daniel Virtuoso, che era venuto in Italia per motivi politici, mi disse che per lui potersi sedere in piazza della Signoria era un sogno che si avverava e mi fece vedere attraverso i suoi occhi cose che consideravo scontate e non lo sono per niente.

Villa Costanza

Avevo detto a Mauro di andare a Firenze con la macchina e uscire dall'autostrada a Villa Costanza per prendere la tramvia. 

-L'unica cosa odiosa è il fatto che sulla tramvia se c'è tanta gente rubano e bisogna stare attenti alle borse-, gli avevo detto, perché a febbraio mi avevano rubato il borsello, con tutto il lavoro seguente per rifare i documenti eccetera. Soldi ne avevo persi pochi perchè per fortuna avevo con me solo una ventina di euro. 

Arrivati a Villa Costanza subito si trova il cancello del parcheggio, perché lì la prima cosa da fare è parcheggiare, dopo se vuoi puoi fare la pipì, puoi bere o mangiare qualcosa prima di prendere la tramvia che ti porta in centro o fino a Careggi,  ma prima devi parcheggiare. C'è solo il parcheggio, però la sbarra non si alzava e un visore segnalava parcheggio pieno, neanche la possibilità di entrare soltanto per poter uscire e andare via. Ci è presa un po' di ansia, quella che è normale in una situazione così, che ti senti in trappola. Lascio perdere i dettagli, dopo alcuni minuti di attesa senza nessuna possibilità di avere delucidazioni, (perché c'è un pulsante help, non c'è scritto aiuto ma help, ma non risponde e non viene nessuno) abbiamo visto uscire 4 auto. Finalmente il visore ha segnalato posti liberi e la sbarra si è alzata, ma in un parcheggio così grande trovare uno dei 4 posti che si sono liberati è complicato. Gira gira alla fine abbiamo messo l'auto in un posto che non era segnato chiaramente sperando che andasse bene e amen. Sulla tramvia un uomo parecchio malmesso dormiva profondamente sdraiato occupando 4 posti, noi seduti davanti, gli altri accanto a lui che si tenevano ben distanti e un po' si capisce, aveva l'aria di chi può essere malato o avere le cimici o i pidocchi. Mauro ha detto che gli sembrava di essere tornato, per via di quel senza tetto o solo ubriaco o quello che era, a lavorare in ferrovia, che in treno ne trovava tanti, di questa umanità derelitta.

La tramvia

Al ritorno dalla Fiera Firenze era piena come un uovo, quasi dappertutto distanza massima fra gli umani trenta centimetri, che a noi che viviamo in campagna ci dà un po' di claustrofobia. Siamo risaliti sulla tramvia pressandoci sugli altri passeggeri, io con la borsa stretta davanti con la zip chiusa. A un certo punto ho sentito una manona che mi tastava il sedere, mi sono voltata con la testa, l'unica cosa che potevo muovere, e ho guardato malissimo il nero alto e grosso che avevo accanto. La manona era sua, e a sua volta mi ha guardato minaccioso. Era chiaro che non voleva toccare il mio sedere per suo gusto personale, vista la mia età, ma solo per cercare soldi o un borsello e siccome non appartiene a quelle etnie che ti sfilano la roba di dosso e non te ne accorgi, non era capace, con quelle manone che si ritrovava, e infine nelle tasche dei pantaloni non avevo niente. Non ho fatto nulla di più che continuare a fargli gli occhiacci, perché in quel fitto non mi pareva il caso di mettermi a gridare, magari mi faceva male o scatenavo un casino, e non volevo neanche, il perché lo spiegherò dopo; ma insomma a Firenze bisogna pagare pegno per forza, o essere derubati o essere palpeggiati e non è una bella conclusione della giornata. Mi chiedo se ci sia qualcuno che a Villa Costanza conta ogni sera i borselli buttati per terra o nella spazzatura, che devono essere veramente tanti. Nessuna vigilanza. Poi magari a fare vigilanza ci mettono uno impreparato, magari con la pistola, magari piccino? Con un nerone di quelle dimensioni non credo che riuscirebbe a far niente, o forse finirebbero per ammazzarsi, come in America tutti i giorni. 

Non vale neanche tenersi la roba stretta perché ti frugano addosso e non riesci a evitarlo. Chiaro che lo fanno con i soggetti più esposti, con Mauro non ci hanno provato, ma forse fra qualche anno, se zoppicherà o sembrerà più fragile toccherà anche a lui. Bisogna dire che a Firenze la vigilanza è affidata agli stessi neri, nei negozi e dappertutto. Perché uno grosso e ben messo fisicamente può far paura ma può anche proteggere. 

Inadatti, esposti, obsoleti.

Dice la mia amica Antonella: puoi parcheggiare in quest'altro posto, oppure prendere il treno. La prossima volta prenderemo il treno, sperando che sia meglio, e Firenze non la conosciamo abbastanza per sapere i posti dove conviene mettere l'auto. Lei ha una figlia che  vive nei dintorni e l'aggiorna. Comunque, benché andare alla fierucola della Ceramica sia stato bello e molto piacevole, per il resto ci si sente inadatti a un mondo che appare ostile, in cui non si può girare rilassati. Diciamo che fra l'esperienza bella e desiderata in cui ci si può godere qualcosa, e la vita normale c'è di mezzo il viaggio, e è lì che si deve stare attenti e neanche basta. Il viaggio è un ostacolo, una prova da superare, non solo non è gratis, ma è pericoloso e credo che non riguardi solo noi che ora siamo anziani, ma anche i giovani, quelli che per esempio hanno bambini piccoli. 

"La sicurezza"

Qui a Ciggiano mi sono fermata a raccontare l'esperienza al presidente della proloco scherzandoci sopra, e lui mi ha chiesto se avevo ascoltato il discorso di Draghi che parlava anche del problema della sicurezza:  diventerà sempre più importante e difficile da affrontare, vista la situazione generale, l'emigrazione ecc., e dovremo affrontarlo cercando di non diminuire i nostri "livelli di democrazia". Noi italiani intanto li stiamo diminuendo e senza averne vantaggi...

Alla tramvia e  a Villa Costanza per il momento ci si rinuncia, forse la useremo in qualche giorno infrasettimanale sperando che ci sia meno gente per tornare agli Uffizi o al museo del Bargello, che non abbiamo mai visitato.

I limiti

Chi capita qui può pensare che questo sia direttamente un post razzista e finita lì. E' difficile esporre correttamente e in modo completo i propri pensieri. Ne ho parlato qui. Una parte di questi pensieri riguarda il mio limite di cui faccio esperienza: limite di salute, di prestanza fisica, di capacità di usare gli strumenti tcnologici e digitali e altri che mi trovo davanti con l'età. La soluzione non può essere stare sempre a casa mia o frequentare solo luoghi deserti e non lo è, tanto che il mio amico Toni, stessa età mia, in questi giorni sta salendo al campo base dell'Everest. 

Di questi limiti approfitta per esempio il rom che lo fa per cultura sua. E qui si aprirebbe un discorso molto controverso che non ho voglia di fare. Ma ne approfitta anche chi, arrivato qui in Italia, non sa dove sbattere il capo per guadagnarsi il pane tutti i giorni. 

Proviamo a metterci nei loro panni. 

A primavera è venuto a lavorare un paio di mattinate un giovane di colore giunto qui col barcone, che lavora nell'agricoltura come bracciante. Era stato assunto in regola per qualche mese da un'azienda vinicola dei dintorni, ma poi ci sono delle pause nei lavori e le aziende non si possono permettere di tenere tutti tutto l'anno quando non c'è lavoro e forse per queste pause c'è la disoccupazione, ma per vivere non so se basta. Comunque in attesa di tornare lì o forse no, dipende dal rapporto che c'è stato col datore di lavoro, era disponibile per questi lavori a ore, però aveva il problema del trasporto. Prima abitava qui in paese, ma poi quello che l'aveva ospitato facendogli pagare la sua parte, straniero anche lui ma più stabile, l'aveva buttato fuori da un momento all'altro. La convivenza non è facile: uno dell'est, che non pulisce casa, (l'ho visto perché siamo amici), mangia le cose sue, beve anche abbastanza considerandolo del tutto normale, e quando beve perde di credibilità, diciamo così, e un africano che anche lui mangerà cose sue e avrà sue abitudini magari in contrasto con quell'altro. Sicché una notte fra sabato e domenica l'africano è tornato quasi al mattino dopo aver festeggiato in città un matrimonio con la comunità di colore e ha svegliato l'altro perché pure lui aveva bevuto, e quest'altro l'ha buttato fuori. 

Il nome

Questo giovane di colore, diciamo Alex, si era munito di questo nome per gli italiani più "facile". Ho fatto caso che molti italiani rifiutano il nome vero, se non è già un nome italiano, di questi stranieri "poveri", rifiutano di adattarsi a pronunciarlo e usarlo. Se si tratta di stranieri benestanti che mettono soggezione gli italiani si ingegnano di imparare i nomi e si scappellano, ma se sono poveri e sottoposti in una relazione di lavoro pure il nome deve essere "comodo", facile. Se non lo è, si cambia. Il filippino che lavorava con me in pizzeria si chiamava Cyrus, ma era convinto che noi italiani non fossimo in grado di pronunciare il suo nome e si faceva chiamare Siru. Che se uno parlava di lui con altri filippini questi dicevano di non conoscerlo, perché per loro era Cyrus, pronunciato Sairus. Aveva due nomi, quasi due identità, quella sociale e comunitaria e quella del lavoro. Chiusa parentesi. Se è giusto chiedere a uno straniero di imparare almeno i rudimenti della nostra lingua per potersi capire, trovo davvero brutto rifiutare il loro nome e obbligarli in pratica a usarne un altro per lavorare. Rinuncereste voi alla vostra identità? Non vi sentireste spogliati, diversi? Ora che siete qua persi in un posto che non conoscete, inospitale, dove spesso vi dovete anche difendere, ora non avete neanche più il vostro nome. Provate, proviamo a sentire come si sta in questa situazione. Proviamo a mettere i piedi nelle loro scarpe. In qualche modo è successo anche a me: in pizzeria ero la Lori, che quasi nessuno nella mia vita sociale o in famiglia mi chiama così. 

Società liquida

Dunque eccoli qua, con un nome che non è il loro: per lavorare hanno un documento che di loro dice poco, se hanno studiato i titoli di studio qui di solito non valgono, e di solito non hanno studiato, vengono considerati buoni per lavori manuali, sempre diversi, a cui devono adattarsi in fretta, a macchinari e modalità, e risultano sempre poco efficienti, almeno all'inizio, ma si risulterebbe così anche noi, io l'ho provato. Devono cambiare lavoro di continuo, dove trovano, nelle pause di lavori un po' più stabili, niente è più così stabile, tutto liquido, tutto cambia veloce. Una volta vernici macchinari, la volta dopo porti paioline di cemento, una volta cogli pomodori, la volta dopo asfalti le strade. A volte nei lavori nuovi, nell'edilizia, nelle fabbriche, nei primi tempi, quando devono imparare, si feriscono o muoiono. Io mi sono ferita quasi sempre durante la prima settimana di lavoro in una cucina nuova, sbattendo su uno spigolo che non avevo memorizzato, usando un'affettatrice o un coltello appena arrotato, o un forno. Guardate le notizie sulle morti sul lavoro: molti muoiono, in lavori nuovi, nella prima settimana. Non hanno famiglia qui e parecchi li trattano piuttosto male, perchè pure i nostri che offrono lavoro spesso sono pieni di pregiudizi e ignoranti come capre, pensano che i patti debbano essere chiari da subito, e che la gente impari urlandogli in faccia. Guadagnano poco e non si possono permettere un'auto, per usarla devono prendere la patente e anche quella è un costo e una fatica. Perfino i nostri giovani, nella nostra società trattati malissimo, non comprano più auto e si parla di crisi del settore, ma chi ne parla si chiede quanto denaro ha in tasca chi dovrebbe in teoria acquistare queste auto? E dunque eccoli questi stranieri in bicicletta, neri o variamente colorati o bianchissimi dell'est  a fare decine di km l giorno per raggiungere un posto di lavoro lontano da dove provvisoriamente vivono o sono ospitati, pagati all'ora non benissimo. La mia collega Marcela, rumena, intelligente, bella e in gamba diceva "Solo gli stranieri vanno in bicicletta in Italia!"

Sopravvivenza. 

Alcuni entrano in gruppi di connazionali che si aiutano, ma questo limita il contatto con gli italiani e quella che chiamiamo integrazione. A volte questo favorisce la delinquenza e altre cose perfino peggiori. Alla fine immagino che se capiscono di rimediare più soldi rubando alcuni lo facciano, almeno quella percentuale che non ha ostacoli interiori. Così, siccome il male fa notizia e il bene no, vediamo solo i fatti negativi, come io la mano sul sedere dell'africano e per uno così magari ce ne sono cento che si arrangiano onestamente piegandosi anche a regole ingiuste. Penso solo a tutti quelli che si ammazzano nei campi in estate. 

Alex

Questo mondo bellissimo ha una trama di ingiustizia, di violenza, di sopraffazione insopportabile che se la tenessimo sempre a mente ci farebbe morire. La dimentichiamo un po', per fortuna. Molti non la vedono, sentono solo un fastidio finché tutto questo un giorno entra a toccare la loro sfera privata come è successo a me, e allora si arrabbiano. Alex per noi aveva lavorato bene e Dio sa se qui in paese farebbe comodo qualcuno che si presta a fare i tanti lavori che non riusciamo più a fare perchè la nostra generazione sta invecchiando. Così chiesi in giro se c'era una stanza per farcelo vivere, perché pensava di tornare a lavorare nell'azienda vinicola e sarebbe stato comodo abitare qui. Una persona della proloco mi disse che si sarebbe informata sia su di lui che per la stanza. Non ho saputo più nulla, chissà se ricomparirà o se le notizie su di lui erano cattive e non si riteneva bene accoglierlo in paese. Questo è un paesino che ha gli anticorpi, diciamo così. Quando è stato a lavorare da noi si è comportato bene, anche se ho avvertito una diffidenza di fondo. L'ho invitato a pranzare con noi ogni volta che ha lavorato qui prima di andarsene e ho visto la sorpresa e l'imbarazzo, penso non gli fosse mai capitato. Ci ha raccontato qualcosa del campo in Libia. Mi aveva dato il numero per chiamarlo su whatsapp e aveva associato a esso una foto: una donna africana di una certa età con un bell'abito molto colorato e un copricapo uguale, molto elegante. Gli chiesi chi era: era la sua mamma. Uno che si porta la mamma su whatsapp non può essere così male. Partiamo da qui.